Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Caro Ariel Toaff ecco chi ti difende: Franco Cardini la calunnia del sangue è una comprovata falsità, ma qualcuno vorrebbe che fosse vera, o almeno poterla spacciare per tale
Testata:Avvenire - Unità Autore: Franco Cardini - Marco Innocente Furina Titolo: «TOAFF, IL TRISTE EPILOGO DELLA RINUNCIA - La scelta di Toaff:»
Il "triste epilogo della rinuncia". Franco Cardini non prende neanche in considerazioni le argomentate critiche che la comunità degli storici ha unanimente rivolto ad Ariel Toaff. Per lui la ritrattazione dello storico non ha nulla a che fare con la dimostrata inattendibilità del suo libro "Pasque di sangue". Si tratta invece di una censura degna di 1984 o diFahrenheit 451, imposta dagli ebrei e dall' "ombra tragica della Shoah."
Una recensione, pubblicata da AVVENIRE del 16 febbraio 2007, che conferma che il libro di Toaff continuerà a far danni a lungo. Sostiene, senza prove, una tesi che molti, con morbosa avidità. vorrebbero fosse vera o almeno spacciabile per tale.
La ritrattazione di Toaff servirà a costoro a parlare di censura e di minacce alla libertà di espressione. La mancata ritrattazione sarebbe del resto servita a farsi scuso dell'autorevolezza della pubblicazione scientifica di uni studioso ebreo e israeliano.
Ecco il testo di Cardini
Ariel Toaff chiede all'editore Il Mulino di ritirare il suo «Pasque di sangue», di recente comparso nelle librerie e che aveva suscitato, come si sa, molto interesse ma anche molte polemiche. La quarta di copertina del libro che non vedremo più in circolazione, o che ricomparirà magari tra qualche mese in edizione "riveduta e corretta", o che saremo costretti ad acquistare e a leggere in una lingua diversa dalla nostra, diceva che questo libro «affronta coraggiosamente uno dei temi più controversi nella storia degli ebrei d'Europa». In un articolo comparso il 10 scorso su "Repubblica", che discuteva appunto tale libro e che conteneva peraltro molte interessanti e condivisibili osservazioni, uno studioso che ammiro, Adriano Prosperi osservava: «Non si capisce bene dove sia il coraggio visto che la tesi qui sostenuta legittima le accuse dei vincitori e le persecuzioni dei vinti»: ma, parlando di «vincitori», Prosperi alludeva evidentemente a quelli ch'erano stati tali alcuni secoli fa, ma che senza dubbio - da allora - hanno subìto una forte e dura sconfitta dinanzi alla storia. Ora, penso che anch'egli si sia ricreduto: se Ariel Toaff è giunto a un passo del genere, è evidente che la situazione attorno a lui si era fatta pesante; e, siccome nessun essere umano è tenuto a un coraggio illimitato, egli ha esaurito la sua scorta. Lo comprendo: io, l'avrei esaurita molto prima. Poiché era appunto evidente in che cosa consistesse il coraggio di Ariel Toaff: nel fatto cioè che oggi il discutere di qualunque tema storico riguardi ebrei ed ebraismo è divenuto estremamente difficile e delicato. Tra il sereno confronto fra tesi e ipotesi storiche da una parte, il mondo ebraico dall'altra, v'è l'ombra tragica della Shoah con tutto quel che comporta: comprese le penose discussioni relative a revisionismo e negazionismo. Non fingiamo che tutto ciò non ci riguardi, non dissimuliamo il nostro turbamento dinanzi al pericoloso gorgo d'interferenze continue tra ricerca storica, uso della storia, speculazione politica e quindi condizionamento della libertà d'espressione che tutto ciò comporta. Dalla proposta Mastella di sancire per legge quale sia la verità storica, che ricalca altre penose scelte del genere adottate da altri paesi europei, sino alla decisione di Toaff corre un filo nero che rischia di strangolare la libertà, e quindi anche la cultura e la ricerca scientifica, che senza libertà non possono svilupparsi appieno. E tutto ciò in un paese del "nostro Occidente" così fiero della sua democrazia e delle sue libere istituzioni che pretende addirittura d'essere in diritto d'esportare. Magari con la forza, come s'è di recente visto. Questa è una cocente sconfitta per tutti, per la nostra cultura e per la nostra società. Un libro ritirato dal commercio, a pochi giorni dalla sua uscita, equivale a un libro distrutto. A un libro bruciato. I libri, li bruciavano gli inquisitori e i nazisti. Non nascondiamoci dietro un dito. Uno studioso serio è stato sommerso da un torrente di critiche alcune delle quali magari plausibili e sotto il profilo scientifico perfino sacrosante o comunque legittime, ma altre del tutto extrascientifiche e per giunta formulate aprioristicamente, addirittura prima che il suo libro uscisse e da gente che evidentemente nemmeno l'aveva letto. Non so se abbiamo il diritto di chiedere ad Ariel Toaff spiegazioni su quanto ha dovuto fare. Un senso di rispetto e di pietas (non solo - e non tanto - nei suoi confronti) m'indurrebbe quasi a ritenere che di questo brutto episodio sarebbe meglio non parlar più. Finger che non sia mai accaduto. Il fatto è che, purtroppo, è successo. E questo obbliga tutti noi a farci un sacco di tristi, dure, compromettenti domande. Verso quale altro 1984, verso quale altro «Fahrenheit 451» si sta dirigendo la nostra iperliberissima società?
Cardini, d'accordo con Moni Ovadia, argomenta contro il ritiro del libro anche nel colloquio con Marco Innocenti Furina, riportato dall'UNITA' . Per fortuna, l'articolo riporta anche opinioni più serie, come quella dello storico Michele Sarfatti:
Non è il primo libro che solleva un caso, né è il primo libro contestato e criticato. Ma forse Pasque di sangue almeno un record lo ha battutto: poche volte un saggio era stato ritirato a così pochi giorni dall’uscita. Ieri infatti la casa editrice Il Mulino ha confermato che sospenderà la diffusione del libro di Ariel Toaff. A chiederlo era stato lo stesso autore dopo che al suo rientro in Israele anche la sua l’Università - la Bar ILan di Tel Aviv - aveva fortemente criticato Toaff per la «mancanza di sensibilità nel pubblicare questo libro». Certo, «l’accusa del sangue», il tremendo crimine di sacrificare durante i loro riti bambini cristiani, rispolverato dallo storico, solleva una selva di problemi e rischia di fornire un argomento polemico a tutti gli antisemiti del mondo. Ma l’inopportunità storico-politica di una ricerca basta a giustificarne il ritiro? O lo storico israeliano, viste le aspre e unanimi critiche venute dalla comunità scientifica, ha ritenuto fosse meglio sottoporre a revisione alcuni passaggi della sua opera? Sposa quest’ultima tesi lo studioso della Shoah, Michele Sarfatti: «Toaff ha ricevuto forti e concordi critiche da tutta la comunità degli studiosi su due punti fondamentali per uno storico: l’uso delle fonti e la metodologia. Da una parte il suo modo di interrogare le carte processuli non ha convinto la comunità degli studiosi, e dall’altra c’è un problema metodologico: prima di pubblicare un saggio che espone una tesi tanto forte avrebbe dovuto anticiparne degli estratti su riviste specializzate, discuterne in convegni. Non gli sarebbero piovute adosso tutte queste accuse se avesse seguito un metodo più attento». A chi ribatte che le polemiche erano già iniziate prima che il saggio arrivasse in libreria (due giorni prima della pubblicazione la comunità dei rabbini aveva già emmesso un duro comunicato di condanna), il professor Sarfatti risponde che le critiche dei rabbini e della comunità scientifica non possono essere messi sullo stesso piano, e che la decisione del ritiro è maturata non a caso «dopo l’incontro col Rettore della sua Università e i suoi colleghi». Sarebbe stato insomma il confronto con gli altri studiosi a convincere Toaff a rivedere alcuni passi della sua opera. Una lettura della vicenda condivisa anche da Sandro Portelli, docente di letteratura americana alla Sapienza. «Accanto alle questioni più genuinamente storiografiche, non ho condiviso l’approccio al tema dato da Toaff. Il lancio scandalistico sulla stampa, la copertina così amiccante. lo stesso riferimento al sangue nel titolo sono elementi sbagliati e pericolosi. Stiamo parlando di temi delicatissimi, che hanno nei secoli giustificato persecuzioni e massacri. Ci vuole attenzione. Per questo Portelli comprende la dura presa di posizione dei rabbini italiani e condivide le critiche degli studiosi le quali, dice, «sono assolutamente legittime. Non si può accusarli di censura solo perché in un secondo momento Toaff ha deciso a ritirare il libro. Io ritengo che abbia scritto la sua opera in buona fede, ma le critiche rivoltegli erano ragionevoli». Di tutt’altro avviso è il medievalista dell’Università di Firenze, Franco Cardini: «Altro che questione scientifica, i libri si ritirano solo in due casi: quando ci sono errori gravi e acclarati (e normalmente in questo caso passano comunque settimane), oppure se l’autore subisce pressioni, minacce e ricatti. Non mi facevo illusioni sul clima che si respira in Italia. Ritirare un libro equivale a bruciarlo e io conosco solo due categorie di persone che bruciano i libri: gli inquisitori e i nazisti. Sono allibito». In altre parole Cardini non crede all’ipotesi del ripensamento: «Toaff è uno studioso serio e uno studioso serio non ritira la propria opera in base a delle critiche scientifiche o di semplice opportunità. Tanto varrebbe non pubblicare. Arrivati a questo punto, ritirare l’opera mi sembra controproducente. Ho già ricevuto sei telefonate che mi chiedevano se fossi in possesso di Pasque di sangue». Una scelta controproducente, nonostante le migliori intenzioni, anche per Moni Ovadia: «Purtoppo c’è questo rischio. È una storia talmente complessa, delicata, sofferta che da qualunque parte la si giri può venire strumentalizzata. Anche la decisione di chiedere il ritiro è spiegabile con un’esplosione sentimentale, emozionale. Quello di Toaff per i temi che affronta è un libro di confine: da un lato sta la libertà della Ricerca, dall’altra il rischio di rinfocolare un antisemitismo sempre latente nel mondo».
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