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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera - Il Giornale - L'Opinione Rassegna Stampa
23.07.2007 Magdi Allam all'indice
mentre la cronaca conferma le sue coraggiose denunce

Testata:Corriere della Sera - Il Giornale - L'Opinione
Autore: Pierluigi Battista - Maria Giovanna Maglie - Dimitri Buffa
Titolo: «Il metodo di Elena: non trasformare la critica in un «tutti contro uno» - Eppure all’Indice ci va Magdi Allam - Il linciaggio dei cattivi maestri»
Dal CORRIERE della SERA del 23 luglio 2007:

 In una lettera inviata al Corriere della Sera, Elena Loewenthal scrive, commentando l'appello di Reset contro Magdi Allam: «Questa idea di fare numero — e muro — contro un libro e chi l'ha scritto mi pare decisamente oscurantista». Forse la Loewenthal, studiosa, scrittrice, collaboratrice della Stampa, si è arruolata nella schiera degli «allamiani» militanti e intransigenti? No, tutt'altro. E infatti esprime «tutta la sbigottita solidarietà a Magdi Allam e al suo libro, del quale peraltro scrissi qualche tempo fa una recensione non poco critica », giacché «un conto è dissentire dando voce a un'opinione personale; ben altro imporre, in virtù di un certo numero di firme, un generico marchio di infamia».
Ecco, bisognerebbe fare proprio così: criticare (da soli) e non imporre (in gruppo) un marchio d'infamia a un autore e a un libro. Dissentire e non demonizzare. Stroncare e non mostrificare. Bisognerebbe fare come suggerisce Elena Loewenthal o, meglio, come prescrive il codice non scritto che governa, o dovrebbe governare, il libero scambio (e scontro) di idee e di opinioni. E invece in Italia questo insieme di regole semplici ma chiare fa fatica a diventare costume talmente condiviso da diventare ovvio. Si stenta a capire la differenza simbolica decisiva tra una recensione critica a un libro e l'adesione a una petizione in cui conta la quantità delle firme raccolte e non la qualità degli argomenti, l'insopportabile sensazione intimidatoria del tutti contro uno che da essa emana, del branco contro il singolo, del gruppo contro una persona.
Stenta a capirlo David Bidussa, uno dei firmatari del documento, che sul
Secolo XIX difende la sua scelta e esige che i suoi critici non ignorino la sua recensione al libro di Allam che compare nello stesso fascicolo di Reset in cui il libro di Allam viene messo all'indice. Ma se aveva scritto una recensione, che bisogna aveva di intrupparsi con i mostrificatori?
Bidussa uno, quello della recensione, non si sente in dovere di giustificatore il Bidussa due, quello dell'appello contra personam. Come del resto si legge sull'Unità dove si commenta l'appello nel peggiore dei modi: negandone il rilievo. Dunque è stato tutto un equivoco e il fatto non sussiste? Hanno frainteso tutti, ravvisando nella raccolta di firme non la rivendicazione del «diritto di criticare Allam» (e chissà mai dove sarebbe stato negato questo sacrosanto diritto, esercitato sembra senza grave conseguenze da Elena Loewenthal) bensì una campagna feroce contro un libro e un suo autore? Il titolo di
Europa, il primo quotidiano che ha dato notizia dell'appello, è stato «Contro Magdi Allam». Contro. Duecento firme contro una. Duecento firme contro un libro. Contro, non a favore di due accademici che Allam avrebbe, dicono i firmatari della petizione, maltrattato nel suo libro. Soltanto una scusa, una giustificazione che non sta in piedi. Perché, piuttosto, non riconoscere lealmente un errore?
Basterebbe, appunto, attenersi all'elementare norma enunciata limpidamente dalla Loewenthal: criticare un libro e non metterlo al rogo (simbolico, ma pur sempre un rogo). Dissentire e non aderire a un appello che inequivocabilmente appare come un'arma di intimidazione. Comportarsi come Bidussa uno, quello della recensione, e non come il suo doppio, sensibile alla vetusta consuetudine firmaiola. E non far finta che nulla sia accaduto, minimizzare, cincischiare, ridurre l'impatto di un gesto volontariamente sottoscritto. Per poi farla finita con gli appelli contro un libro. Semplice, ma perché in Italia è tanto difficile?

Dal GIORNALE del 22 luglio 2007:

Questo fanno nella maggior parte delle moschee italiane: scuola di terrorismo, organizzazione di attentati contro di noi, come a Perugia. Giuliano Amato ieri lo ammetteva, e fa piacere dopo i recenti e reiterati colpi di sole, ma non basta. Non basta se continuano a lasciare aprire moschee fai da te, se alla fine quella di Colle Val D'Elsa, dove ci sono in tutto qualche centinaio di islamici, si sta costruendo, e non s'è fatto abbastanza per impedirlo, se a Bologna, sul terreno del Comune se ne progetta una megagalattica, per trentamila persone, quando ce ne sono non più di ottomila, e una moschea c'è già, e non si sta facendo abbastanza per impedirlo. Non basta se il ministro della Solidarietà Sociale fa passare per le moschee e solo per le moschee il denaro che dovrebbe servire a istruzione e integrazione dei musulmani in Italia. Non basta se una rivista della sinistra al caviale, che per fortuna non si trova più neanche nelle librerie Feltrinelli, prepara un numero intero di linciaggio di un giornalista che ha il torto di aver denunciato per tempo, lui nato in Egitto, il progetto criminale dei fondamentalisti islamici che sono in mezzo a noi.
Questa volta è andata bene e i cattivi, non si sa per quanto, vanno in carcere, ma non saremo a lungo così fortunati. Il re del Marocco ha fatto chiudere 145 moschee, perché non idonee, cioè perché non svolgevano l'attività di preghiera, che è l'unica che devono fare. Il governo italiano invece tratta con l'Ucoii, che rappresenta i fondamentalisti, l'intera gestione dei nostri immigrati musulmani. Non si ripeterà mai abbastanza che costoro controllano il novanta per cento delle moschee, ma che in moschea, liberi di scegliere, ci vanno solo il quindici per cento degli immigrati. Se però da questi luoghi passano lavoro, denaro, potere, insomma il controllo della comunità, gli integralisti avranno vinto.
Gli integralisti hanno formidabili alleati in certi intellettuali che con loro amoreggiano, che adorano il cattivo maestro Tariq Ramadan, anche perché non hanno letto o non hanno capito quello che scrive. Che lavorino nelle università o che occupino una sedia del servizio pubblico televisivo, in mezzo a loro sono stati raccolti i nomi in calce alla lista di proscrizione per Magdi Allam. Il quale è già stato difeso da firme e testate autorevoli, può essere rassicurato dal fatto che Reset
non lo legge nessuno, i suoi libri in moltissimi, e che tanto il prezzo alto del vivere scortato già lo paga. Resta inoppugnabile il fatto che il metodo scelto per contestarlo è ai limiti del legale e oltre i limiti della decenza. Perché non confutano le sue tesi sui cristiani e sul ruolo di Israele, perché i professori che Allam chiama in causa nel libro non scrivono anche loro un bel libro contro di lui? Perché l'elitismo capalbiano semplicemente non tollera l'esistenza, e tantomeno il successo, di teorie diverse dalle loro. L'altro va messo all'indice, e se qualcuno si sentirà autorizzato a eliminarlo, di sensi di colpa neanche a parlarne. Per attaccare il nemico, Reset utilizza anche la penna, che io conosco assai incerta, di un patetico giovanotto che risponde al nome di Khalid Chaouki, un arrampicatore sociale sempre aiutato e beneficato da Magdi Allam. Che gli ha presentato un libretto insignificante, lo ha aiutato ad essere assunto all'Ansa, gli è stato vicino in tutti i modi, sperando di crescere un moderato. Appena incassata la nomina nella Consulta e il lavoro di giornalista, il giovanotto si è svelato attivo componente dell'Ucoii e ora scrive nientemeno che di neocon, come se sapesse che cosa significa. Non cito il caso perché conti qualcosa, ma perché indica il livello dell'ambiguità e della manipolazione che dobbiamo oggi affrontare.
Poiché il conflitto è alto e le azioni incoscienti del governo Prodi ne aumentano il rischio e la rapidità tanto nella sicurezza nazionale che nelle relazioni internazionali, il comportamento dei consapevoli deve essere limpido. Io per prima ho vissuto con disagio l'accentuazione in chiave confessionale della difesa dell'Occidente fatta negli ultimi anni, fino alla contestazione nientemeno che di Galilei. Si può essere non cattolici e apprezzare papa Ratzinger, si può non essere contenti della legge 40 sulla fecondazione assistita, ma riconoscere il rischio mortale del fondamentalismo. Rudy Giuliani è l'uomo d'ordine e il patriota più integro che conosco, cacciò da teatro Yasser Arafat, che pure era ospite dell'Onu da presidente, gridando «Stasera comando io e non gradisco i terroristi», ma al Gay Pride di New York ci andava e ci va. L'alleanza è politica, come politica è la determinazione nel difendere in Israele l'avamposto dell'Occidente in mezzo a territorio nemico anche nostro. Nessuno è investito di sacro compito più di altri. Né è stato politicamente intelligente che Alleanza nazionale e la Lega approvassero con esponenti della maggioranza una decina di giorni fa nientemeno che un riconoscimento dello status diplomatico, come ha fatto solo Cuba, del Fronte Polisario, un movimento che sta con l'Algeria integralista contro il Marocco riformista. Non nutriamo il coccodrillo, vale per tutti.

Da L'OPINIONE del 22:

Oramai calunniare Magdi Allam e sparare cazzate a ruota libera contro di lui è diventato lo sport nazionale di una serie di cattivi maestri italiani, tutti del settore arabistica e dintorni. Luminari che confondono l¹islam con l'islamismo e che studiando l'arabo vengono attratti più dal terrorismo islamico dei fratelli mussulmani, Hamas, Hezbollah e al Qaeda che dalla "Rihla" di Ibn Battuta, il Marco Polo islamico contemporaneo di quello veneziano. L'ultima pessima sortita a effetto contro un coraggioso egiziano reo di avere raccontato in un bellissimo libro come mai oggi lui "ama Israele" benchè sia stato educato a odiarlo, la dobbiamo alla rivista Reset diretta da Giancarlo Bosetti. Il quale - facendo firmare un documento che accusa un islamico di faziosità solo perché parla bene di Israele, che è il vero e oscuro oggetto di odio di tutti i firmatari, da personaggi di cultura al di sopra di ogni sospetto come Daniela Amaldi, Isabella Camera D¹Afflitto, Gabriele Mandel Khan, Luciano Francioni, ma anche da persone come i professori Paolo Branca e Massimo Campanini, che tanto al di sopra di ogni sospetto di odio anti israeliano non sono affatto - riesce nella non facile impresa di fare contaminare dai cattivi maestri anche luminari di arabistica che come tali non si sarebbero mai voluti definire. Almeno fino a oggi.

A essi si aggiunge - e chissà perché si è buttata sul fronte islamico - Ombretta Fumagalli Carulli, la democristiana che visse due volte. Un tempo alfiera dell'orotodossia cattolica, oggi severa vindice dell'orgoglio islamico ferito da chi come Allam osa scrivere di amare Israele. Come si possa passare dall'essere stato un membro laico del Csm all'armata di firmatari contro un uomo che vive sotto scorta e che teme per la propria vita, quella della propria compagna Valentina Colombo e quella del neonato David, rimane un mistero della politica italiota. Certo questi professori, campioni senza valore del politically correct, devono stare molto attenti a non doversi un giorno, Dio non voglia, pentire amaramente di questa enormità. Come hanno fatto, peraltro senza nemmeno spargersi la testa di cenere come avrebbero dovuto, altrettanti pseudo intellettuali di sinistra come loro che nel 1970 firmarono il manifesto di odio contro il commissario Luigi Calabresi. A questa gente la storia non insegna mai niente e neanche la geografia. Figuriamoci la geopolitica.

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