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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Foglio Rassegna Stampa
02.08.2007 Apertura saudita a Israele e all'iraq
un effetto della politica di Bush, ma l'Iran prepara la controffensiva

Testata: Il Foglio
Data: 02 agosto 2007
Pagina: 1
Autore: la redazione
Titolo: «La missione saudita»

Dal FOGLIO del 2 agosto 2007:

Roma. Ieri sera il viaggio di Condoleezza Rice ha fatto tappa al palazzo reale di Riad. Cena nella suggestiva sala dell’acquario, con un paio di squali a nuotare a poca distanza dal tavolo del re saudita e del segretario di stato americano. La missione sta ottenendo modifiche sostanziali nel quadro regionale, e tutte di segno positivo. Per la prima volta nella storia, un premier israeliano, Ehud Olmert, ha formalmente chiesto che l’Arabia Saudita partecipi alla conferenza sul medio oriente proposta da George W. Bush per l’autunno e – cosa ancora più notevole – per la prima volta il ministro degli Esteri saudita Saud al Faisal ha dato un assenso di principio a questa proposta, con la sola condizione che la conferenza non si riduca a una photo-opportunity. Oltre a questa disponibilità, Rice ha ottenuto da Riad anche una decisione cruciale: l’apertura di un’ambasciata saudita a Baghdad. Dal 2003 il regno saudita ha seguito con diffidenza gli sviluppi della situazione irachena, ha registrato il sostanziale fallimento politico-elettorale di Ghazi al Yawar, primo presidente ad interim, suo pieno fiduciario, e ha anche ricevuto le critiche statunitensi, compresa una dura reprimenda sul New York Times da parte dell''ambasciatore americano all’Onu, ex ambasciatore a Baghdad, Zalmay Khalilzad, per lo scarso impegno nel bloccare le infiltrazioni terroristiche (centinaia sono i kamikaze sauditi in azione a Baghdad). Ora la decisione di un impegno saudita in Iraq, a riprova di un impegno formale nella pacificazione, introduce un altro elemento di stabilizzazione nella regione. Ovviamente, non è casuale che queste novità emergano dopo la decisione di consistenti forniture militari americane a Israele e all’Arabia Saudita – per la prima volta, ancora, in un contesto non antagonista, non di bilanciamento reciproco – in aperta funzione di contenimento dell’aggressività iraniana.
Alcuni osservatori temono la contromossa del regime degli ayatollah. L’ormai possibile – anche se complesso – successo della conferenza israelo-palestinese e i miglioramenti sul terreno in Iraq possono sempre essere ostacolati con un’escalation della violenza nella regione. Conquistato il pieno controllo della Striscia, Teheran e Damasco hanno infatti sempre la possibilità di fare “saltare il tavolo”, obbligando Israele alla risposta militare a Gaza e in Libano.

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