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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Giornale - Libero Rassegna Stampa
09.08.2007 Iran: la situazione è peggiore del previsto
nel regime i moderati non esistono, e l'Aiea aiuta il programma nucleare di Teheran

Testata:Il Giornale - Libero
Autore: Fausto Biloslavo - Gian Micalessin - Francesco Ruggeri - Amy Rosenthal
Titolo: «E le armi di Teheran continuano a uccidere marines - Tutte le follie proibizioniste dell’Iran -C'è l'Onu dietro il nucleare iraniano - «Ahmadinejad è solo uno scagnozzo. Il pericolo sono gli ayatollah»»
Da pagina 9 del GIORNALE del 9 agosto 2007:

’Iran sta aumentando le operazioni «coperte» contro gli americani in Irak, grazie alle milizie estremiste sciite. Lo scorso mese di luglio le forze Usa hanno subito il più alto numero di attacchi con ordigni ad elevata penetrazione, le micidiali e sofisticate trappole esplosive solitamente nascoste ai bordi delle strade, i cui componenti e il sistema di fabbricazione arrivano da Teheran. «A luglio abbiamo registrato il numero più alto, con 99 attacchi», ha rivelato al New York Times il generale Raymond Odierno, numero due in Irak. Un terzo dei caduti americani del mese scorso, 23 soldati, sono stati uccisi dalle Efp, la sigla che indica le trappole esplosive di fabbricazione iraniana.
Secondo Odierno, gli estremisti sciiti, legati all’Esercito del Mahdi di Moqtada al Sadr e a fazioni minori ma altrettanto pericolose, sono responsabili negli ultimi tempi del 73% degli attacchi in cui sono rimasti feriti o uccisi soldati americani. Il numero di imboscate esplosive con i famigerati Efp sono raddoppiate da gennaio. Secondo il generale Usa l’infiltrazione iraniana in Irak «è cresciuta negli ultimi tre o quattro mesi per quanto riguarda l’addestramento, l’equipaggiamento e i fondi» ai miliziani sciiti.
Il comando statunitense ritiene che «gli iraniani stiano aumentando il sostegno ai “gruppi speciali” (definizione delle fazioni estremiste sciite, ndr)», con l’obiettivo «di influenzare le decisioni che dovrebbero essere prese a settembre». Il riferimento è all’atteso rapporto al Congresso sulla situazione in Irak.
Non è un caso che ieri gli americani abbiano annunciato l’uccisione di una trentina di miliziani sciiti a Sadr City, la roccaforte dell’Esercito del Mahdi a Bagdad, grazie a raid aerei e operazioni congiunte con i corpi speciali iracheni. Le dettagliate analisi del Centro di studi strategici di Washington denunciano da tempo l’infiltrazione iraniana in Irak con dovizia di particolari. Oltre ai micidiali ordigni ad alta penetrazione, sono stati forniti agli estremisti iracheni razzi da 240 millimetri lanciati contro il comando inglese a Bassora e la «zona protetta» a Bagdad, dove si trova il quartier generale Usa. Da Teheran arrivano anche esplosivo C-4, armi leggere e mortai da 107 millimetri. Gruppi dai 20 ai 60 miliziani vengono addestrati in tre campi vicini all’Iran da esperti di Teheran. Le operazioni coperte vengono gestite dal Dipartimento 9000, una struttura segreta dell’unità Al Quds, l’élite delle Guardie della rivoluzione islamica. In Irak gli iraniani utilizzano anche esperti di Hezbollah, come Ali Mussa Dakdouk, catturato il 20 marzo assieme ai capi di una cellula estremista, che si era staccata dall’Esercito del Mahdi.
In queste ore il premier iracheno Nouri al Maliki è in visita a Teheran con cinque ministri per discutere con le autorità iraniane della sicurezza nel suo Paese.

Un articolo sulla repressione, in prima pagina e a pagina 9:

Un quotidiano chiuso per aver intervistato una poetessa lesbica. Un ragazzo finito in commissariato dopo aver affisso un volantino per ritrovare quella «bestia impura» del suo barboncino smarrito. Le donne di Isfahan costrette a dimenticare le biciclette e le loro pruriginose pedalate. Diciassette adolescenti tra i 13 e i 17 anni sbattuti (...) (...) in (galera dopo uno sconcio “festino promiscuo”. La campagna moralizzatrice lanciata dal presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad con l’approvazione della suprema Guida Ayatollah Alì Khamenei e l’indefessa collaborazione di polizia e servizi di sicurezza marcia a gonfie vele. Ai primi di Mordad, il mese iraniano che inizia il nostro 23 luglio, le autorità avevano rinnovato gli avvertimenti, ma tutti avevano pensato al solito rituale, alla consueta sceneggiata estiva contro veli e mantelli troppo corti seguita dall’usuale tolleranza. La repressione di giornalisti poco allineati, studenti d’opposizione e militanti troppo critici, andava di pari passo – finora - con una certa accondiscendenza in campo sociale. Lo chiamavano modello cinese. Era la ricetta dei conservatori pragmatici, contrari alle riforme, ma convinti che un controllato lasseiz-faire evitasse rivolte plateali garantendo lunga vita al regime. Anche dopo l’elezione del presidente pasdaran tutto era continuato come prima. Lunghe chiome tinte strabordavano da veli multicolori. Seni e sederi disegnavano curve vellutate su mantelli corti e attillati. Caviglie e piedini dalle unghie tinte sbucavano dai calzoni al polpaccio e svettavano su tacchi e sandali aperti. Con i primi di Mordad tutto è finito. Il capo della polizia Ahmed Reza Radan ha dichiarato guerra agli abiti indecenti delle peccatrici e ai pervertiti tagli di capelli occidentali così di moda tra gli adolescenti della capitale. Subito dopo i «monkerat», le pattuglie specializzate nella lotta al vizio, hanno assunto il controllo di parchi e strade. Ma il giro di vite supera le più pessimistiche previsioni. L’arresto di 230 giovani sorpresi a un ritrovo rock fuori dalla capitale è stato seguito da una serie di irruzioni in case private durante le feste del fine settimana. Nel corso di questi assalti ai covi della promiscuità, gli specialisti dei monkerat hanno individuato nove ragazzini e otto fanciulle tra i 13 e i 17 anni intenti a ballare e consumare alcolici in una villa di Teheran. Inevitabile l’arresto e probabile, dopo il rifiuto della libertà provvisoria, la condanna a una pena fino a tre anni. Ancor più inatteso il rigore della campagna anti-animali domestici. Benché il capo della polizia Reza Radan avesse rammentato la regola islamica che proibisce di accompagnarsi ad animali impuri, nessuno pensava di finir in galera per aver dimostrato troppo attaccamento a un barboncino. Si sbagliava. Chiedere i n - formaz i o n i per ritrovare un animale smarrito e dimostrargli affetto equivale infatti a «incoraggiare la detenzione di questi animali» e quindi «favorire la corruzione ». AIsfahan la polizia guida invece la lotta alle «sconvenienti abitudini » delle femmine locali convinte di poter bighellonare su biciclette, pattini e monopattini. In attesa dell’annunciata produzione di una «bicicletta islamica », capace di celare dietro una morigerata cabina le pruriginose mosse delle cicliste, la questura di Isfahan ha ripristinato le regole degli anni Ottanta promulgando l’assoluto divieto di pedalata per le sue cittadine. Sul fronte politico l’indicatore più negativo è la chiusura, per la seconda volta, di Shargh, il quotidiano dei conservatori moderati dell’ex presidente Akbar Hashemi Rafsanjani. L’editto di censura segue l’intervista a Saghi Ghaherman, una poetessa iraniana esule in Canada e paladina, dalle pagine del suo sito internet, dei diritti di omosessuali e lesbiche. Nell’intervista di una pagina, la signora Ghaherman si limita a invocare confini sessuali «flessibili» e Mehdi Rahmanian, direttore di Shargh si affretta a precisare di averla sentita soltanto in quanto poetessa. Non basta. Il quotidiano conservatore Kayhan, assai vicino alla Suprema Guida, denuncia l’intervista a una «controrivoluzionaria a capo dell’organizzazione iraniana delle lesbiche». Contemporaneamente l’organo di controllo della Guidanza Islamica vota la chiusura del quotidiano colpevole di «promuovere l’immoralità ». Per molti osservatori la chiusura rappresenta solo la prima mossa anti-Rafsanjani in vista delle votazioni – a partire dal 23 agosto - per la nomina del presidente dell’Assemblea degli Esperti. Il nemico numero uno di Ahmadinejad è infatti il grande favorito nella corsa per la presidenza dell’influente organo di controllo costituzionale a cui spetta, tra l’altro, la nomina della Suprema Guida.

Da LIBERO, un articolo di Francesco Ruggeri sui finanziamenti dell'Aiea al programma nucleare iraniano, a pagina 19:

Mentre la comunità internazionale cerca disperatamente di stoppare le ambizioni nucleari dell'Iran, c'è un'agenzia dell'Onu, l'Aiea, che mantiene tuttora attivi dei progetti di cooperazione tecnica con il programma nucleare iraniano, sostenendolo gratuitamente con know how e apparecchiature hi-tech. E a dispetto del più improbabile dei conflitti d'interesse, si tratta della medesima agenzia incaricata di controllare, attraverso i suoi ispettori, che l'Iran non si fabbrichi la bomba atomica. Lo dimostra un report riservato, di cui possediamo versione integrale, approvato dagli Stati membri dell'Agenzia all'ultima riunione generale l'8 marzo. COOPERAZIONE Il documento, malgrado le intenzioni di facciata, prevede sì lo sbandierato e tardivo taglio di alcuni programmi di assistenza, ma non di quelli più importanti sul fronte della realizzazione di centrali e tecnologia nucleare. Che anzi si moltiplicano, col paradossale via a nuovi progetti targati 2007. Titolo del report, "Cooperazione tra Repubblica Islamica d'Iran e Agenzia alla luce della risoluzione 1737". Ovvero del provvedimento Onu di fine dicembre, che ha imposto rigide sanzioni sull'acquisizione all'estero di conoscenze e materiali nucleari da parte iraniana, per violazione delle regole del trattato di non proliferazione. Uno stop valido per i Paesi membri ma evidentemente non per "i cugini" dell'Aiea. Responsabile di aver fornito a Teheran, dal 1975 a oggi, le tecniche dual use indispensabili per il balzo verso le armi nucleari. Un ente governato non a caso da un board in cui le nazioni del terzo mondo hanno la maggioranza: con in testa Stati canaglia (oltre che aspiranti potenze nucleari) quali Siria, Cuba, Libia, Bielorussia, e l'unico Stato islamico con l'atomica, il Pakistan. Tra le storie che ci è capitato di raccontare questa è una delle più kafkiane. Ma lasciamo che a parlare sia l'elenco dei progetti nel suddetto report. "Numero del progetto IRA4035: Rafforzamento delle capacità di commissionamento e start-up dell'impianto a energia nucleare di Bushehr. Obiettivi: assistere l'organizzazione atomica iraniana (Aeoi) nel rafforzare le sue capacità per la realizzazione della prima centrale nucleare del Paese, attraverso la fornitura di consulenza tecnica basata su codici e procedure internazionali. Campo di applicazione: reattori. Anno di approvazione: 2005. Status del progetto: attivo". Altri progetti sensibili, anch'essi attivi, investono lo "Studio di fattibilità sul Reattore di ricerca di Tehran, al fine di determinare la possibilità pratica di ammodernarlo" (IRA9016), partito nel 2001; e "Avanzamento della capacità dell'agenzia atomica iraniana per il controllo delle installazioni e le attività nucleari" (IRA9017), del 2003, affiancato nel 2007 dal gemello IRA9018. I progetti citati hanno ricevuto un ok pieno in seno al board Aiea. Ve ne sono invece altri che, in teoria, dovrebbero essere valutati di volta in volta in base all'art.16 della risoluz. 1737. Il quale però autorizza l'assistenza nucleare all'Iran anche per scopi «alimentari, agricoli, medicali, di sicurezza». E soprattutto per non meglio specificati «altri scopi umanitari». A chiarire cosa si intende ci pensa il nostro report, che a pagina 2 cita ad esempio «equipaggimento e assemblaggi del carburante per reattori nucleari ad acqua leggera» come quello di Bushehr. Oppure «ogni attività relativa ai bisogni di base e al benessere umano». Insomma, di tutto di più. Come conferma un secondo elenco di progetti macro regionali Aiea, di cui beneficia l'Iran: "RAS4025: Rafforzare le capacità di ammodernamento e rifornimento di strumentazione nucleare", del 2005; "RAS4027: Mantenere e rifornire gli strumenti nucleari con moderna elettronica per servizi di qualità", del 2007; "RAS4028: Migliorare sistemi di gestione delle centrali nucleari integrando produzione e risorse umane per il successo nell'acquisizione del nucleare". Sempre del 2007. Come anche i RAS0047, 0050 e INT0081, che promettono "training in scienze nucleari applicate", "rafforzamento delle capacità umane in scienze nucleari per la diffusione di nuove tecnologie", e "miglioramento delle applicazioni di tecnologia nucleare partecipando a meeting e corsi". La centrale di Bushehr è quella del reattore russo ad acqua leggera al centro delle polemiche. Mentre verrebbe impiegato nell'impianto di Natanz l'uranio che l'Aiea aiutò l'Iran a reperire sino al '99 dalle miniere nazionali, col programma "Target selection for uranium prospection". Solo i progetti IRA completati tra 1994 e 2005 sono 52. Inclusi altri 3 dedicati a Bushehr e una "Ricerca sul nucleo del reattore". È dunque come minimo sconcertante che spetti poi agli stessi uomini dell'Aiea monitorare il corretto utilizzo del nucleare. Controllati e controllori finiscono per coincidere. Il budget dell'Agenzia si fonda sui progetti di sostegno che diffondono la tecnologia atomica in 134 Paesi. Al contempo i suoi ispettori dovrebbero garantirne l'uso civile. Ma più spesso sono i beneficiari che ricattano l'Aiea, limitandone le ispezioni. RICATTI Proprio l'Iran, non più tardi del 12 febbraio, ha ottenuto da El Baradei la rimozione del capo ispettore, il belga Chris Charlier. Un tipo poco malleabile. E qualche giorno prima a 38 ispettori era stato negato per sempre il visto d'ingresso. Lo statuto dell'Agenzia la obbligherebbe a selezionare le nazioni meritevoli di sostegno. Senonchè il Central Criterion del processo valutativo indica tra i fattori agevolanti "il fatto che il governo richiedente la consideri una priorità", insieme a un'analisi costi benefici sui "vantaggi comparativi del nucleare in chiave sviluppo". Se lo Stato richiedente sia o meno pacifico non importa. D'altronde dal 2007 è un apposito programma Aiea (RAS9051) a insegnare agli iraniani le procedure con cui il "Nuclear security plan 2006-2009" dell'Agenzia cerca di prevenire "atti disonesti riguardanti impianti nucleari e traffico di materiale nucleare illecito". Incredibile ma vero. WWW.LALTROGIORNALE.COM

Un'intervista di Amy Rosenthal alla dissidente iraniana Ghazal Omid, sempre a pagina 19:

«Mentre il mondo continua a concentrarsi sull'Iran, sembra ignorare i la situazione dei dissidenti ferocemente messi a tacere dal regime», dice la coraggiosa politica e attivista iraniana Ghazal Omid, che si batte, dall'esilio, per i suoi compatrioti. Portando alla luce il crudele trattamento del governo iraniano nei confronti dei cittadini, che va da dall'espellere e mettere in carcere studenti universitari coinvolti in attività politiche all'arrestare donne che non rispettano il codice d'abbigliamento islamico. In un'intervista esclusiva a Libero, Omid ha parlato del suo lavoro di promozione dei diritti umani e di quelli delle donne nel loro Paese d'origine, delle ambizioni nucleari di Ahmadinejad e delle sfide fra l'Occidente e l'Iran. Ci può raccontare qualcosa della situazione dei dissidenti in Iran? «Rappresento 19 prigionieri politici, ciascuno dei quali ha alle spalle una storia diversa, che vengono oggi incarcerati in ogni parte dell'Iran. Sono stati messi in prigione dal regime solo perché si sono messi in contatto con l'estero, oppure perché hanno manifestato contro il governo. Non abbiamo idea delle condizioni in cui si trovano questi prigionieri perché nelle carceri non è in vigore nessuna norma internazionale: il regime può fare quello che vuole dei carcerati. Gli inviati Onu dicono di essere ben consapevoli delle torture che ogni giorno devono subire i prigionieri politici in Iran, ma che dal 2003 ogni richiesta di visitare le prigioni iraniane viene respinta». Quali sarebbero le conseguenze di un Iran dotato dell'atomica? «Se l'Iran diventasse una potenza nucleare sotto questo regime, allora il mondo si troverebbe di fronte a due scelte: scavarsi la fossa oppure scavarsi rifugi». Ahmadinejad ha detto di voler cancellare Israele dalle cartine geografiche... «Bisogna prenderlo alla lettera, anche se, per ora, non ha la tecnologia per farlo. Il sogno del è provocare un attacco dell'Occidente prima che l'Iran abbia il nucleare». Per quale motivo? «Perché è l'unico modo in cui il regime potrebbe sopravvivere. E l'unica via possibile per distruggere l'opposizione. È una strategia efficace perché il popolo iraniano, che è molto patriottico, sarebbe troppo impegnato a difendere il Paese (se attaccato) per opporsi all'attuale regime». C'è qualche cosa che l'Occidente non riesce a capire di Ahmadinejad? «Tutti pensano che Ahmadinejad sia la persona da tenere d'occhio, ma si sbagliano. È solo un soldato semplice che prende ordini dall'ayatollah Khameini, da Hashemi Rafsanjani e da Muhammad Khatami, i quali hanno fatto di tutto per promuovere il programma nucleare». Romano Prodi ha affermato che all'Iran dovrebbe essere permesso il nucleare solo per uso civile se il Paese farà entrare gli ispettori dell'Onu... «Sono i soldi a parlare: molti Paesi hanno bisogno del petrolio, e l'Iran lo possiede. Se l'Italia rispettasse seriamente i diritti umani dovrebbe concludere che non può dialogare né avere relazioni economiche con un Paese che uccide e tortura la gente»

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