Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
La vittoria degli islamici in Turchia e le aperture di D'Alema ad Hamas viste da Israele l'analisi di Carlo Panella
Testata: Il Foglio Data: 26 luglio 2007 Pagina: 4 Autore: Carlo Panella Titolo: «Visti da Israele»
Dal FOGLIO del 26 luglio 2007:
La piena approvazione del premio Nobel per la pace Shimon Peres è sicuramente il più interessante tra i commenti dei leader mondiali che hanno salutato la vittoria elettorale di Tayyip Erdogan in Turchia. Le parole del neoeletto presidente della Repubblica di Israele dimostrano infatti che Gerusalemme non teme affatto come nemico l’Akp, il partito islamico che ha trionfato con il 47 per cento dei suffragi, e che anzi la sua collocazione moderna viene considerata da Gerusalemme la vera alternativa all’estremismo islamico. Nel salutare la vittoria di Erdogan, Peres ha detto: “La sua è una forma differente di islam. Un islam non fanatico, aperto, moderno, con una base nella classe media”. Questo giudizio, riportato dal Corriere della Sera di ieri, è tanto più interessante perché accompagna una critica aperta e frontale di Peres all’analisi del fenomeno islamico, e al suo impatto in medio oriente, esposta dal ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, che invita a “non buttare Hamas nelle braccia di al Qaida”. “Qual è oggi la differenza tra Hamas e al Qaida? – si chiede Peres – non mi sembra che Hamas stia lottando per la nascita di uno stato palestinese. La sua ideologia vuole imporre l’egemonia fondamentalista in tutto il medio oriente. La partecipazione alla democrazia deve durare più di 24 ore. Se corri alle elezioni, non significa che diventi un membro permanente del club delle democrazie”. Il rifiuto israeliano di una qualsiasi forma di rapporto con Hamas e Hezbollah – peraltro oggi condiviso in pieno da Abu Mazen – è dunque perfettamente omogeneo al massimo di concessione di credito all’islam moderato turco di Erdogan. L’analisi ovviamente ha ben presente il ruolo della Turchia quale attuale detentrice della segreteria dell’Oci (l’Organizzazione del consiglio islamico che unisce i 54 stati musulmani) e quindi è doppiamente pesante in vista di un ruolo di fiancheggiamento della trattativa tra il premier israeliano Ehud Olmert e il rais palestinese. Oggi il negoziato è condotto dalla Lega araba ma avrà il suo punto culminante nella Conferenza proposta da Gorge W. Bush per l’autunno. Questa valutazione positiva sull’Akp espressa da Peres – il più fine tessitore del network di fornitura di armamenti per Israele – si basa anche sicuramente su una sua forte esperienza personale. Mai una volta, infatti, l’islamico Erdogan ha accompagnato alle pur dure critiche alla politica di Ariel Sharon – ma soltanto prima del ritiro da Gaza del 2005 – un solo gesto di raffreddamento nell’intensa collaborazione militare tra la Turchia e Gerusalemme, inclusi i progetti di fornitura di carri armati ed elicotteri.
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