Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
La maggioranza democratica al Congresso caccia Bolton efficace ambasciatore americano alle Nazioni Unite, fedele al presidente Bush: una cronaca di Maurizio Molinari e un'analisi del Foglio
Testata:La Stampa - Il Foglio Autore: Maurizio Molinari - la redazione Titolo: «Bush perde Bolton all'Onu - Lascia anche Bolton e ora Bush è costretto a nomine più piacione»
Dalla STAMPA del 5 dicembre 2006:
DA NEW YORK George W. Bush perde il falco John Bolton come ambasciatore all’Onu nel giorno in cui riceve nello Studio Ovale Abul Aziz al Hakim, il leader sciita iracheno più vicino a Teheran. Quanto avviene fra il Palazzo di Vetro e la Casa Bianca descrive il riorientamento politico del presidente americano, obbligato a rivedere scelte e strategie in vista di due anni di convinvenza con il Congresso a guida democratica che si insedierà a gennaio. Al Palazzo di Vetro Bolton ha deciso di gettare la spugna di fronte alle dichiarazioni di guerra giunte da Capitol Hill, dove il senatore Joe Biden - nuovo presidente della commissione Affari Esteri - aveva fatto sapere che non sarebbe stato riconfermato. Bolton aveva bisogno di questo voto di riconferma poiché nel 2005 Bush lo aveva nominato con un espediente normativo, superando le obiezioni di senatori democratici ed anche repubblicani, ma l’esito delle elezioni di Midterm ha escluso tale possibilità ed a Bush non è rimasto che accettare le dimissioni, rendendo omaggio al «lavoro svolto su Iran, Nord Corea e Darfur». Sulla carta Bush avrebbe potuto tentare un’ulteriore scorciatoia, mantenendo Bolton all’Onu con un titolo diverso da ambasciatore, ma la Casa Bianca non può permettersi una decisione destinata ad aprire il conflitto con il Congresso. Con l’uscita di scena di Bolton il presidente si priva di uno dei neoconservatori più brillanti dell’amministrazione nonché uno dei collaboratori più fidati e questa perdita conferma la scelta di un riassetto dell’amministrazione in favore dei repubblicani più pragmatici come Robert Gates, designato al Pentagono, e James Baker, capo della commissione che domani consegnerà alla Casa Bianca il rapporto con le raccomandazioni sul «cambio di strategia» in Iraq. Proprio Baker da tempo sostiene la necessità di un maggiore coinvolgimento di Siria ed Iran nella stabilizzazione dell’Iraq e ieri Bush ha compiuto un passo in questa direzione ricevendo nello Studio Ovale Abdul Azim al Hakim, il leader del maggiore partito sciita iracheno «Sciri», a capo di una milizia di 25 mila uomini armati nonché legato a doppio filo con la Repubblica Islamica. Al Hakim è un capo religioso il cui pensiero politico è costante espressione delle indicazioni del Grande Ayatollah Alì Sistani. Si tratta di una decisione tanto più rivelatrice dei disegni della Casa Bianca quanto al Hakim a Baghdad è un avversario politico di Nuri al Maliki, il premier sciita che Bush ha incontrato ad Amman giovedì scorso. Al termine del colloquio Bush si è presentato di fronte alle tv assieme ad Al Hakim che, vestito con il tradizionale abito dei religosi sciiti, si è limitato a leggere una dichiarazione scritta contenente tre impegni: «Iraq agli iracheni», «lotta al terrorismo» e «collaborazione con tutti gli amici della regione», ovvero anche Teheran. Poche ore prima al Hakim aveva consegnato al Segretario di Stato, Condoleezza Rice, la richiesta di «mantenere le truppe americane in Iraq» grazie alla quale domani Bush affronterà con maggior sicurezza i suggerimenti della commissione Baker.
Dal FOGLIO:
Milano. John Bolton lascia il posto di ambasciatore americano alle Nazioni Unite e Bush è costretto a perdere un altro tassello della sua squadra di politica estera, questa volta a causa di un senatore repubblicano moderato, peraltro sconfitto alle elezioni di metà mandato del 7 novembre. L’incarico temporaneo di Bolton scade a gennaio, quando si insedierà il nuovo Congresso a guida democratica uscito vincitore dalle elezioni di mid-term. Il presidente George W. Bush aveva nominato Bolton nell’agosto del 2005, approfittando della chiusura estiva del Senato e dopo che il senatore repubblicano del Rhode Island, Lincoln Chaffee, in commissione Esteri del Senato aveva deciso di non dare il suo parere favorevole alla conferma, impedendo quindi a Bolton di ottenere il voto dell’aula, dove avrebbe ottenuto una facile conferma vista la maggioranza repubblicana di 55 senatori contro 45. Un mese fa, malgrado la sconfitta elettorale, la Casa Bianca aveva deciso di rimandare al Senato la nomina di Bolton, provando a ottenere la conferma dell’ambasciatore dall’attuale Congresso repubblicano. Senonché il senatore Chaffee, ormai ex perché sconfitto alle elezioni di metà mandato da un candidato democratico, ha deciso di mantenere la sua opposizione, cancellando le possibilità di Bolton di continuare il suo lavoro al Palazzo di vetro. C’era chi credeva che i democratici avrebbero cambiato idea su Bolton, accusato due anni fa di essere incapace di chiudere accordi diplomatici a causa della sua intransigenza ideologica. Ex vicepresidente dell’American Enterprise Institute ed ex direttore del Project for a New American Century, Bolton è un conservatore tradizionale, ex collaboratore di James Baker, molto vicino al vicepresidente Dick Cheney e considerato il più unilateralista in un’Amministrazione di unilateralisti. In realtà si devono a lui le grandi iniziative multilaterali di Bush, dai colloqui a sei con la Corea del nord alla Proliferation Security Initiative, cioè l’alleanza multilaterale di chi vuole fermare la corsa alle armi di sterminio da parte dei “paesi canaglia”. All’Onu, invece, Bolton è stato efficacissimo, tanto che in pochi mesi è riuscito a ottenere risoluzioni sulla Siria, sulla Corea del nord, sull’invio delle truppe in Libano ed è a un passo dall’accordo al Consiglio di sicurezza sull’Iran. “E’ una vergogna, ma anche una disgrazia – dice il direttore del Weekly Standard Bill Kristol – John Bolton è stato un grande ambasciatore, uno dei pochi funzionari governativi leali al presidente e capaci di portare avanti la politica della Casa Bianca”. L’analista della Heritage Foundation, Nile Gardiner, spiega che Bolton è stato “in prima linea contro i tiranni e dittatori del mondo e contro l’ipocrisia delle Nazioni Unite sul genocidio in Sudan”. Secondo Kristol, George Bush non ha difeso a sufficienza Bolton, né l’ha proposto per il posto di vicesegretario di stato, appena liberatosi per le dimissioni del vice di Condoleezza Rice, Philip Zelikow. Da quel posto, dice Kristol, Bolton avrebbe potuto continuare il suo lavoro all’Onu, ma evidentemente Bush aveva in mente altri progetti.
Il favorito è l’ambasciatore in Iraq, Khalilzad A Washington sono cominciate a circolare le liste dei possibili candidati per sostituire Bolton. Il favorito è l’attuale ambasciatore americano in Iraq, Zalmay Khalilzad. C’è chi scommette sull’ex leader democratico al Senato, George Mitchell, considerando che il nominato dovrà ottenere il voto prima dalla commissione Esteri e poi dal Senato, entrambi a maggioranza del Partito democratico. Motivo per cui il sogno dei conservatori della National Review di avere all’Onu l’ex senatore della Pennsylvania, Rick Santorum, ha scarse chance. Il New York Times punta anche su Zelikow, su Paula Dobriansky, attuale sottosegretario di stato alla promozione della democrazia, e addirittura sullo stesso Lincoln Chafee che ha impedito il voto del Senato su Bolton. Bush dovrà nominare anche il vice di Condi Rice e il vice del nuovo segretario alla Difesa, Bob Gates, dopo le dimissioni del braccio destro di Donald Rumsfeld, Stephen Cambone. Con il nuovo Senato controllato dai democratici sarà difficile che per questi tre posti, a cominciare dalle Nazioni Unite, Bush possa nominare personaggi come John Bolton, uno che quando un giornalista gli chiese quale fosse la politica americana sulla Corea del nord nuclearizzata, prese dalla libreria un libro dal titolo “The End of North Korea”, “la fine della Corea del nord”, lo posò sulla scrivania e disse: “Questa”.