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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera - La Repubblica Rassegna Stampa
03.07.2007 Al Qaeda e i talebani veri responsabili delle vittime civili in Afghanistan
interviste a Richard Pearle e Zalmay Khalilzad

Testata:Corriere della Sera - La Repubblica
Autore: Ennio Caretto - Vincenzo Nigro
Titolo: ««Accuse in mala fede: l'America fa di tutto per non colpire innocenti» -"Le armi possono sbagliare obiettivi ma i Taliban usano scudi umani"»
Dal CORRIERE della SERA del 3 luglio 2007(pagina 6), un'intervista a Richard Pearle:

WASHINGTON — Per l'ex sottosegretario alla Difesa e leader neocon Richard Perle, è in malafede che si accusano gli Usa delle stragi dei civili in Afghanistan. La guerra afghana, dichiara, è condotta dall'Onu e dalla Nato, non unicamente dall'America, contro il terrorismo, in difesa di un governo legittimamente eletto. E il Pentagono fa del suo meglio per ridurre al minimo le perdite di vite innocenti. Di più: se Paesi come l'Italia permettessero alle truppe di partecipare ai combattimenti, i blitz aerei diminuirebbero. Al telefono dalla Francia dove trascorre le vacanze, Perle auspica che la conferenza di Roma denunci non gli Usa, bensì Al Qaeda e i talebani, «veri responsabili delle vittime civili».
Non servirebbe maggiore prudenza?
«E' molto difficile. Non è il conflitto vinto dall'Alleanza del Nord con il nostro aiuto nel 2001. È un conflitto nuovo scatenato da Al Qaeda e dai talebani, che si nascondono tra i civili per provocarne la morte. Una tragedia da essi programmata per delegittimare non solo il governo Karzai ma anche la comunità internazionale. Non si può non rispondere a questa sfida. A differenza del nemico, l'America rispetta i diritti umani».
La conferenza internazionale sull'Afghanistan proposta da d'Alema non fornisce una via d'uscita?
«Conferenza con chi? Con i terroristi? Essi vanno isolati.
L'Onu, la Nato, l'America, l'Italia — riconosco questo vostro merito — sono impegnati in uno storico sforzo di pacificazione e ricostruzione del Paese. Se Al Qaeda e i talebani volessero parteciparvi basterebbe che deponessero le armi. E invece intensificano il conflitto, come è accaduto in Iraq. Se limitassimo le operazioni militari faremmo il loro gioco».
È per questo che critica l'Italia?
«Sul piano militare, sì. Io credo che i comandanti delle vostre truppe in Afghanistan siano pronti a scendere in battaglia ma i vostri politici glielo impediscono. È ingiusto, perché così si addossano oneri eccessivi agli alleati che combattono, Gran Bretagna, Canada, Olanda. Occorrono più soldati sul terreno, anche in funzioni civili come presidiare i villaggi o tenere aperte le scuole. I bombardamenti risolvono i singoli scontri ma poi il nemico riappare».
Che cosa si potrebbe fare sul piano politico?
«Premere sui Paesi della regione, innanzitutto Pakistan e Iran, perché si schierino contro il terrorismo. Più si tergiversa, in Europa in particolare, e peggio sarà».

Dalla REPUBBLICA (pagina 6) un'intervista a Zalmay Khalilzad:

ROMA - «In Afghanistan i soldati americani fanno del loro meglio per non colpire i civili, ma accade qualche volta che le armi sbaglino obiettivo: la guerra non è una scienza perfetta. Ma non dimenticate una cosa: i Taliban, gli altri terroristi usano i civili come scudi umani». Sono le parole di Zalmay Khalilzad, ambasciatore Usa alle Nazioni Unite. Poi l´ambasciatore di Bush aggiunge: «Se vogliamo conquistare i cuori e le menti degli afgani, la gente deve vedere che la situazione migliora, dobbiamo lavorare perché le condizioni economiche e generali dell´Afghanistan migliorino. Ecco perché gli Usa apprezzano moltissimo il lavoro che l´Italia sta facendo come nazione-guida nel settore della Giustizia: dal successo di queste riforme dipende la stabilità dell´Afghanistan e della regione».
Khalilzad è un uomo che l´Afghanistan lo conosce bene: perché ci è nato e perché prima che a Bagdad e a New York, è stato ambasciatore di Bush a Kabul. «Fui il primo inviato del presidente a sbarcare a Kabul, dopo la liberazione dai Taliban. Le differenze già sono enormi. Quando arrivai andavano a scuola 900 mila bambini, oggi sono 5 milioni. Quando arrivai gli svedesi regalarono dei telefoni per permettere agli uffici delle amministrazioni afgane di parlarsi: oggi ci sono 2,7 milioni di cellulari. Ma non basta, dobbiamo continuare a lavorare per il Paese avendo chiaro che stabilizzare l´Afghanistan è strategico per l´intera regione che va da Kabul al Marocco. Oggi la sfida del terrorismo di Al Qaeda viaggia in quella fascia e non possiamo fallire».
Ieri Khalilzad ha visto un gruppo di giornalisti nell´ambasciata di Via Veneto. Le prime domande sono state sulle vittime civili, sugli errori degli attacchi aerei.
«Non so se si sta lavorando a una proposta per le compensazioni nei riguardi delle vittime civili, ma è certo che dobbiamo fare ciò che è opportuno. Inoltre, i comandanti militari americani adottano una certa flessibilità nell´assistenza della popolazione nelle aree colpite. In queste operazioni militari ci sono volte in cui i civili vengono coinvolti, nonostante i militari facciano del loro meglio per evitarli. È sempre più necessario migliorare il coordinamento tra le varie amministrazioni».
Ambasciatore, l´Iran è una paese strategico nella regione: a Roma ha intenzione di vedere l´inviato di Teheran?
«Non ho nessun piano per incontrare funzionari iraniani, ma sappiamo bene qual è l´importanza degli stati della regione per il futuro dell´Afghanistan. Al Consiglio di sicurezza stiamo valutando la possibilità di nominare un inviato dedicato ai contatti con gli stati della regione. L´Onu ha già un inviato a Kabul, la discussione è sulla possibilità di affiancargli un funzionario per l´area».
Far funzionare la giustizia, cos´altro è necessario?
«Migliorare il lavoro sulle forze di polizia. La questione è come creare una forza di polizia, magari federale; stiamo studiando anche il modello dei Carabinieri, e bisogna capire come far convivere una forza nazionale con le entità locali o regionali. Per questo è importante l´impegno della Ue sulla polizia e il lavoro dell´Italia nel settore della Giustizia».

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