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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Rassegna Stampa
14.07.2007 La Free Press nel mercato dei media isrealiani
l'analisi di udg, per una volta senza pregiudizi. complimenti !

Testata:
Autore: Umbero De Giovannangeli
Titolo: «Terremoto nei media,in Israele arriva la guerra dei free press»
Il fine settimana fa bene a Udg, che sull'UNITA' di oggi, 14/07/2007, a pag.11, fa informazione invece di seguire come sua abitudine le "fonti palestinesi" e basta. Esamina, persino con brio, la situaziane della Free Press in Israele. Un pezzo interessante, che riprendiamo.
 
I palazzi della politica sono in fermento. La Borsa è in agitazione. È l’argomento del giorno, più dell’anniversario della guerra in Libano. È la «guerra della free press». Un terremoto sta infatti per abbattersi sulla stampa israeliana con l’imminente esordio di un quotidiano gratuito finanziato dall’uomo di affari statunitense Sheldon Edelson, spesso definito come «l’ebreo più ricco del mondo». Il nuovo giornale, che si chiamerà «Israel ha-Yom» (Israele oggi), non ha ancora visto la luce che già ha dovuto subire un pesante attacco preventivo del quotidiano Maariv secondo cui Edelson ha deciso di influenzare «lanciando un prodotto “patriottico”, come la Fox News statunitense» non solo la stampa ma anche la politica israeliana. Con quale finalità? Ad azzardare una risposta è lo stesso Maariv: «Israel ha-Yom» sarebbe al servizio del leader del Likud (destra) Benjamin Netanyahu.
L’obiettivo è quello di riportare «Bibi» al governo. Basta e avanza per suscitare allarme negli ambienti politici di Kadima, il partito del premier Ehud Olmert, e del Labour, il partito del ministro della Difesa Ehud Barak. I più stretti collaboratori dei due «Ehud» si mobilitano per saperne di più. E per correre ai ripari. C’è poi chi, l’editore di Yediot Ahronot (il più diffuso giornale del Paese), cerca di confrontare il nuovo rivale preparando un altro giornale gratuito. Impresa tutt’altro che agevole. Perché Sheldon Edelson fa sul serio. Ha idee ambiziose e i soldi necessari per realizzarle. Nei giorni scorsi si è appreso che «Israele ha-Yom», il cui formato ricorderà quello del New York Times, si è già assicurato importanti firme, fra cui quelle di Dan Margalit (ex editorialista di Haaretz ed ex direttore di Maariv). Nel periodo di rodaggio il giornale avrà 40 pagine, per passare poi a 64. Nei primi due mesi non avrà pubblicità commerciale. Secondo le prime anticipazioni, la tiratura iniziale sarà di 150-200mila copie, per passare poi dal 1 settembre a 300-350mila copie. A quel momento il nuovo giornale diventerebbe dunque, per tiratura, secondo solo a Yediot Ahronot. La distribuzione sarà effettuata nelle abitazioni (molti israeliani troveranno il giornale alle 7 di mattina accanto alle cassette postali), sia nelle strade, nei mezzi di trasporto di massa e nelle università. Una penetrazione capillare. Secondo il direttore di Maariv Amnon Dankner «nell’entourage di Netanyahu ci sono volti raggianti» nell’attesa del nuovo quotidiano. «Quando la volpe (probabile allusione a Netanyahu, ndr.) si allea con un gorilla è lecito preoccuparsi», scrive Dankner. E aggiunge: «Edelson, da parte sua, più che un gorilla è King Kong in persona, un King Kong con una agenda tale da far tremare sotto i suoi piedi non solo la stampa ma la stessa democrazia in Israele». Per il momento la redazione di «Israel ha-Yom», ancora in fase di organizzazione in un edificio del centro di Tel Aviv, preferisce non reagire agli attacchi. Per ora. Perchè una cosa è certa: la «guerra della free press» è solo agli inizi. u.d.g.
 
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