Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Una panoramica del terrorismo islamista globale l'analisi di Dimitri Buffa
Testata: L'Opinione Data: 30 dicembre 2006 Pagina: 2 Autore: Dimitri Buffa Titolo: «UN ANNO DI LOTTA AL TERRORISMO»
Su l' OPINIONE, del 30/12/2006, l'analisi di Dimitri Buffa sugli sviluppi del terrorismo islamista globale.
A letto con il nemico pur di distruggere le metastasi del terrorismo islamico globale. Alla vigilia del 2007 si potrebbe riassumere così il cosiddetto stato dell¹arte della famosa guerra al terrorismo. Il mondo è costretto a chiedere a qualcuno di fare il lavoro sporco contro capi e militanti della jihad globale e non si può andare tanto per il sottile. Basta vedere quello che si è deciso di lasciare fare al regime etiopico, una volta nell¹area sovietica, contro le corti islamiche in Somalia. O anche leggere senza venire convinti dalla smentita del portavoce del presidente dell'Autorità nazionale palestinese (Anp), Mahmud Abbas, la notizia riportata da Haaretz secondo cui Al Fatah avrebbe ricevuto una fornitura d'armi da parte dell'Egitto con l'approvazione di Israele. ³Queste notizie sono totalmente false², ha dichiarato lo stesso giorno uno stizzito Nabil Rudeineh all'agenzia di stampa palestinese Wafa. Ma la stessa mattina l¹articolo pubblicato dal quotidiano israeliano 'Haaretz', una specie di ³Repubblica² locale, dava per sicuro il fatto che il Cairo avesse inviato 2mila fucili d'assalto AK-47, 20mila caricatori e due milioni di munizioni, stipati a bordo di quattro camion che sono giunti nella Striscia di Gaza dalla frontiera israeliana. Secondo il giornale si era trattato di una mossa adottata di comune accordo tra Abbas e il premier israeliano Ehud Olmert, allo scopo di consentire a Fatah, il movimento moderato del presidente palesinese, di rafforzarsi in vista di una possibile guerra civile contro le milizie di Hamas. Naturalmente il Likud e la destra religiosa ebraica non hanno salutato con tre urrah tutto ciò temendo sempre, ragionevolmente, che queste armi possano un giorno essere usate contro cittadini israeliani. Come avvenne più volte in passato ai tempi di Arafat. Riepilogando queste due notizie, cioè il ricorso dell¹occidente all¹Etiopia per stroncare al Qaeda in Somalia e quello dei palestinesi dell¹Olp a Israele per sconfiggere i Fratelli mussulmani di Hamas in una futura guerra civile nei territori, si ha la cifra di come si sia spostato in avanti il fronte per la lotta al terrorismo islamico nel mondo. Oramai ogni tabù è caduto e, sia per conservare la propria autorità e il proprio potere sia per evitare un contagio jihadista che in certe regioni del mondo supera quello dell¹Aids e dell¹epatite B messi insieme, si può delegare anche al nemico o a un amico poco presentabile il compito ingrato di mettere le mani nella merda. Cioè di fare il famoso lavoro sporco che a parole tutti dicono di non volere fare. D¹altronde da qui al 2008 sarà una corsa contro il tempo per vincere definitivamente questa guerra al terrorismo islamico e proprio il blitz etiopico tra Jowar, Baido e Mogadiscio insegna che per ottenere risultati bisogna andarci con la mano pesante. Tanta fretta d¹altronde è dovuta al fatto che proprio dopo la fine del 2008 potrebbe cambiare il colore dell¹amministrazione americana. E, nel caso che riemergessero dall¹oblio figure sinistre come quelle dell¹ex segretario di Stato James Baker, di cui oggi nessuno chissà perché ricorda più i coinvolgimenti nello scandalo Iran-Contras, o quelle ancora più apocalittiche di Jimmy Carter e Bill Clinton, la lotta al terrorismo islamico potrebbe subire un altro micidiale stop. Che potrebbe avere effetti paragonabili alle assurde scelte geopolitiche di Carter che portarono Khomeini al potere in Iran o ai tentennamenti di Clinton, che di fatto inventarono questo nuovo pericolo globalizzato che si chiama Al Qaeda. D¹altronde nel piano Baker per il Medio Oriente, che George W. Bush non ha alcuna intenzione di prendere sul serio, si ipotizza il ritiro dall¹Iraq e il coinvolgimento di Siria e Iran per stabilizzare la regione. E quindi, Dio non voglia, dovessero ritornare quelle ³zecche² dei democratici al potere in America, il mondo conoscerebbe un nuovo lunghissimo e pericolosissimo periodo di ³appeasement² (traduzione non politically correct del lemma luocomunista ³dialogo² in italiano, ndr) che non potrebbe fare altro che rafforzare la lotta del jihadismo di Bin Laden contro tutti noi. Per questo è prevedibilissimo che il 2007 sarà l¹anno cruciale della lotta (e nella lotta) al terrorismo islamico in tutto il mondo. E che la tendenza a usare metodi diretti come quello adoperato in questi giorni dal premier etiopico Meles Zenawi (che ha detto ai giornali di avere intenzione di inseguire le truppe in rotta delle corti islamiche finanziate dal qaedismo saudita e pachistano) sarà sempre più di moda. E anche i palestinesi moderati che non vorranno finire nelle fauci della teocrazia terroristica di Hamas dovranno chiedere aiuto all¹ex nemico israeliano ringraziandolo anche tanto per il disturbo.
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