Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
D'Alema apre alla Siria la stampa di regime ineggia a lui e alla "soluzione finale" del conflitto israelo-palestinese
Testata:Il Foglio - L'Opinione Autore: la redazione- Stefano Magni Titolo: «Il tempismo di D’Alema che apre alla Siria dei complotti - D’Alema e il dittatore»
Dal FOGLIOdel 6 giugno 2007
Gerusalemme. Massimo D’Alema ieri mattina era a Damasco. Nel pomeriggio era a Beirut. In Siria, il ministro degli Esteri ha incontrato il rais Bashar el Assad, il vice Farouk Sharaa e il suo omologo, Walid Moallem, lo stesso che qualche settimana fa si è seduto a Sharm el Sheik assieme al segretario di stato americano Condoleezza Rice. D’Alema dice di voler “rilanciare un rapporto di collaborazione con la Siria” e incoraggiare un “contributo positivo e attivo” per la soluzione delle crisi in Libano, Iraq e Territori palestinesi. Il suo viaggio, con imbarazzante tempismo, coincide con l’intenzione del governo libanese antisiriano di Fouad Siniora di notificare alle Nazioni Unite e alla Lega araba infiltrazioni di rifornimenti (di uomini e armi) a gruppi palestinesi prosiriani come il FPLP-CG di Ahmad Jibril e Fatah-Intifada (movimento da cui Fatah al Islam si è staccato in autunno). Lo scrivono il giornale francofono libanese, L’Orient le Jour, e il sito panarabo Elaph. I rifornimenti andrebbero ai campi di addestramento palestinesi di Kuossaya e Helwé nella valle della Bekaa. Pochi giorni fa, inoltre, le autorità turche hanno sequestrato un carico d’armi (tra cui razzi) trovato su un treno diretto dall’Iran alla Siria, deragliato dopo essere stato attaccato dai separatisti curdi. Moallem, ieri in conferenza stampa, ha detto che Damasco non è in nessun modo legata a Fatah al Islam, milizia prosiriana vicino ad al Qaida che si batte contro l’esercito libanese in un campo profughi palestinese di Tripoli. Gli scontri si sono allargati ad altri campi, coinvolgendo simili gruppi, come Jund al Sham, a Ein el Hilweh, nel sud. La visita di D’Alema coincide anche con la ratifica da parte del Consiglio di sicurezza di un tribunale per processare le persone ritenute coinvolte nell’assassinio dell’ex premier libanese Rafiq Hariri. Tra loro, alti funzionari siriani. Moallem ha già detto che Damasco non è pronta a collaborare con la corte e lo ha ribadito in conferenza stampa con D’Alema. Il tribunale, per la Siria, doveva essere tutto libanese. La visita del ministro degli Esteri italiano coincide con la pubblicazione su al Hayat e sul libanese an- Nahar dei dettagli del piano di Fatah al Islam: un attentato in un albergo di Beirut e simultaneamente un’esplosione in alcuni tunnel dell’autostrada litoranea che collega la città costiera del nord con la capitale. I 450 chilogrammi di materiale per la fabbricazione di esplosivo ritrovati in un’abitazione di Tripoli sono, secondo le forze di sicurezza libanesi, di fabbricazione siriana. A Damasco e Beirut D’Alema ha parlato anche della questione israelo-palestinese. All’Unità, il ministro ha spiegato che “la mancata soluzione del conflitto avrebbe dovuto comportare anche un sostegno al governo d’unità nazionale palestinese, pur con i suoi limiti”. Ieri, Hamas e Fatah, che dovrebbero convivere in un esecutivo d’unità nazionale, hanno ricominciato a spararsi a Gaza. Il rais Abu Mazen, in un discorso televisivo in occasione del 40° anniversario della guerra dei Sei giorni, ha detto che il popolo palestinese è sull’orlo di una guerra civile, che le battaglie intestine sono peggio dell’occupazione israeliana. E se il presidente, che domani incontrerà il premier israeliano, Ehud Olmert, ha annunciato che chiederà al suo interlocutore di riprendere i negoziati di pace, l’altra fetta del governo, Hamas, per la ricorrenza del conflitto del 1967 ha dichiarato in un comunicato che i prossimi anni “marcheranno non soltanto la continuazione della lotta ma anche il ritiro dell’occupazione sionista e la creazione di uno stato palestinese”.
Dall'OPINIONE, un articolo di Stefano Magni su come la stampa siriana ha dato notizia della visita di D'Alema.
Titoli in prima pagina dei giornali siriani: “D’Alema: i rapporti tra Siria e Italia sono ottimi”. La visita del Ministro degli Esteri italiano a Damasco è stata accolta benissimo dalla stampa del regime di Assad. Il giornale governativo Al Baath, titola: “D’Alema è giunto a Damasco confermando il ruolo positivo della Siria nella risoluzione dei problemi regionali”. E nell’articolo si legge che: “D’Alema ha ribadito come non sia possibile governare le crisi in corso nel Medio Oriente senza giungere a una soluzione finale del problema che è la madre di tutti i problemi della regione: la questione palestinese”. I termini “soluzione finale” evocano brutti ricordi e non sono del tutto un lapsus freudiano. Solo un anno fa, dalla moschea di Damasco, infatti, Khaled Meshaal, leader di Hamas, dichiara che: “La promessa di Allah, che prevede la nostra vittoria in Palestina sugli ebrei oppressori, ha cominciato ad avverarsi. Io dico (ai paesi europei): affrettatevi a scusarvi con la nostra nazione, perché se non lo farete ve ne pentirete. Non lasciate una macchia nera nella memoria collettiva della nazione, perché la nostra nazione non vi perdonerà. Domani la nostra nazione siederà sul trono del mondo. Non è un parto dell’immaginazione, ma una realtà. Domani guideremo il mondo. Scusatevi oggi. La nostra nazione sta avanzando ed è nel vostro interesse rispettare una nazione vittoriosa”. D’Alema è già andato a Damasco a “chiedere scusa”?