Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Diliberto declina ogni responsabilità Luca Ricolfi spiega perché, insieme a molti altri, ne ha di gravi
Testata:La Repubblica - La Stampa Autore: Antonello Caporale - Carlo Bertini - Luca Ricolfi Titolo: «Io mai più insieme ai provocatori - Io vado avanti e tornerò in piazza - Chi intossica i ragazzi»
Oliviero Diliberto denuncia su REPUBBLICA fantomatiche "provocazioni" (addirittura dei servizi segreti) alla manifestazione antisraeliana e antitaliana di Roma. Il quotidiano offre spazio a queste patetiche farneticazioni, in terza pagina, con il titolo ""Io mai più insieme ai provocatori" , che fa sembrare il segretario del Pdci un ingenuo vittima di una macchinazione. Ecco il testo:
ROMA - L´uomo ama parlar chiaro. E amici e avversari - condividendo per una volta lo spirito al quale informa sempre i suoi atti - hanno deciso di ripagarlo con la stessa moneta. Oliviero Diliberto non ha mai avuto così tante attenzioni dal Parlamento italiano, mai così unito. Decine di dispacci di agenzia, tutti a dargli addosso di santa ragione. D´Alema ha toccato l´eccellenza quando ha detto: «Io mi occupo del processo di pace tra israeliani e palestinesi. Non tra i Comunisti italiani e Rifondazione». Onorevole Diliberto, accade a chi si avvicina troppo al fuoco. Le fiamme forse hanno un po´ bruciacchiato la sua immagine. «Non fanno per me questi calcoli, non valuto la convenienza, l´immagine di cui parla lei». L´immagine, puah! «In piazza ci sono andato e ci andrò sempre per le cause giuste». Le probabilità che quel corteo finisse com´è finito erano alte. «Lo sapevo anch´io». Almeno questo calcolo se l´era fatto. «Mi ero detto: ci sono cinquanta probabilità su cento che esploda l´imbecillità di quattro disperati». Se l´era detto. Con la piazza forse ci ha giocato, dice Prodi. «Imbecilli». Non è più sufficiente chiamarli imbecilli, aggiunge Prodi. «Delinquenti, sono dei delinquenti». Lei dietro di loro. «Io me ne sono andato, il mio partito ha abbandonato il corteo appena questi signori, che vanno in piazza incappucciati, hanno iniziato la messinscena del sangue e del fuoco». Se in uno stadio un tifoso lancia un sasso in campo, la società ospitante porta la responsabilità oggettiva. «Nel diritto penale non esiste la responsabilità oggettiva». In politica sì. «Fossero stati militanti del mio partito li avrei piegati dalle botte. "Corcati" si dice a Roma». E costoro chi sono invece? «Non lo so. Dissennati anzitutto. Per metà incoscienti, non si rendono conto che provocano un grave danno alla causa che, in teoria, vorrebbero sostenere. Per l´altra metà credo che questo loro atteggiamento sia così dichiaratamente sporco e provocatorio da farmi venire in mente altri brutti pensieri». Brutti pensieri. In che senso? «Mah. La storia d´Italia è piena di apparati deviati che si servono della piazza, si intrufolano nella piazza... «. Apparati deviati? «Un gioco a cui noi siamo purtroppo abituati». Il Sismi che brucia il manichino italiano? L´agente segreto che urla "dieci, cento, mille Nassirya?". «Non mi faccia dire queste cose, non le ho dette». Però le pensa. «Non le penso. Affermo solo che la natura provocatoria di quei gesti è talmente flagrante e la storia d´Italia talmente fitta di deviazioni e sabotaggi che sono autorizzato a chiedermi: chi sono costoro, da dove vengono e, soprattutto, c´è dietro qualcuno?». Diliberto dietrologo. Una prova mai vista prima. «Senta, il corteo era superpacifico e questi incappucciati non più di dieci. Hanno raccolto le telecamere intorno a sé, i taccuini. E così è esploso il caso». E´ comunque un po´ allarmante vedere dei corpi, seppure di pezza, prima impiccati e poi bruciati. «Certo che lo è. Ma quanto opportunismo nella condanna e quanta ipocrisia nei miei colleghi!». Lei parla chiaro. Ieri forse ha sbagliato. Perché non ammetterlo? «No, questo no. Io chiederò al Forum della Palestina che ha organizzato il corteo non soltanto di condannare ma anche di cambiare le regole. D´ora in avanti io scenderò in piazza se la piazza sarà messa al sicuro da queste trappole mediatiche». D´ora in avanti Diliberto non marcerà dietro a gente che grida "D´Alema boia". «Erano gli antimperialisti, mi pare. E D´Alema sta facendo benissimo per il Medio Oriente. Detto da me può solo provocargli dei danni qui in Italia. Quindi mi fermo qui». Non vada più a fare i cortei con chi non conosce. Frequenti gente affidabile. «Bisogna ritornare a un bel servizio d´ordine. Che prima sterilizzi, cinga e si premuri di mandarli, come si faceva una volta, in coda al corteo, tenendoli a una distanza di sicurezza in modo che sia evidente la separazione dei due mondi. E poi convinca, persuada alla calma, alla tranquillità». Li convinca con le buone, naturalmente. «Con le buone, naturalmente».
Nell'intervista alla STAMPA , Diliberto mostra rivendica sprezzantemente la partecipazione alla manifestazione:
«Nessun autodafè», nè pentimenti postumi, «nessuno mi può negare il diritto di manifestare», anche perchè al governo non può che giovare che qualcuno tenga aperto un canale di dialogo con i no global. Oliviero Diliberto non ci sta a finire sul banco degli imputati per aver preso parte a quel corteo dove «15 provocatori» hanno rovinato tutto, facendo sì che «invece dei morti in Palestina, sui giornali e in tv si parlasse solo di quegli slogan». Anzi, il segretario del Pdci respinge gli attacchi al mittente, perchè se si fosse evitato «di spaccare il movimento» si sarebbe riusciti a «isolare fisicamente gli imbecilli, respingendoli ai margini, anche se non sto invocando i servizi d’ordine violenti degli anni ‘70». Da questa diatriba in scena da settimane sui «ministri di lotta e di governo», lui, Diliberto, ne può restare fuori a pieno titolo: «Io ho scelto di non entrare nel governo, non ho partecipato alla bagarre sulle poltrone, anche per eliminare il nodo della partecipazione a manifestazioni. E credo di avere dato dimostrazioni di lealtà a Prodi più di chiunque altro. Lezioni di unità non me le può dare nessuno. Prodi può stare tranquillo, da parte mia non avrà noie. Sono altri a dargliele e non da sinistra. Vedo nubi all’orizzonte ogni giorno. C’è un lavorio dei poteri forti che non amano questo governo e non amano Prodi». Intanto il premier le chiede di smetterla di giocare con la piazza... «Questa dichiarazione di Prodi va interpretata. Se dice che bisogna isolare i teppisti sono d’accordo. Viceversa, sbaglia, perchè noi non possiamo lasciare la piazza alla destra o agli estremisti. Non ritengo di danneggiare l’immagine del governo. Penso di aiutarlo mantenendo i rapporti con la piazza. Perchè il governo rischia di perdere consenso in aree che sono sue, come il mondo della cultura e delle università». Si dice che abbia avuto telefonate burrascose con il premier e con il ministro degli Esteri. E’ vero o no? «Non c’è stata nessuna telefonata nè ieri, nè oggi. Prodi e D’Alema sono persone serie e non farebbero telefonate minatorie. L’unica cosa che credo vada fatta è fare in modo che anche il Forum per la Palestina prenda le distanze da quei quindici che hanno compiuto gesti delinquenziali. Non devo essere solo io a denunciare queste cose, ma deve essere tutta l’associazione a isolare quei teppisti che bruciano fantocci. Anche io sono sdegnato e sono pure molto arrabbiato perchè la manifestazione è stata grande e sui giornali si è parlato solo di quei 15 che oggettivamente sono nemici della Palestina». Ma era prevedibile che vi fossero slogan di questo genere in quel corteo. Aveva messo in conto di finire sotto i riflettori? «Io non mi sento sul banco degli imputati, perchè se a Roma ci fossero stati tutti gli altri partiti della sinistra, quei 15 sarebbero scomparsi dentro un’unica grande manifestazione. Ma non è pensabile che uno si privi del diritto di manifestare per una causa giusta». A volerla guardare da un’altra angolazione, ieri lei ha segnato un punto nella gara con Bertinotti su chi ha più appeal nella prateria dei movimenti e dei no global. «Non faccio gare con Bertinotti, io manifesto per la Palestina da 25 anni. Ridurre questa nostra presenza ad una competizione con Bertinotti è una cosa miserabile. Sulla Palestina ho le carte in regola, me ne occupo da prima di tutti gli altri». Lei ha definito la politica estera di D’Alema la migliore degli ultimi anni. E il ministro degli Esteri ha lamentato ieri il fatto che bisognerebbe prendere le distanze da manifestazioni in cui si urlano slogan che offendono il nostro paese e paesi amici. Come gli risponde? «E’ davvero una miopia di prospettiva. Io prendo le distanze da quei teppisti, non dalle manifestazioni. Bisogna isolarli, impedire loro di partecipare e continuare però a manifestare. La linea di D’Alema è quella giusta. Quando il governo chiede l’invio dei caschi blu dell’Onu nei territori occupati da Israele è un cambiamento enorme di politica estera in cui mi ritrovo. E la manifestazione che chiede due popoli-due stati è in linea con le Nazioni Unite, non con Diliberto. L’episodio è gravissimo e non deve ripetersi, ma mi farebbe piacere che anche i nostri alleati non confondessero le cose».
Sia alle parole pubblicate su REPUBBLICA, sia a quelle dette al giornalista della STAMPA risponde perfettamente sul quotidiano torinese l'editoriale di Luca Ricolfi, conun richiamo alla responsabilità della demonizzazione di Israele valide anche per altri leader del centro-sinistra e per buona parte dell'informazione italiana.
Nella vita m'è capitato di conoscere un sacco di persone, non solo ragazzi, che sono sinceramente e entusiasticamente coinvolte in una causa politica. Negli anni scorsi mi è capitato anche, come sociologo, di occuparmi delle «missioni suicide» in Palestina, ossia di quei militanti (laici ed islamici) che si fanno esplodere contro obiettivi israeliani, perlopiù supermercati, ristoranti e autobus; ho imparato tante cose, che non sapevo e neppure immaginavo, e non ho mai smesso di volerne sapere di più. In quel periodo mi è successo varie volte di trovarmi a discutere con giovani e meno giovani che avevano le loro idee sulla causa del popolo palestinese. Ed è stato proprio in queste chiacchierate, cominciate sempre bene ma finite spesso amaramente, che mi sono accorto di un paio di cose. La prima: chi è impegnato in una causa, specialmente se e proprio perché è in buona fede, non ha nessuna disponibilità ad ascoltare qualsiasi argomento che possa indebolire la causa. La seconda: fra le cose che non si è disposti ad ascoltare ci sono anche le notizie puramente fattuali non appena queste possono anche minimamente scalfire le proprie credenze. La conseguenza di questo atteggiamento è una completa mancanza di curiosità. Gli eroi della tua causa sono fissati una volta per tutte nel loro mito, e guai a chi ti racconta qualcosa che potrebbe farli vacillare dal loro piedistallo su cui li hai messi.
Questi ricordi mi tornano alla menteoggi,guardandoleimmagini dei telegiornalie icommenti dei politici.ARomaun corteo porta a spasso tre fantocci impiccati, e poi li brucia: rappresentano un soldato israeliano, uno americano e uno italiano. Nel corteo risuona il triste slogan 10-100-1000 Nassiriya. Parlamentari della maggioranza partecipano al corteo e poi si dissociano. Tutte le maggiori cariche dello Stato, da Napolitano a Marini a Prodi a Bertinotti, esprimono la loro indignazione. I politici che hanno preso parte al corteo condannano, ma dicono che non possono essere considerati responsabili di quel che fanno quattro imbecilli, oggettivamente «nemici» della causa del popolo palestinese. Eh no, cari Diliberto e compagni, qui avete proprio torto, e ha sacrosantamente ragione il vostro presidente del Consiglio quando dice che dissociarsi non basta, e ci vuole «l'impegno a finirla di giocare con la piazza». Perché lo scandalonon è che ci siano quattro «imbecilli», «teppisti » o«provocatori» (come vi sbizzarrite a chiamarli) che fanno quello che fanno. Lo scandalo è che nessuno degli altri manifestanti li abbia fermati, che non siano stati subissatida unamareadi fischi, chenonci siano state decine di interviste a manifestanti che dicono: siamo sconvolti, ci vergogniamoper loro. Elosapeteperchénoncisono?Noncisonoperchéci siete voi,conle vostreanalisia senso unico, con la vostra faziosità, con le vostrececità,coni vostri sofismi,conlavostra sistematica opera d’ informazione a senso unico.Avoi non interessa affatto sapere come stanno davvero le cose in Palestina, capire diquantierrori-nonsolo israeliani- èfatta latragediadiquelpopolo,aiutare gliuniegli altriaparlarsi,comedisperatamente e ostinatamente fanno i migliori, i più coraggiosi, i più giusti, i soli veri eroi dientrambiicampi. Se i giovani che guidate nei vostri cortei vi stesserodavveroacuore, cerchereste di non lasciarli intossicare dall'odio e dall' ideologia,comepertroppianniètoccatoalla nostra generazione. Perché loro negli Anni60e70,quandoi cortei sientusiasmavano per le «eroiche» lotte di popoli regolarmentefinitiin dittature(ricordateilpresidente Mao? e l'ayatollah Khomeini?), loro non c'erano. Non c'erano perché non erano ancora nati. Ma noi sì, noi eravamo già nati, ed eravamo piuttosto grandicelli. Abbiamo già visto quel film. Come facciamo a non ricordare che anche allora non c'era (quasi) nessuno che andasse a verificare le cose, che avesse voglia di raccontare quel che vedeva, che provasse per un momento a togliersi di dosso le lenti dell' ideologia? Perché su tutto questo non sentiamoil «doveredellamemoria»? Ma a voi queste cose non sembrano importanti. Avoi non interessa capire, ascoltare, ragionare.Avoi non sta veramente a cuore il dialogo. No, a voi interessano solo i vostri giochipolitici,mettereil vostro vostromarchio su ciò che vi conviene. Perché se vi interessassedavveroil dialogo - quellamagica parola che tirate fuori dal cilindro solo quandoi cattiviminaccianoun'azionemilitare - allora vi porreste il problema di cominciare da voi stessi, dai vostri militanti, dalla gioventù idealista che spesso vi segue. Vi sforzereste di riempirli di interrogativi, di curiosità e anche di dubbi. Insegnereste loro che nessuna causa è buona seviinduceadisprezzarela verità,amentire agli altri e a voi stessi. Li aiutereste ad avere la mente sul serio libera,l'animo davvero sgombro dall'odio e dai pregiudizi. Gli fareste leggere l'orazione funebre di David Grossman in onore del figlio, morto combattendo una guerra che voi considerate sbagliata. Gli mostrereste quanto rispetto reciproco, quanto amore, quanta sofferta comprensione possa esserci fra un padre che crede nella pace e un figlio che sente il dovere di servire la patria. Se faceste tutto questo, se non scherzaste cinicamenteconl'idealismodeinostriragazzi, non ci sarebbero manichini bruciati. E se anche ci fossero, qualcuno li fermerebbe subito. Ma soprattutto a nessuno verrebbe in mente di chiederne contoa voi.