A pag. 6 di City del 18 dicembre 2006 la redazione riporta un articolo dal titolo: "Gaza, è quasi una guerra civile Granate sull'ufficio del presidente". Una cronaca di ciò che sta avvenendo nei territori "governati" dall'Anp, nella quale in fondo si legge:
Il silenzio di Israele Spicca il silenzio di Israele, che non commenta in alcun modo, benché "tifi" per Abu Mazen: se quest'ultimo vincesse le elezioni sarebbe spianata la strada per la ripresa di negoziati. Ma un "avversario" debole non è sgradito a Tel Aviv (Reuters, AP)
Se Israele interviene è sbagliato, imperialista, si intromette negli affari interni, ecc. Se sta zitto, "spicca il [suo] silenzio. Insomma qualunque cosa faccia è sempre sbagliata (quando va bene, perché quando va male è criminale).
A spiccare, invece, nel nostro City, è l'indicazione della capitale che non è Tel Aviv, bensì Gerusalemme.
Ricordiamo che è lo stesso giornale che la scorsa settimana imputava ad Israele la rottura della "fragile tregua".
A pag. 6 di Epolis di oggi Giuliana Sgrena firma un articolo dal titolo: "La palestina sull'orlo di una guerra civile". Un'analisi sostanzialmente corretta, ma con in fondo l'(immancabile) malalingua su Israele, in cui si ribalta totalmente la realtà dei fatti, accusando Israele di ciò che combinò Arafat:
Per ora le notizie che giungono dalla Palestina fanno temere il peggio ed è difficile prevedere l'esito elettorale, soprattutto se Hamas manterrà il boicottaggio annunciato. L'isolamento imposto dal mondo occidentale e in particolare dall'Europa, principale donatore dei palestinesi, non sembra aver tolto sostegno ad Hamas, che aveva raccolto il voto di protesta di chi non aveva più fiducia nel dialogo. Gli accordi di Oslo, le concessioni fatte dal presidente Arafat non hanno infatti ottenuto i risultati promessi. La comunità internazionale non ha fatto nulla per indurre Israele a mantenere gli impegni, tranne di penalizzare tutti i palestinesi per il successo elettorale dei fondamentalisti.
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