Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Manifestazione per gli studenti iraniani giovedì 21 dicembre, ore 20, davanti all'ambasciata della Repubblica islamica
Testata:Il Foglio - L'Opinione - Corriere della Sera Autore: la redazione - Dimitri Buffa Titolo: «Le stelle si vedono al buio. Si manifesta per gli studenti d’Iran - I giovani ebrei aiutano gli studenti di Teheran - Lettera all'ambasciatore dal comitato Teheran Adesioni»
Dal FOGLIO del 19 dicembre 2006 (cliccare l'immagine a fianco):
Roma. La libertà di parola in Iran è un diritto che spetta ai negazionisti, a coloro che possono discettare dell’Olocausto mai esistito e potranno farlo anche in futuro, rivolgendosi a quella fondazione sorta in seguito alla conferenza di Teheran, guidata da Mohammad Ali Ramin, uno per cui – in linea con il presidente – i sionisti sono responsabili di tutti i mali del mondo, dall’11 settembre all’aviaria, uno per cui Israele scomparirà presto dalla mappa geografica del mondo. La libertà di parola certo non spetta a quegli studenti che, in un moto di coraggio, hanno affrontato Mahmoud Ahmadinejad nel giorno dell’inaugurazione della conferenza “negasionista” (lunedì scorso), gli hanno sventolato sotto il naso il cartello “morte al tiranno” e gli hanno pure lanciato una scarpa, affidandosi soltanto al passaparola, l’unico non intercettabile dai tanti infiltrati dei pasdaran e delle Guardie della rivoluzione per mantenere sotto controllo le proteste. Tutto a volto scoperto, guardandolo in faccia – “sembrava dovesse piangere”, ha detto uno di loro al Guardian parlando del presidente – e urlando la propria lontananza da questa leadership, da questo Iran. La libertà di parola non spetta a questi studenti, che ora vivono nella paura, costretti a tornare “underground” per non finire nelle mani degli uomini di Ahmadinejad, che sono capaci di tutto, come dimostra quel che è successo al capo della “rivolta degli autobus” – che portò a uno sciopero prolungato dei mezzi di trasporto all’inizio dell’anno – la cui irriverenza fu punita passandogli un rasoio sulla lingua. La libertà di parola non spetta agli studenti di Teheran. Per loro, per la loro incolumità fisica e per sostenere il loro coraggio, giovedì 21 dicembre è stata organizzata una manifestazione a Roma, sotto l’ambasciata iraniana. Tra i promotori ci sono Forza Italia giovani, Sinistra giovanile, Azione giovani, Giovani della Margherita, Federazione dei giovani socialisti, Giovani Italia dei Valori, Giovani Verdi, G i o v a n i dell’Udeur, Partito radicale transnazionale, Arciragazzi, Forum nazionale dei g i o v a n i , G i o v a n i delle Acli, Federazione universitaria dei cattolici italiani, Unione degli studenti, Unione degli universitari, Movimento studenti cattolici, Azione universitaria, Associazione giovanile studenti iraniani, Generazione U, Giovani musulmani d’Italia (per l’adesione basta inviare un’e-mail a teheran2007@libero.it). I promotori hanno anche scritto una lettera all’ambasciatore iraniano, perché a gennaio vorrebbero andare a Teheran. Le notizie che arrivano dall’Iran non sono per nulla confortanti. Almeno tre o quattro di quelli che affrontarono Ahmadinejad al Politecnico – in particolare il giovane che aveva un cartello con la scritta: “Presidente fascista” – sarebbero scomparsi. Uno partito, altri nascosti – dice il Guardian. Secondo altre fonti, potrebbero essere finiti nella prigione di Evin, nella sezione 209, la camera della tortura. Vivono in fuga, braccati e la paura non riguarda soltanto coloro che hanno affrontato Ahmadinejad, ma tutti i giovani politicamente attivi. Giovedì scorso, il quotidiano Javan ha scritto che al comitato di direzione del Politecnico è arrivato ordine di “occuparsi” dei giovani universitari, perché si teme un contagio. Già subito dopo l’affronto studentesco – secondo una dettagliata ricostruzione del Guardian – Ahmadinejad cercò di ridicolizzare i ragazzi, ricordando loro che il codice disciplinare prevede tre stelle per i più indisciplinati, il che equivale alla sospensione dagli studi. “Disse che avrebbe rilasciato un ordine presidenziale per mandare i ragazzi con tre stelle a fare i sergenti nell’esercito. Questo fece arrabbiare molto gli studenti”, ha raccontato Babak Zamanian, portavoce del Comitato studentesco dell’Università Amir Kabir. Almeno settanta studenti sono stati sospesi e minacciati di espulsione. I vigilantes piantonano i pensionati dove dormono gli studenti “ribelli”. Temono un contagio. Il giorno della protesta al Politecnico, infatti, ci furono manifestazioni anche in altre grandi università del paese, al grido “l’università è viva”. E nonostante il silenzio dei mass media – soprattutto quelli internazionali – le “ribellioni” ci sono state anche in passato. Ma ora, dopo che tutti hanno sentito la voce dei ragazzi, s’attende una dura repressione. Tra gli studenti, molti temono che ci saranno ripercussioni per le prossime iscrizioni all’università. “Pensiamo che le autorità reagiranno in modo peggiore rispetto a quanto hanno già fatto – ha detto Armin Salmasi, un attivista – Siamo già sotto costante sorveglianza. Il movimento studentesco sta per tornare sotterraneo, com’era appena prima della rivoluzione”. Ahmadinejad aveva già messo in atto un giro di vite nelle università, minacciando professori e cacciando studenti. Adesso i ragazzi sono in fuga, “la morte è una possibilità, siamo tutti morti che camminano”, disse uno dei ribelli dopo quel coraggioso “morte al dittatore”.
Dall'OPINIONE, un articolo di Dimitri Buffa:
Fatti e non solo e sempre parole. Per la sera di giovedì 21 dicembre l’Unione dei giovani ebrei d’Italia ha promosso una manifestazione rigorosamente bipartisan contro il tiranno antisemita Mahmoud Ahmadinejad davanti all’ambasciata di Teheran in via Nomentana. Scopo dell’iniziativa promossa tramite tam tam su internet attraverso l’e mail teheran2007@libero.it è quella di convogliare quanta più gente possibile in solidarietà di studenti e manifestanti contro il regime che in questo momento potrebbe anche crollare da solo senza l’aiuto delle bombe intelligenti iraniane e israeliane. Magari semplicemente con un bombardamento di informazione e di blog che sulla rete girano ormai da anni.
Aderiscono alla fiaccolata un po’ tutte le organizzazioni giovanili della politica italiana: Forza Italia giovani, Sinistra giovanile, Azione giovani, Giovani della Margherita, Federazione dei giovani socialisti, Giovani Italia dei Valori, Giovani Verdi, Giovani dell’Udeur, Partito radicale transnazionale, Forum nazionale dei giovani, Giovani delle Acli, Federazione universitaria dei cattolici italiani, Unione degli studenti, Unione degli universitari, Movimento studenti cattolici, Azione universitaria, Associazione giovanile studenti iraniani, Generazione U, Giovani Musulmani d'Italia. Come si vede brillano per la propria assenza solo le sigle giovanili del partito di Diliberto e di quello di Bertinotti.
Strana circostanza questo menefreghismo marxista nei confronti di un governo nazional socialista e teocratico. Forse la versione 2006, rigorosamente islamically-correct, del patto Molotov-von Ribbentrop? In molti se lo chiedono ma ormai sono domande retoriche: purchè siano dittatori eanti americani, nonché anti israeliani, i comunisti ormai appoggerebbero pure un dei novelli Hitler.
Nel manifesto vergato dai giovani ebrei italiani si legge invece che il coraggio degli studenti di Teheran non merita gli squallidi distinguo politici all’italiana: “Tra le pieghe dell’intricata vicenda iraniana, tra i proclami nefasti di Ahmadinejad ed il tragicomico convegno negazionista della Shoà organizzato dalla diplomazia persiana, due giorni fa abbiamo assistito – più o meno consapevoli – ad una straordinaria lezione; impartitaci, con grande coraggio, da un manciata di studenti della facoltà di ingegneria di Teheran non organizzati e non affiliati (a quanto si sa) a particolari associazioni o a più o meno clandestini partiti politici. Questi ragazzi, nel mezzo di un intervento del presidente della repubblica islamica nell’aula magna dell’ateneo, si sono alzati in piedi al grido di “morte al tiranno”, decidendo di far sentire la propria voce. Ad ogni costo. Ben consapevoli dei pericoli e dei rischi a cui andavano incontro. Sicuri di ricevere le tre stelle che nell’assurda classificazione oscurantista designano lo “studente sovversivo”. Per incoraggiare questo coraggio ci vuole quindi tantaonestà intellettuale. E quindi sarà un bene esserci giovedì davanti a quella ambasciata, simbolo involontario del regime più infame del mondo.
Infine, una cronaca dal CORRIERE della SERA :
ROMA — La lettera è partita ieri mattina e, per il momento, è ancora senza risposta. Una ventina di righe appena, indirizzate a Bahram Ghasemi, l'ambasciatore iraniano in Italia. Ma che in realtà hanno un altro destinatario, Mahmud Ahmadinejad, il presidente che lunedì scorso all'Università di Teheran non ha trovato la solita folla sorrisi e applausi, ma la contestazione di un gruppo di studenti che lo hanno accolto al grido di «Morte al dittatore». La lettera è firmata dal Comitato Teheran 2007, il cartello di associazioni che per dopodomani ha organizzato, proprio sotto l'ambasciata iraniana, una manifestazione di solidarietà con quel gruppo di coraggiosi contestatori. Un'iniziativa di Tobia Zevi, presidente dell'Unione giovani ebrei d'Italia, alla quale, dopo un appello sostenuto dal quotidiano il Foglio, hanno aderito associazioni giovanili di varia ispirazione e colore politico: Giovani musulmani d'Italia, Forza Italia giovani, Sinistra giovanile, Azione giovani, Giovani della Margherita, Giovani Verdi, Arci ragazzi, Giovani delle Acli. Pieno spirito bipartisan con l'eccezione, almeno per ora, dei giovani comunisti. In quelle righe il Comitato Teheran chiede all'ambasciatore un breve incontro nel corso della manifestazione per avere «ragguagli sulle condizioni degli studenti che hanno protestato». E chiede anche che una ristretta delegazione sia autorizzata a partire per Teheran a gennaio, in modo da poter incontrare gli studenti e parlare direttamente con loro «spinti dalla voglia di dialogare e confrontarsi». L'appuntamento è per dopodomani all'angolo tra via Nomentana e via di Santa Costanza, a pochi metri dall'ambasciata. Nessuna bandiera, uno slogan un po' angosciante «Iran, dove sono finiti?», un palco sul quale si alterneranno i rappresentanti delle varie associazioni. I contatti sono stati appena avviati, ma è probabile la partecipazione (o almeno l'adesione) non solo dei giovani ma anche dei big della politica.
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