Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
La manifestazione in piazza Rabin e il dibattito alla Knesset la cronaca di Davide Frattini
Testata: Corriere della Sera Data: 04 maggio 2007 Pagina: 13 Autore: Davide Frattini Titolo: «La rabbia di piazza Rabin «Olmert e Peretz a casa»»
Dal CORRIERE della SERA del 4 maggio 2007:
TEL AVIV — Sono arrivati da tutta Israele per partecipare al rito collettivo della «spintarella». «Olmert è sull'orlo del baratro, basta poco per farlo cadere di sotto. Ci pensiamo noi da questa piazza». La piazza è quella dedicata a Rabin, che negli anni si riempie e si svuota delle maree di gente, seguendo la luna degli israeliani. La luna storta ieri sera ha portato qua 150 mila arrabbiati, che hanno risposto all'appello dell'opposizione: «Venite a protestare», come sul quotidiano Maariv èintitolato un commento a due mani, la destra di Effi Eitam e la sinistra di Yossi Beilin, un'alleanza inedita in nome del premier, o meglio della sua cacciata. «Entrambi siamo convinti che il premier debba andare a casa perché ha fallito nella guerra in Libano». «Falliti» è la parola più sfruttata dagli striscioni. Al plurale: i bersagli sono Olmert e il ministro della Difesa Amir Peretz. Dan Halutz, l'ex capo di Stato maggiore e il terzo uomo della squadra che ha gestito i 34 giorni di conflitto contro gli Hezbollah, se n'è andato da solo. I genitori dei soldati caduti in battaglia, i coloni che non perdonano a Olmert il ritiro da Gaza, i pacifisti che non gli perdonano la guerra sono venuti per occuparsi degli ultimi due. «La gente non si fida più di voi. Lo stiamo urlando chiaramente e bisogna essere sordi per non sentire la voce del popolo», dice Uzi Dayan, leader del movimento Tafnit (Svolta) e uno degli organizzatori. Sul palco non ci sono politici. Benjamin Netanyahu avrebbe deciso di non partecipare, quando gli hanno detto che non poteva parlare. Parla invece Osnat Vishinsky, madre di un soldato ucciso nel 2004 a Gaza: «Abbiamo insegnato ai nostri figli a sacrificarsi per questo Paese, li abbiamo accompagnati al primo giorno di addestramento militare, pensavamo che le loro vite fossero preziose per questa nazione quanto lo erano per noi. Sono state sprecate. Eppure non vogliamo far pensare ai nostri figli che la fuori è una giungla: l'individualismo non può vincere, dare per la collettività è un dovere». Poche ore prima, i deputati si erano ritrovati alla Knesset per una seduta straordinaria che ha discusso le accuse del rapporto Winograd al primo ministro. Netanyahu ha chiesto per la prima volta le dimissioni del governo, i sondaggi promettono al suo Likud 30 seggi e la vittoria, se ci fossero le elezioni anticipate. «Quelli che hanno sbagliato non possono pretendere di riparare agli errori», ha proclamato in un'aula semivuota. È toccato al vicepremier Shimon Peres prendere le difese dell'esecutivo. Olmert è rimasto in silenzio e non ha rivolto la parola neppure al ministro degli Esteri Tzipi Livni, che gli stava seduta a fianco. L'ultima volta che si sono parlati, lei gli ha chiesto di andarsene.
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