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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Rassegna Stampa
02.02.2007 La Francia antiamericana e antisraeliana di Chirac piace sempre
anche quando c'è di mezzo la minaccia genocida dell'Iran di Ahmadinejad

Testata:
Autore: Gianni Marsili
Titolo: «Gaffe di Chirac sull'Iran: un'atomica non è così pericolosa»

"Propositi di rara franchezza", parole  che "confermano quel che si dice da tempo: che la Francia vorrebbe aprire con Teheran un canale diverso, privo dell'ombra pesante degli Stati Uniti". Così l'UNITA' del 2 febbraio 2007 definisce le dichiarazioni di Jacques Chirac. 
Quella degli Stati Uniti è un "ombra pesante",  anche in considerazione della "francofobia che sempre alligna al di là dell'Atlantico": non dell'ossessione antiamericana che ha contagiato la Francia, spingendola a rompere la solidarietà occidentale dopo l'11 settembre.
La  "reazione di Tel Aviv" (per un certo  giornalismo non indicare Gerusalemme come capitale d'Israele è la regola ) è  stata "virulenta".

L'incomprensione della portata della minaccia iraniana, l'indulgenza verso l'avventurismo della politica mediorentale francese, il pregiudizio negativo verso Israele e Stati Uniti traspaiono chiaramente dall'articolo di Ganni Marsili.

Il titolo  minimizza la gravità delle dichiarazioni del presidente francese, riducendole a gaffe. Quando invece sono l'espressione coerente della sua poliica di appeasement.

Ecco il testo:

LUNEDÌ SCORSO, ricevendo all'Eliseo i giornalisti del «Nouvel Observateur», del «New York Times» e dell' «International Herald Tribune», Jacques Chirac aveva detto, sollecitato da una domanda a proposito dell'Iran: «Direi che non è poi così pericoloso il fatto di avere una bomba nucleare - e forse una seconda domani. Quel che è pericoloso, è la proliferazione. Vuol dire che se l'Iran prosegue sul suo cammino e padroneggia totalmente la tecnica elettronucleare, il pericolo non è nella bomba che avrà, e che non gli servirà a niente. Dove la spedisce, questa bomba? Su Israele? Non avrà percorso duecento metri nell'atmosfera che Teheran sarà rasa al suolo». Propositi di rara franchezza, per usare un eufemismo.
La deduzione, di qua e di là dell'Atlantico, è stata semplice e multipla. Primo, il presidente francese, nel momento stesso in cui si decidono le sanzioni, ritiene che la bomba iraniana sia cosa già acquisita, negando quindi ogni utilità al difficile negoziato in corso, nel quale Teheran giura di lavorare unicamente sul nucleare civile. Secondo, ne relativizza brutalmente il pericolo. Terzo, ipotizza una reazione apocalittica, senza specificare per mano di chi. Quarto, coinvolge paesi come l'Arabia Saudita e l'Egitto: «Perché non lo farebbero anche loro (costruirsi la bomba, ndr)?». Quinto, la Francia sembra desolidarizzarsi dal gruppo di paesi (Germania, Gran Bretagna, Russia, Cina e Stati Uniti) assieme ai quali sta trattando con Teheran. Un vespaio, come si dice. E infatti ieri Chirac ha ingranato la retromarcia.
«Pensavo di parlare off», ha detto il presidente, cioè in libertà, con divieto implicito di citazione. Ha aggiunto: «Ho avuto una parola rapida quando ho parlato di radere al suolo Teheran...ovviamente non immagino neanche che si possa radere al suolo Teheran». E ancora: «Credevo di essere sempre off e mi sono lasciato andare a dire che l'Arabia Saudita e l'Egitto potrebbero seguire l'esempio iraniano...Parole che ritiro, poiché nè l'Arabia Saudita né l'Egitto hanno fatto la minima dichiarazione al riguardo, e quindi non spetta a me di farne». In effetti, da Ryad e dal Cairo devono esser giunte all'Eliseo telefonate di grande sconcerto. Anche da Washington, tanto che il portavoce della Casa Bianca ha potuto rispondere ai giornalisti che l'incalzavano: «Credo che abbia rivisto e sviluppato i suoi propositi...Gli iraniani non devono aver alcuna arma nucleare: non è solo la posizione esplicita degli Stati Uniti ma anche quella dei suoi alleati, compresa la Francia, quando si tratta di negoziare con gli iraniani».
Più virulenta la reazione di Tel Aviv, per bocca del presidente della Commissione esteri e difesa: «Parole gravi, che indignano. Chirac mostra una totale incomprensione verso le intenzioni della leadership iraniana». A tentar di chiudere la vicenda è arrivato, infine, un comunicato dell'Eliseo in cui si denuncia come «vergognosa polemica» il modo in cui sono stati riportati i propositi del presidente. Sarebbe colpa di «certi media americani che non esitano a sparare contro la Francia», insomma della francofobia che sempre alligna al di là dell'Atlantico. Quanto al merito, «la Francia, assieme alla comunità internazionale, non può accettare la prospettiva di un Iran dotato di un'arma nucleare e gli chiede di rispettare i suoi impegni in nome del Trattato di non proliferazione, pur riaffermando il suo diritto al nucleare civile».
Incidente chiuso? Formalmente sì, nei fatti no. «Off» oppure «on», i propositi di Chirac confermano quel che si dice da tempo: che la Francia vorrebbe aprire con Teheran un canale diverso, privo dell'ombra pesante degli Stati Uniti. Ma a Chirac non restano che due mesi all'Eliseo, troppo pochi per una simile avventura.

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