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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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L'Unità - Corriere della Sera Rassegna Stampa
29.06.2007 I nostri amici hezbollah
in due interviste i terroristi ci dicono quanto apprezzino il governo italiano

Testata:L'Unità - Corriere della Sera
Autore: Umberto De Giovannangeli - Francesco Battistini
Titolo: ««Hezbollah non attaccherebbe mai l’Unifil. L’Italia lo sa» - Agli amici italiani dico Hezbollah non attacca i casci blu»
Dall'UNITA' del 29 giugno 2007(a pagina 14), un'intervista al deputato di Hezbollah Hussein Haji Hassan .
Umberto De Giovannangeli si guarda bene dal porre all'amico terrorista domande fastidiose o imbarazzanti.
Al centro dell'intervista, gli ottimi rapporti tra Italia e Hezzbollah.
All'UNITA' ne sono così fieri che l'intervista è orgogliosamente corredata dalla famigerata foto del deputato hezbollah a braccetto con il nostro ministro degli Esteri.

Ecco il testo:

«Al ministro Parisi diciamo: nessuna "frangia" di Hezbollah è coinvolta nell’attentato contro i caschi blu spagnoli. Hezbollah ha condannato duramente quell’atto criminale: coloro che lo hanno ideato mirano a destabilizzare il Libano e a rendere ancor più difficili le condizioni della popolazione nel sud del Paese. È nostro interesse preservare l’integrità della missione Unifil, per questo abbiamo avviato una nostra inchiesta per far luce sull’attentato di Sahel el Derdara». A parlare è uno degli esponenti politici di primo piano di Hezbollah: Hussein Haji Hassan, parlamentare del Partito di Dio sciita libanese, tra i più stretti collaboratori del leader di Hezbollah, lo sheikh Hassan Nasrallah. «Le autorità italiane e lo stesso generale Graziano (il comandante della missione Unifil, ndr.) sanno bene - afferma Hassan - che Hezbollah sta collaborando per evitare incidenti nel Sud Libano. Lo ripeto: quell’attentato danneggia innanzitutto la gente del sud (ovvero gli sciiti, ndr.) e alimenta l’insicurezza e l’instabilità». L’esponente di Hezbollah giudica «sospetta» quella bomba e, sia pure indirettamente, indirizza i suoi sospetti verso la penetrazione qaidista in Libano: «Vi sono forze esterne al Libano - afferma Hassan - che puntano a rinfocolare l’odio tra sunniti e sciiti. Hezbollah non cadrà in questa trappola». Fuori dall’ufficialità, i dirigenti del Partito di Dio ammettono che il Libano rischia di diventare l’ennesimo terreno della lotta per l’egemonia nel campo islamista; una lotta condotta a colpi di attentati. Hassan apre alla proposta francese di apertura di un tavolo di «dialogo nazionale» interlibanese: «Da tempo - annota in proposito il dirigente di Hezbollah - abbiamo proposto la costituzione di un governo di unione nazionale che salvaguardi l’indipendenza del Libano da tutte le ingerenze esterne». Sui rapporti con l’Italia, Hassan ribadisce: «Il governo italiano era e resta per noi un governo amico».
Qual è la lettura di Hezbollah dell’attentato che è costato la vita a sei caschi blu spagnoli?
«La nostra condanna di questo attacco è stata netta, totale: quell’attentato rivolto contro le forze Onu danneggia in primo luogo la gente del sud (ovvero gli sciiti, ndr.) e alimenta l’insicurezza e l’instabilità».
C’è chi ventila che l’attentato sia stato condotto da una frangia estremista di Hezbollah.
«Lo escludo nella maniera più assoluta. Le autorità italiane e lo stesso generale Graziano (il comandante della missione Unifil, ndr.) sanno bene che Hezbollah sta collaborando per garantire l’integrità della missione. Ed è importante che il generale Graziani abbia pubblicamente escluso un coinvolgimento di Hezbollah nell’attacco ai caschi blu spagnoli. Sull’attentato di Sahel el Derdara abbiamo aperto una nostra inchiesta. Presto ne renderemo noti i risultati. Una cosa deve essere chiara a tutti: Hezbollah non considera le forze Onu come truppe di occupazione. L’occupante contro cui ci siamo battuti ha un altro nome: Israele».
Il radicamento di Hezbollah nel Sud è tale da rendere difficile pensare che un’azione di questo tipo possa essere stata portata a termine a vostra insaputa.
«Essere radicati tra la popolazione civile non significa avere il controllo totale del territorio. Non siamo onnipotenti. Qualcuno forse dimentica che un anno fa abbiamo dovuto far fronte all’invasione israeliana: abbiamo sconfitto il nemico ma il prezzo pagato è stato grande. Nel Sud noi siamo la resistenza, non l’autorità».
Temete una penetrazione di Al Qaeda nel Libano?
«Sappiamo bene che c’è chi soffia sul fuoco dell’odio tra sunniti e sciiti per destabilizzare il Libano, e per farlo non si fa scrupolo di usare anche la sofferenza dei nostri fratelli palestinesi. Ma Hezbollah non cadrà in questa trappola: non ci faremo trascinare in uno scontro che ha come unico obiettivo creare instabilità e insicurezza in Libano».
Hezbollah e l’Italia: quale rapporto?
«Noi abbiamo valutato molto positivamente il ruolo che l’Italia ha avuto durante il conflitto dell’estate scorsa. Il governo italiano sa bene che Hezbollah è parte fondamentale della realtà libanese; una parte con cui dialogare. Un riconoscimento che è venuto anche dal vostro presidente della Camera. Ho avuto l’onore di incontrare il presidente Bertinotti nel corso della sua recente visita a Beirut (il 6 maggio scorso, ndr.), ricordo bene le sue parole: non si può trovare una soluzione alla crisi politica libanese senza includere nel negoziato Hezbollah».
C’è chi sostiene che l’Italia resterà amica fino a quando non s’impegnerà a disarmare le milizie di Hezbollah.
«Non è questo il compito affidato alle forze Unifil, anche se Israele afferma il contrario. Il disarmo di tutte le milizie, non solo di quelle della Resistenza Islamica, è un problema interno libanese e solo in questo ambito potrà essere affrontato e risolto».
Resta il fatto che l’Italia sostiene il governo di Fuad Siniora.
«Non sarà questo a incrinare la nostra amicizia».

Meno acritica l'intervista di Francesco Battistini ad Ali Daghmush, consigliere di Hassan Nasrallah e responsabile delle relazioni estere di Hezbollah, pubblicata dal CORRIERE della SERA (pagina 17).
Su alcune sue informazioni, per esempio quelle su Israele, dalla quale Hezbolla si starebbe "difendendo", Daghmush poteva essere incalzato, mentre Battistini dopo ogni risposta passa  a un'altro argomento.
Il messaggio di Daghmush è comunque identico a quello di Haji Hassan.
Il governo italiano è per  i terroristi di Hezbollah un ottimo amico.
E' vero, mentre è falso che questo assicuri alle nostre truppe in Libano una qualche immunità dal terrorismo.

Ecco il testo:

BEIRUT — Sheikh, il ministro Parisi ha detto che dietro la strage dei caschi blu spagnoli potrebbe esserci qualche frangia Hezbollah...
«Non si possono lanciare accuse tanto gravi. Bisogna portare le prove. E se Parisi ha qualche problema, venga ad affrontarlo con noi, non in pubblico. Sicuramente, sa che Hezbollah è il partito che più rispetta i caschi blu dell'Unifil».
Lo sheikh Ali Dagmush, 55 anni, consigliere di Hassan Nasrallah, è il «ministro degli Esteri» di Hezbollah. Ci riceve in una palazzina della periferia sud, ha un messaggio da spedire a Roma: «I soldati Onu sono i benvenuti da 28 anni. Non sono mai usciti dai limiti del loro mandato, non si sono mai intromessi in un conflitto interno. Ci sono rapporti d'amicizia anche personale, con loro. Questo attentato mira a colpire soprattutto noi, perché siamo presenti in quell'area e ne siamo i garanti».
Con la maggioranza di governo italiana, da D'Alema a Diliberto, i rapporti sono sempre stati buoni: lo rimarranno? «Senza dubbio. È anche grazie a queste buone relazioni che i militari italiani, come gli spagnoli, sono trattati come nostri figli. L'Italia non può essere schierata con una sola parte, in Libano, nessuno può chiederle un ruolo diverso da quello che ha».
Perché avete aperto una vostra inchiesta sull'attentato?
«Il governo Sinora ha reso il Libano più insicuro. Queste lacune danno spazio alle organizzazioni che vogliono entrare in Libano per distruggerlo. Avevamo previsto che questa terra sarebbe diventata il campo di battaglia di gruppi salafiti che vogliono combattere gli Usa, Israele, l'Occidente. Purtroppo, avevamo ragione: non esiteranno a creare il caos. E in pericolo non ci sono solo le forze Unifil. Chi s'avvantaggia di queste aggressioni? Per ora, chi ne approfitta per chiedere di cambiare le regole d'ingaggio dei caschi blu».
La missione Onu non va rivista?
«Nessun problema, se si tratta di prolungarla. E se vengono attaccati, chiaro che devono difendersi. Ho dei dubbi sull'opportunità di ampliarne i poteri: con la scusa del traffico d'armi si vuole coinvolgerli nel controllo dei confini siriani».
Una scusa? Nelle librerie di Beirut c'è un libro che dimostra come Hezbollah, attraverso la Siria, quest'anno si sia armato fino ai denti...
«La nostra priorità è affrontare Israele. Ci armiamo per questo. Non useremo mai queste armi contro altri libanesi».
I qaedisti di Fatah al-Islam sono o no vostri nemici?
«Nell'ideologia e nella dottrina, nulla ci accomuna. Loro ci considerano alleati, invece noi siamo le loro prime vittime. A livello politico, non abbiamo neanche un contatto. Non sappiamo cosa vogliano. E non c'interessa: noi combattiamo chiunque occupi il Libano».
Fra pochi giorni, sarà il primo anniversario della guerra con Israele. L'ex portavoce Onu Timur Goksel ne prevede un'altra entro due anni.
«Possibile. Ma non così a breve, a meno di sviluppi imprevedibili. La parte segreta del rapporto Winograd (la commissione d'inchiesta israeliana sulla guerra del 2006, n.d.r.) raccomanda al loro esercito di non attaccare il Libano entro il 2012. Questo riflette la crisi che vivono: non ce la faranno a riprendersi presto da quella sconfitta».
Molti collegano le rivolte nei campi palestinesi del Libano al caso Gaza: è possibile un effetto domino?
«Sono circostanze, ambienti diversi. Gaza è il risultato della politica Usa di non riconoscere Hamas, delle uccisioni mirate di leader di Hamas organizzate da Fatah».
Da più di 7 mesi state assediando nel suo palazzo il premier Sinora: è il vostro modo di volere un Libano pacificato?
«L'assedio ha un solo obbiettivo: far partecipare l'altra parte del Paese al governo. È un diritto democratico d'ogni popolo. Quando si capirà che il Libano ha bisogno d'un governo d'unità nazionale, leveremo le tende».

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