Il nostro ex- ministro degli esteri - e scriviamo ex nella speranza che tale continui ad essere - ha usato un avverbio in linea con la sua politica filo-araba e avversa a Israele. D'Alema si accontenterebbe di un " riconoscimento implicito" dello Stato ebraico da parte del prossimo governo di coalizione Fatah-Hamas. "Implicitamente", ha detto. Gli ha risposto l'Ambasciatore d'Israele a Roma Gideon Meir. Ecco la cronaca dal CORRIERE della SERA di oggi 24/02/2007, a pag.15:
ROMA — (m. ca.) «È molto importante capire quale struttura avrà il governo», diceva ieri Massimo D'Alema alla Farnesina dopo un colloquio con Haya Rashed al Kalifa, la presidente dell'Assemblea generale dell'Onu. Ma il governo del quale parlava da ministro degli Esteri, seppure dimissionario, non era quello italiano. Si riferiva al governo di unità nazionale palestinese in cantiere sulla base di un'intesa tra al Fatah e Hamas, prima forza nel Parlamento dei Territori che è classificata tra i gruppi terroristici dall'Unione europea. D'Alema ha impiegato un'impostazione che può piacere alla sinistra estrema del centro-sinistra, non altrettanto a Israele.
Il problema sta nel grado di accettazione del diritto all'esistenza dello Stato ebraico da parte palestinese. Sulle tre condizioni che il «Quartetto» composto da Usa, Russia, Ue e Onu chiede dal 2006 di rispettare a qualsiasi esecutivo del dopo Arafat — riconoscere Israele, accettare gli accordi precedenti con lo Stato ebraico, rinuncia alla violenza — il ministro italiano ha indicato una sua scala di priorità. Questa: «Ci sono delle condizioni, tra le quali considero fondamentali due. Uno, un governo che riconosca gli accordi firmati dall'Autorità palestinese, e quindi implicitamente riconosca Israele con cui sono stati firmati questi accordi. In secondo luogo, un governo che si adoperi con ogni mezzo per fermare la violenza e dia un segnale chiaro già promuovendo la liberazione del caporale Shalit e lo scambio di prigionieri».
Implicitamente è termine inviso a Ehud Olmert, convinto che annacquare i tre punti non porti sicurezza. Dice l'ambasciatore israeliano a Roma Gideon Meir: «Speriamo che l'Italia, Paese di primo piano nell'Ue, e l'Ue, parte chiave del Quartetto, continuino a insistere sulle tre condizioni di base poste dal Quartetto a qualsiasi governo palestinese. Innanzitutto il riconoscimento del diritto di Israele a esistere. Un diritto non negoziabile in alcun modo».
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