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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Repubblica - Europa Rassegna Stampa
17.07.2007 Le scorrettezze di due cronache
sulla proposta di Bush per il Medio Oriente

Testata:La Repubblica - Europa
Autore: Mario Calabresi - Maurizio Debanne
Titolo: «Medio Oriente, la proposta di Bush: Conferenza di pace in autunno - La partita Olmert - Abu Mazen si gioca senza Hamas»
George W. Bush ha da tempo promosso un 'agenda politca che prevede la nasciata di uno Stato palestinese. Certo non sotto il controllo di forze decise a distruggere Israele. E' forse per questo rifiuto di favorire i piani di Hamas che Mario Calabresi, sulla REPUBBLICA del 17 luglio 2007, lo accusa di anni di immobilismo ?

Ecco il testo:

Los ANGELES - Di fronte al degenerare della situazione in Medio Oriente, George Bush ieri ha lanciato la proposta di una conferenza internazionale per far ripartire il processo di pace tra Israele e la Palestina e riprendere la strada per la creazione di due Stati. Alla conferenza, che si dovrebbe tenere in autunno e che verrà organizzata e gestita dal segretario di Stato americano Condoleeza Rice, sono stati invitati oltre al premier israeliano Olmert e al presidente palestinese Abu Mazen i paesi arabi vicini, a partire da Giordania ed Egitto. Bush, in un lungo discorso alla Casa Bianca, ha condannato la visione estremista di Hamas, «fatta di assassini mascherati e esecuzioni sommarie» al servizio di Siria e Iran, e ha esortato i palestinesi a scommettere sull´opzione rappresentata dal Fatah di Abu Mazen e del premier Fayyad, «l´unica capace di assicurare una casa per il popolo palestinese e una moderna democrazia».
Per sostenere quest´ultima gli Usa hanno stanziato 190 milioni di dollari per gli aiuti, chiedendo al governo di «eliminare la corruzione e far crescere l´economia», e 80 milioni per rafforzare i servizi di sicurezza «per combattere i terroristi».
Il vero obiettivo di Bush e la sua improvvisa urgenza, dopo anni di immobilismo, sono dettate dalla paura di perdere Fatah e Abu Mazen, l´ultima carta per tentare un dialogo tra Palestina e Israele e dall´incubo che anche la Cisgiordania venga conquistata dall´estremismo di Hamas e del partito islamico.
Naturalmente sia Olmert («Arriva nel momento giusto») sia Abu Mazen («E´ una nuova opportunità»), che si sono incontrati a lungo proprio ieri, hanno commentato favorevolmente il discorso e gli impegni presi da Bush, mentre Hamas ha attaccato duramente: «E´ un complotto per lanciare una crociata contro il popolo palestinese e - ha detto il portavoce Sami Abu Zhuri - chiediamo a tutti i Paesi arabi di restare saldi contro queste minacce». A tarda sera il movimento islamico ha «condannato» l´idea della conferenza sostenendo che «serve unicamente agli interessi dei nostri nemici sionisti e per separare la Striscia di Gaza dalla Cisgiordania, dividendo tutto il popolo palestinese».
Condoleezza Rice, che doveva partire per l´Africa, ha subito annunciato un rinvio della missione per concentrarsi sul dossier Medio Oriente e giovedì volerà a Lisbona, dove si terrà la prima riunione del cosiddetto «Quartetto» (Stati Uniti, Unione europea, Russia e Onu) dopo la nomina dell´ex premier britannico Tony Blair a inviato speciale del gruppo e a coordinatore degli sforzi internazionali.
Per il ministro degli Esteri italiano D´Alema quella di Bush «è una proposta interessante che può effettivamente rappresentare una occasione per cercare di rilanciare il processo di pace che appare tuttora fermo».
Il presidente americano ha paragonato lo scontro in atto in Palestina tra Hamas e Fatah a quello che c´è in Libano tra gli Hezbollah e il governo Siniora, alla lotta tra taliban e Karzai in Afghanistan e nel tentativo in Iraq di Al Qaeda e delle milizie di distruggere «il desiderio di 12 milioni di iracheni che hanno votato per un futuro di libertà». «In tutti questi luoghi - ha sottolineato Bush - c´è una lotta tra gli estremisti e i moderati, e il radicalismo e la violenza minacciano la libertà e la pace. Perdere questa battaglia avrebbe conseguenze letali per il Mondo»

Maurizio Debanne su EUROPA attribuisce all'analista israeliano  Danny Rubinstein un'ambigua frase da lui mai pronunciata: " Insomma il consiglio di Rubinstein è: non abbandonate Gaza a se stessa".
Significa liberare la Striscia dal golpe di Hamas o al contrario finanziare il governo del gruppo islamista?
Debanne propugna anche il piano di pace arabo, non con argomenti ma con la retorica.
Cita un seminario riservato tra giovani leader palestinesi e israeliani organizzato dal Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente a Torino: "è stata comune la valutazione della rilevanza del Piano arabo di pace.
Insomma, i giovani se ne sono accorti mentre i grandi stentano: è proprio vero che tutto il mondo è paese.. ".
Retorica, appunto, che non risponde alle fondate riserve sul piano di pace arabo, che implicitamente chiede a Israele di accettare il "diritto al ritorno" dei palestinesi (che lo cancellerebbe come Stato degli ebrei) ed'è stato presentato dal segretario della Lega araba Amr Moussa come un diktat.
Ecco il testo:

Il vertice di ieri a Gerusalemme, nella residenza del premier israeliano, conferma la volontà di Olmert e Abu Mazen di confinare Hamas fuori dai giochi politici. «È ora di parlare di questione legate al final status», ha avvertito il capo negoziatore palestinese Saeeb Erekat poco prima del summit. «È l’ultimo test per Abu Mazen» avvertiva dal canto suo il ministro israeliano degli interni Meir Sheetrit. «Ora il presidente palestinese non ha nulla da perdere», aggiunge l’esponente di Kadima, mentre «in passato ha dovuto essere compiacente con Hamas e quindi non ha voluto combattere contro il partito islamico ».
Entrambi i leader, Olmert e Abu Mazen, hanno discusso per oltre due ore su una serie di misure da parte israeliana che dovrebbero servire a rafforzare il potere del presidente palestinese in Cisgiordania. Le più imminenti sono: la liberazione, programmata per venerdì prossimo, di 250 detenuti palestinesi legati a Fatah e, come gesto di buona volontà, l’interruzione della caccia a 180 miliziani delle Brigate dei martiri di al-Aqsa che in cambio si impegnano a rinunciare alla lotta armata contro Israele, e a consegnare le armi all’Anp. Molti di loro saranno successivamente inquadrati nei servizi di sicurezza dell’Anp. Infine lo stato ebraico consentirà l’ingresso nei Territori di alcuni dirigenti dell’Olp, fra cui Faruq Qaddumi e Nayef Hawatmeh, segretario generale del Fronte democratico per la liberazione della Palestina. Questi ultimi potranno così partecipare a una riunione dei vertici dell’Olp cui Hamas non ha mai deciso di aderire – convocata per sostenere Abu Mazen e il governo Fayyad. Il quotidiano Maariv aggiunge che due giorni fa le forze armate del presidente palestinese avrebbero ricevuto dalla Giordania una considerevole quantità di armi e munizioni, con l’assenso dello stato ebraico.
Malgrado queste misure il premier Fayyad ha affermato in un’intervista al quotidiano israeliano Haaretz che non saranno sufficienti a rafforzare Abu Mazen, il quale necessiterebbe piuttosto della ripresa di negoziati sull’assetto definitivo nei Territori. Fayyad suggerisce di cominciare a discutere del piano arabo di pace, recentemente rilanciato dal vertice arabo di Riyadh. Scettico, per altri versi, è il vicepremier israeliano, e leader della destra russofona, Avigdor Lieberman, che al quotidiano israeliano Yedioth Ahranoth prevede: «Ogni tentativo di rafforzare Abu Mazen è destinato a fallire».
I partecipanti del vertice a Gerusalemme hanno definito «costruttivo» l’incontro. «La liberazione di detenuti palestinesi è sempre un fatto positivo – ha dichiarato Erekat – Abu Mazen ha inoltre chiesto a Olmert la scarcerazione di Marwan Barghouti». La portavoce del premier israeliano, Miri Eisin, ha riferito che non si è discusso delle questioni legate al final status, ma che i due si incontreranno nuovamente tra due settimane a Gerico, città della Cisgiordania.
Prossimo obiettivo di Abu Mazen sarà ottenere il consenso delle fazioni laiche e di sinistra dell’Olp, per accerchiare (politicamente) Hamas. «Per questo ha chiesto a Israele di permettere a Naif Hawatmeh di partecipare alla riunione dell’Organizzazione di liberazione per la Palestina a Ramallah nei prossimi giorni», sostiene Danny Rubinstein su Haaretz. «Il vero problema – aggiunge l’analista israeliano – è che il presidente palestinese e il suo partito Fatah non hanno nulla da vendere alla popolazione civile. La visione di uno stato indipendente a Gaza e in Cisgiordania, con Gerusalemme Est capitale, è gradualmente scomparsa durante gli anni del processo di Oslo.
Al posto di riconciliazione e coesistenza abbiamo avuto la seconda intifada, attacchi suicidi, il muro di separazione, blocchi stradali. I palestinesi sanno che non si può far girare all’indietro le lancette.
Ma se non ci sarà una vera e chiara opportunità per la la soluzione dei “due popoli due stati”, alla fine ce ne sarà solo uno». Insomma il consiglio di Rubinstein è: non abbandonate Gaza a se stessa.
«Il fatto che Hamas controlli militarmente la Striscia non significa che la gente non abbia paura», dice a Europa uno dei delegati palestinesi che ha preso parte nei giorni scorsi a un seminario riservato tra giovani leader palestinesi e israeliani organizzato dal Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente a Torino. «Per fare un esempio: se domani gli islamici decretano che il solo commercio di pomodori è ammissibile, chi coltiva patate o si adegua o smette di esistere. L’alcool a Gaza è già di fatto introvabile».
Dal canto loro Magda Censi, Elena Cerretelli e Veronica Trevisan – tra gli organizzatori italiani dell’evento – a Europa raccontano che, nel corso dei lavori, è stata comune la valutazione della rilevanza del Piano arabo di pace.
Insomma, i giovani se ne sono accorti mentre i grandi stentano: è proprio vero che tutto il mondo è paese..

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