Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Il governo, gli estremisti e l'odio per Israele gli editoriali di Angelo Panebianco e Massimo Teodori
Testata:Corriere della Sera - Il Giornale Autore: Angelo Panebianco Titolo: «Medio Oriente, il nervo scoperto - Gli alleati filoterroristi»
Dal CORRIERE della SERA del 20 novembre 2006, un editoriale di Angelo Panebianco:
Quanto è accaduto alla manifestazione di Roma sul Medio Oriente (gli slogan sinistri su Nassiriya, i roghi di fantocci raffiguranti soldati israeliani, americani e italiani) era prevedibile data la natura dei gruppi partecipanti. E la tardiva presa di distanza di Oliviero Diliberto e dei suoi non ha evitato alla maggioranza di cui egli fa parte un grave imbarazzo, anche di fronte alla comunità internazionale. Le dure parole del premier Romano Prodi contro Diliberto e i Comunisti italiani segnalano che nella maggioranza si è aperto finalmente un contenzioso con le componenti che non hanno rinunciato alla contiguità con l'estremismo. La contemporanea manifestazione di Milano — cui avevano aderito anche Fassino e Rutelli — è stata tutt'altro. Ma anche lì c'era qualche motivo di imbarazzo. Come la richiesta degli organizzatori di azzerare i trattati di cooperazione con Israele. O il fatto che, nonostante lo sforzo di equidistanza nei discorsi, ci fosse un clima così poco favorevole a Israele da obbligare l'unico partecipante che ha avuto il coraggio di sfilare con una bandiera israeliana a farsi scortare dalla polizia (lo racconta Francesco Battistini sul Corriere di ieri). Quello di Israele è per il governo e la sua politica estera, anche a causa della presenza della sinistra estrema, il nervo più scoperto. Ma non tutto può ridursi al ruolo di Diliberto e soci. Il governo italiano, in sintonia con altri governi europei (come il francese e lo spagnolo), ha dato spesso la sensazione in questi mesi di essere piuttosto sordo alle ragioni di Israele. Prendiamo il caso di Gaza. È facile condannare Israele quando, rispondendo ai missili che cadono continuamente sul suo territorio, uccide per errore dei civili. Ma perché non chiedersi come sia stato possibile che i palestinesi abbiano sprecato, proprio a Gaza, la loro grande opportunità? Gli israeliani si erano ritirati unilateralmente. Anziché cogliere al balzo l'occasione e fare di Gaza la prefigurazione di quel progetto «pace contro territori» da cui solo potrebbe nascere un giorno il loro Stato, cosa fanno i palestinesi? Trasformano Gaza in un avamposto per attacchi in territorio israeliano. Come si potrà chiedere in futuro agli israeliani di fidarsi, di cedere altri territori? È di moda nella sinistra italiana citare lo scrittore David Grossman ma non lo si cita per intero. Si elogia la sua volontà di pace, si dimenticano le sue dure parole sui comportamenti palestinesi a Gaza. Si veda poi il caso del Libano. La forza di interposizione di cui facciamo parte rischia il fallimento. Ma non per colpa di Israele. I prigionieri israeliani non sono mai stati restituiti, e Hezbollah non solo non è stato disarmato ma ha continuato a ricevere armi da Siria e Iran. E ora minaccia quel governo Siniora la cui stabilità è essenziale per la continuazione della missione e per la pace in Libano. Il ministro degli Esteri Massimo D'Alema, giustamente, nell'intervista di ieri al Corriere, si è detto molto preoccupato. Come dal caso di Gaza anche da quello del Libano si possono trarre insegnamenti che dovrebbero spingere il governo italiano, come altri governi europei, a rivedere alcune delle loro posizioni, soprattutto a prendere atto del fatto che le più gravi minacce alla pace in Medio Oriente non vengono da Israele. Nel caso dell'Italia, le componenti riformiste della maggioranza dovrebbero fare di più, forse molto di più, per imporre questo punto di vista. Anche a costo di scontrarsi con la sinistra estrema.
Dal GIORNALE, un editoriale di Massimo Teodori
Deve far pensare il fatto che le sinistre di estrazione comunista seguitano a rimuovere i conti con il passato e liquidano le ambigue alleanze d'oggi con l'espediente della dissociazione dai responsabili dei gravissimi episodi di Roma. Non basta dire che i sostenitori dei terroristi sono degli «irresponsabili» (Prodi), dei «provocatori» (D'Alema), degli «imbecilli» (Fassino), o semplicemente «quattro delinquenti» come fa il compagno di manifestazione Diliberto. La questione è più grave e viene da lontano: riguarda sia la cultura politica che le scelte odierne del centrosinistra. È rivelatore il patriarca comunista Pietro Ingrao quando afferma che «quei giovani hanno magari tante convinzioni non dico uguali ma simili alle mie, eppure sbagliano». Ecco: c'è un'autorevole conferma che gli inneggiatori agli assassini di Nassirya sono dei compagni pur se sbagliano. Rappresentano le punte emergenti di una cultura annaffiata per tanto tempo dai comunisti per i quali l'anti-americanismo e l'anti-israelismo, parente stretto dell'anti-semitismo, sono stati pane quotidiano. Del resto non era proprio Ingrao che oltre cinquant'anni fa da direttore de l'Unità chiamava il presidente Truman «erede di Hitler»? E non era Giancarlo Pajetta a sostenere che Israele era il non plus ultra dell'imperialismo che bisognava combattere? Non sto affermando che i ragazzi dei centri sociali pensano ed agiscono secondo le direttive di Fassino e di D'Alema. Osservo solo che la semina della tradizione comunista ha prodotto quegli effetti che oggi si rivolgono anche contro la parte più responsabile del gruppo dirigente diessino che pure tenta di prendere le distanze dal passato. Senza tuttavia quella rottura nella pratica politica quotidiana che, soltanto, potrebbe infrangere il mito del continuismo di cui i «quattro delinquenti», gli «imbecilli» e i «provocatori» con i relativi referenti politici fanno integralmente parte. La verità è che risulta impossibile separare il leader del Pdci dai suoi compagni filoterroristi di cui ben conosceva posizioni e intenzioni nella manifestazione di Roma. Ed è anche difficile separare nella realtà politica del momento Prodi, D'Alema e Fassino dal loro alleato Diliberto. Aggiungo che è problematico anche contrapporre la «solidarietà ai palestinesi» della manifestazione di Milano con la «provocazione» di Roma, come scrive l'Unità. Perché gli accenti di condanna verso Israele sono iscritti, sia pure in maniera meno esplicita, anche nello spartito pacifista ed anti-imperialista della Tavola della pace, organizzatrice del corteo di Milano. In ultima analisi è la politica prescelta dal centrosinistra che oggi conferma il continuum tra la sinistra responsabile e i centri sociali. Infatti, della maggioranza fanno parte il Pdci, Rifondazione comunista, i Verdi, le sinistre ds e i cristiani radicali, i quali tutti hanno come avversari, se non nemici, i valori, le istituzioni e le nazioni dell'Occidente liberale, in particolare gli Stati Uniti ed Israele. Ha ragione la post-comunista Miriam Mafai quando si chiede come possa convivere la politica del ministro degli Esteri con coloro i quali non vogliono la pace ma semplicemente l'annientamento di Israele. La risposta ultima e significativa sta nell'equilibrio voluto dal presidente del Consiglio che si regge su un accordo di ferro con la sinistra massimalista ed anti-occidentale che condiziona quotidianamente l'intera politica del governo. Non ci meravigliamo perciò che i centri sociali continuino ad essere preservati come santuari nei quali si tiene accesa la fiamma che per tanti anni è stata alimentata dalla grande e tragica tradizione comunista-totalitaria. m.teodori@mclink.it