Da LIBERO del 19 novembre 2006, un'intervista a Fiamma Nirenstein sulle manifestazioni antisraeliane di Roma e Milano:
ROMA «La manifestazione di Roma ha il valore di un gesto da irresponsabili, per non dire da criminali. Quella di Milano è un assurdo storico. Io contesto soprattutto quella di Milano, dei cosiddetti "moderati". Perché simbolo di una sinistra confusa, che scende in piazza contro Israele per ritrovare alleati e unità, come storicamente è abituata a fare. In questo momento bisognava andare in piazza per difendere Israele, che ora, come non mai dal '48, è minacciato di distruzione». È un giudizio duro, sorretto da un'analisi precisa, quello che esprime Fiamma Nirenstein sulle manifestazioni che ieri si sono svolte nella Capitale e a Milano. La Nirenstein, nota scrittrice ed editorialista da Gerusalemme, si trova in Israele, da dove segue con attenzione quanto sta avvenendo in Italia proprio in questi giorni. E commenta la politica estera del governo Prodi, a cominciare dal rapporto con l'Iran: proprio due giorni fa ha il presidente Ahmadinejad ha scritto al premier per annunciare il proprio «impegno di Teheran per il dialogo». Il premier Prodi e il ministro degli Esteri D'Alema hanno creato una "via preferenziale" diplomatica con l'Iran, con il governo palestinese di Hamas, con Hezbollah. «Nel momento in cui si crea una equivalenza morale per cui si considera interlocutore chiunque faccia comodo, a prescindere da ciò che dice, pensa e pratica, e si considera alla pari un dittatore antisemita che nega l'Olocausto e che promette di distruggere con la bomba atomica Israele, alla fine ci si ritroverà minacciati pesantemente da coloro a cui ha voluto porgere la mano. Innanzitutto dentro l'anima». Perché proprio l'anima? «È una corruzione della nostra stessa psiche occidentale, perché alla fine non capiamo più chi siamo noi, qual è la nostra storia. Poi minacciati concretamente. I missili Shiaab 2 e 3 che proprio in questi giorni Teheran ha testato possono raggiungere le capitali occidentali con molta facilità. Stringe patti militari con la Siria, il che dimostra che poi, per le cose serie, l'Iran si sceglie gli interlocutori che gli convengono di più, come appunto la Siria e la Corea del Nord. Gli iraniani, ricordiamolo ancora una volta, finanziano gran parte del terrorismo internazionale, fatto certificato da quintali di documenti». E intanto il presidente iraniano minaccia apertamente Israele. «Ahmadinejad minaccia Israele tutti i giorni, con parole che qualsiasi persona di buon senso dovrebbe analizzare attentamente e tenere presente per agire di conseguenza. E poi ci sono le minacce concrete di tutto lo schieramento integralista islamico formato da Hezbollah, da Hamas e dai loro sostenitori siriani, anche se non sono integralisti islamici. Un fronte che ha larghi appoggi anche in Occidente». In particolare, come giudica la politica estera di D'Alema? «Quando Massimo D'Alema ha criticato pesantemente Israele per la guerra del Libano o per la risposta militare agli ultimi attacchi al suo territorio, ha fatto ripensare all'antico clichè degli "ebrei assetati di sangue", uno dei capisaldi dell'antisemitismo. Qui non si tratta semplicemente di rivolgere delle critiche agli israeliani». Torniamo alle due manifestazioni proPalestina. Lo sa che hanno trascinato, e anche bruciato, in piazza a Roma, manichini che rappresentavano soldati israeliani, italiani e americani? «Gli eroi di chi fa questo si chiamano Osama Bin Laden, Saddam Hussein, Nasrallah, ossia personaggi che amano la morte più della vita, che usano la scelta cosciente di colpire i civili come arma privilegiata, e che osano dire che agiscono in nome di Dio». Perché la sinistra organizza manifestazioni che poi diventano anti-israeliane? «Quando la sinistra, storicamente, ha avuto delle difficoltà, non ha trovato unità, ha scelto sempre un terreno "sicuro" per riscattare i suoi dubbi o i suoi sbandamenti, per cercare nuove alleanze e sostegni. Ora con i cattolici terzomondisti ora con la sinistra estrema, ora con i pacifisti: si scende in piazza contro Israele. I dissidi interni, i disaccordi fondamentali con gli alleati, si sono sanati con un accordo sulle questioni internazionali, in particola- re su quella mediorientale. E sono nate distorsioni ideologico-semantiche». Parliamo di parole sbagliate? «Sì, perché la parola "terrorista" si è trasformata in "combattente per la libertà", l'espressione "difendere un tiranno" è diventato "difendere giustizia e libertà dei popoli". Se la sinistra vuole essere coerente con se stessa, con le proprie radici ideologiche, storiche, culturale, deve completamente rivedere la sua visione della questione mediorientale, a partire dal "gran rifiuto" arabo e persiano dell'esistenza di Israele, il rifiuto dell'integralismo islamico rispetto all'esistenza stessa di Israele. È difficile creare due Stati e due popoli in queste condizioni». Si torna sempre a questo punto: il riconoscimento di Israele. «Qualche giorno fa su Haaretz, quotidiano israeliano di sinistra, è comparsa un'intervista ad alcuni leader di Hamas, i quali, senza reticenze, sostengono che i missili Kassam lanciati da Gaza su Israele e i suoi civili saranno sempre più potenti. E quando il giornalista chiede perché Hamas rifiuta di riconoscere Israele, tranquillamente rispondono: "Perché Israele è destinato a sparire, Israele è solo un episodio nella Storia e noi lo chiuderemo"».
Sempre da LIBERO, il commento di Angelo Pezzana:
Soltanto l’ipocrisia del linguaggio politico e mediatico poteva definire “ marcia per la pace “ le due manifestazioni di ieri a Roma e a Milano, organizzate dalla sinistra, in tutte le sue colorazioni, dal cattolico al comunista, . Ovvero come risolvere il conflitto mediorientale con slogan, striscioni e aria fritta. Quella di Milano, autopresentatasi come moderata, aveva ricevuto la benedizione di Fassino e Rutelli, i quali, a scanso di possibili equivoci, si erano premurati di avvisare che “per precedenti impegni” non avrebbero potuto partecipare. C’è stata però quella del sindacato, che, quando di tratta di criticare Usa e Israele, non si tira mai indietro. Quella di Roma, dal taglio più estremo, era invece nelle mani dei comunisti a sigle varie, Diliberto & Company, tutti duri e puri, abituati, sotto lo sguardo solidale del non dimenticato bombarolo Monsignor Capucci, a richiedere severe punizioni internazionali contro Israele. La sostanziale uniformità della maggior parte dei mezzi di informazione impediva però a noi, poveri cittadini informati scorrettamente, di capire che le due manifestazioni di ieri erano in realtà una sola, pensata,diretta e organizzata dal governo Prodi-D’Alema, e divisa in due tronconi, secondo l’antico adagio del marciare divisi per colpire uniti. E non poteva essere diversamente, vista la politica estera sciagurata di questo governo. Che, non a caso, riceve applausi e riconoscenti attestati da Hezbollah, dalle milizie di Hamas e dall’Iran, dove ad Ahmadinejad non par vero di aver trovato nell’Italia il grimaldello che cercava per ricrearsi una immagine in Europa. La visita del suo vice ministro degli esteri dell’altro giorno a Roma, accolto con il tappeto rosso da Prodi e D’Alema, ne è la prova. Ieri abbiamo riascoltato la solita zuppa di invocazioni, dal “ due stati per due popoli” alla richiesta, ultima in ordine di tempo, di boicottaggio contro Israele. Nessuno però che si sia preso la briga di porgere un po’ di attenzione al fatto che il governo di Hamas, eletto regolarmente dalla maggioranza dei palestinesi, abbia dichiarato ufficialmente che uno Stato palestinese, indipendente e sovrano (democratico no, per carità, sarebbe pretendere troppo), non rientra nei suoi programmi, i quali prevedono il futuro Stato arabo su tutto il territorio, dalla Giordania al mare mediterraneo. Dove c’è Israele, appunto, che dovrebbe annullarsi, sparire dalle carte geografiche, come l’Hitler di Teheran ha più volte annunciato al mondo intero. Anche Fassino, che ieri ha scritto al Corriere una lunga lettera per dire ancora una volta quanto i DS sono buoni nei confronti degli ebrei, non ha fatto altro che rifriggere la solita aria, pare che anche lui nessuno l’abbia informato che le cose sono cambiate, che Israele non ha, al momento, nessun interlocutore con il quale trattare, quindi non si capisce con chi dovrebbe sedersi al “tavolo della pace”, visto che nessuno fra quelli che l’attaccano ne riconosce l’esitenza e la legittimità. Un lungo articolo, quello di Fassino, per non dire niente di concreto, solo buone intenzioni, di quelle però che lastricano l’inferno, e che sono tanto utili ai politici quando vogliono predicare bene sapendo di razzolare male. Che poi a Roma gli “estremisti” abbiano bruciato bandiere israeliane e americane, che abbiano insultato i nostri soldati con “ 10,100,1000. Nassirya”, questo rientra nel copione, come avvolgersi al collo con la Keffia di arafattiana memoria per far vedere da che parte si sta. Intanto su Israele continuano a cadere i missili Kassam, dalla Siria transitano le armi verso il Libano e che serviranno alle milizie di Nasrallah, sotto gli occhi delle truppe dell’Unifil, troppo impegnate a verificare che gli aerei di Israele stiano alla larga dai terroristi per accorgersi di quanto avviene. Le stesse truppe che, secondo i piani dello stratega D’Alema, dovrebbero posizionarsi al confine con Gaza, con lo stesso risultato, c’è da esserne sicuri.
Unica soddisfazione di un sabato sciagurato, pare che le due oceaniche sfilate abbiano raccolto meno bamba del previsto. Alla faccia di baffino e di mortadella, questo sì, è un buon segnale.
Da La PADANIA, un articolo di Dimitri Buffa sulla manifestazione di Roma :
Oramai gli slogan infami come ³!0,100,1000 Nassirya² non sono l¹eccezione,
ma la regola nelle manifestazioni pro Palestina. E anche questa volta gli
anti semiti di sinistra che hanno sfilato per Roma dietro le sigle
antagoniste e quelle dei Comunisti unitari di Diliberto non hanno deluso le
attese. Come sono arrivati a piazza Venezia hanno scandito l¹infame slogan
:²L¹Italia dall¹Iraq deve andare via, 10, 100, 1000 Nassirya².
Magari oggi leggeremo che si tratta di una minoranza sparuta di provocatori
che hanno guastato una manifestazione pacifica, oppure si sentirà il solito
Oliviero Diliberto bollare il tutto con un ³sono degli imbecilli².
Ma il lettore padano deve sapere che le cose non stanno così: l¹odio contro
i soldati italiani, quello contro Israele e gli ebrei in genere, quello
contro l¹America come categoria dello spirito ormai sono entrati nel dna di
questi che credono di essere dei ³compagni² e che sempre di più
assomigliano ai fascisti se non agli stessi nazisti. Stessi slogan, stessi
volantini militanti contro il diritto di Israele ad esistere, stesse
pubblicazioni clandestine in vendita al prezzo militante di 5 euro in cui si
vaneggia di complotti sionisti mondiali per dominare i media e l¹economia.
E infatti, a parte la solita offesa ai caduti di Nassirya, gli slogan truci
ieri a Roma hanno rappresentato una costante durante tutta la
manifestazione. Eccone uno: ³i palestinesi non sono terroristi, ma solo un
popolo che lotta contro i fascisti².
Cioè gli ebrei israeliani.
Altro slogan che andava per la maggiore, spesso preceduto da un comizietto
militante per spiegare al popolo l¹origine dello stato d¹Israele e per
chiarire le idee agli ipocriti che sfilavano a Milano facendo da foglia di
fico a quelli di Roma, era il seguente: ³ma quale pacifismo ma quale non
violenza, ora e sempre resistenza². O anche: ³la Palestina è una sola, ma
quali due popoli e due stati². D¹altronde non si contavano gli striscioni
che inneggiavano alla resistenza armata in Iraq, Palestina e in Libano.
Ci si può consolare constatando che gli arrabbiati di piazza Venezia non
superavano le 3 o 4 mila unità. Più o meno le stesse cifre dei
fiancheggiatori del terrorismo di sinistra negli anni¹70. Ora i loro
discendenti fiancheggiano il terrorismo islamico e credono sempre che i
fascisti siano gli altri.
Mai loro stessi. Magari gli ebrei e gli americani, quelli sì. Ma mai i
regimi arabo islamici, sempre dipinti come oppressi dal ³satana²
capitalista. Secondo la vulgata infusa nell¹estremismo islamico proprio dai
reduci comunisti della guerra fredda. Così questi signori che credono di
avere Allah e Che Guevara dalla loro parte, ieri distribuivano e indossavano
bandiere e fazzoletti gialli con sopra stampato il logo degli hezbollah.
Cioè un movimento terrorista creato dall¹Iran a immagine e somiglianza del
verbo khomeinista, che è quanto di più vicino al nazional socialismo esista
oggi al mondo. Vaglielo a spiegare a queste bestie ignoranti, che si fanno
forti politicamente dell¹adesione e della ³non presenza² di Diliberto.
Marciando dietro all¹ unico politico che ha avuto il coraggio di metterci la
faccia in tutto questo letame: il sedicente trotzkista Marco Ferrando.
Quello che proprio in nome dell¹odio verso l¹esistenza stessa dello stato
d¹Israele fu costretto a dimettersi da candidato di Rifondazione comunista
alle politiche della primavera del 2006. E poi promuovere l¹ennesima
scissione dal partito di quello che sarebbe poi diventato il presidente
della Camera Fausto Bertinotti.
Ieri a Roma ha sfilato questa gentaglia, tollerata dalla popolazione
abituata ad un corteo eversivo ogni due sabati (compresi quelli di Forza
Nuova che poi la pensano come loro), controllata da un imponente
schieramento di poliziotti e carabinieri pagati dal contribuente anche per
questo.
E alla fine la plebe fascio-nazi-islamico-comunista è stata fatta sfogare
con gli slogan su Nassirya a fine manifestazione, come si trattasse di una
trovata folkloristica o di un reality sui centri sociali. Questi figuri che
durante i cinque anni del governo Berlusconi erano stati emarginati da ogni
consesso civile, politico e democratico adesso sono ³ricicciati².
Hanno un ruolo e interloquiscono con la sinistra ³normale² mettendola in
imbarazzo ogni giorno che Dio manda in terra. Poi, per raccogliere i cocci
morali di tutto ciò, restano solo le parole di poveri illusi come il
ministro di Giustizia Clemente Mastella che ieri, bontà sua, dichiarava alle
agenzie che tutto ciò ³se è un modo per dire no alla guerra è molto
discutibile² e che ³anche noi siamo contro la guerra ma non condividiamo
questo tipo di protesta, nulla a che fare con chi offende i nostri soldati².
E sembrano persino patetiche le esclamazioni di condanna che puntualmente
arrivano da tutti gli altri leader moderati dell¹Unione. Che puntualmente
cadono dal pero e si stupiscono che questi riti si ripetano a ogni
manifestazione a favore dei palestinesi. Popolo diventato suo malgrado il
comodo paravento della sinistra antagonista per giustificare un anti
semitismo che oramai a poco da invidiare persino a quello nazista degli anni
30².
Dal GIORNALE, l'editoriale di Paolo Guzzanti:
Adesso ci verranno a rompere gli stivali con il solito birignao: ma noi non c'eravamo, ma noi però condanniamo, noi non siamo la stessa cosa. Balle: i manifestanti che ieri a Roma, partecipando ad un guerrafondaio corteo della pace, hanno bruciato in effigie i soldati italiani scandendo il satanico «una cento mille Nassirya», fanno parte della maggioranza di governo e sono il governo Prodi. Quando noi prendiamo il caffè con i colleghi parlamentari della sinistra, diciamo così, normale, sono loro a mostrarci i contorcimenti, la sofferenza, la vergogna persino per dover stare insieme a teppisti della politica, traditori del loro Paese, nemici della pace. Certo, adesso che è fatta, fioccano le prese di distanza: il celebre comico politico Oliviero Diliberto ha pronunciato una battuta che purtroppo non rimbalzerà sui palcoscenici delle suburre, come meriterebbe, quando ha dichiarato che questi slogan e questi gesti «danneggiano la causa palestinese». La causa palestinese? Che c'entra la causa palestinese? In realtà c'entra, perché così come la manifestazione per la pace era una manifestazione per la guerra (nella vergogna e nel disonore), la manifestazione per una pace fra Israele e i palestinesi era in realtà la solita bieca, lurida, turpe, nazicomunista manifestazione per la distruzione di Israele, in perfetta sintonia con l'Hitler di Teheran (grande amico di Prodi) i cui emissari avvertono gli israeliani che «è ormai ora di preparare le bare e i sacchi di plastica per i cadaveri». Roma era ieri paralizzata dalla teppa. Troppa stima abbiamo per quel drappello di sparuti e ammutoliti riformisti, per non saper distinguere fra ciò che è nella tradizione democratica dell'Occidente, e la teppa. Ma la teppa è teppa e loro ci ballano insieme, perché la teppa della sinistra è il loro pusher, il fornitore di voti. Quindi pagano il pusher con la moneta che quello chiede: libertà di teppa seguita da una serie di finte prese delle distanze. Come possono prendere le distanze da coloro cui sono legati mani e piedi? Ieri lo spettacolo al teatro dell'Unione era perfetto: si metteva in scena la solita morte del cigno, cioè della decenza. Si partiva fingendo di credere che una marcia per la pace potesse inneggiare alla pace (una colossale bugia perché non esiste pace senza giustizia) sapendo perfettamente che si trattava invece di una marcia dell'odio, e poi quando è accaduto quel che era matematico che accadesse, ecco che il coro intona l'ipocrita «presa di distanza». Tutti dispiaciuti, tutti sorpresi? In realtà, tutti bugiardi e complici. Specialmente quelli che hanno provato il brivido dell'indecenza nel filo della schiena. A loro vogliamo chiedere: con quale coraggio sedete insieme in Parlamento, specialmente in Senato? Hanno più paura per la loro stabilità che per i rimorsi della loro coscienza. La politica è una scienza più simile alla fisica meccanica che alla psicologia: ad azione corrisponde reazione, contano le quantità, i vuoti, i pieni. Quando la sinistra che fa finta di vestirsi con abiti socialdemocratici, se non addirittura - che Dio li perdoni - liberali, dovrebbe poi di conseguenza rinunciare, come ha fatto Schröder in Germania, ad accoppiarsi col demonio verde-rosso-no-global. Il demonio della sinistra nemica dell'Occidente, di Israele e della democrazia presenta poi i suoi conti ed esige il pagamento. Ma chi paga però alla fine è il popolo italiano, i martiri di Nassirya e i loro padri aggrediti e malmenati, o i carabinieri che per la prima volta nella storia d'Italia sono costretti a manifestare davanti al Parlamento. Ciò conferma che è ora che siano gli italiani a presentare il conto a questa sinistra, pronta cassa e senza sconti
Sempre dal GIORNALE, una cronaca della manifestazione di Milano:
I leader dell’Unionenon c’erano. Assenti al corteo per «la pace e la giustizia in Medio Oriente ».Equellicheinvecec’erano hanno sfilato sì e no cinquecento metri e poi, oplà, senesonoandatialtrove.Testimonianzavisivadiuncentrosinistra che snobba l’appuntamento del sabato pomeriggio, quello che si apre con uno striscione che vagheggia di pace ma che per due orette intona un’altra litania: «Palestina libera, palestina rossa», «Olmert a morte» e «Sos Gaza». Slogan in cui «il sindacato si riconosce» affermaRaffaele Bonanni, segretario generale Cisl. Affermazione di troppo, verrebbe da dire, quella dettata al cronista alle sedici mentre la testa del corteo (trentamila i partecipanti) prendeva l’avvio dai bastioni di Porta Venezia. E, quindi, i confederali si riconoscono pure nelle centinaia di bandiere palestinesi e irachene che sventolavano, nei cartelli e negli striscioni che inneggiavano all’antisionismo e al boicottaggio di Israele, «sbagliato però forzare la mano per dare a questa manifestazione un carattere politico» osserva Bonanni.Anzi, «chi lo fa ne indebolisce la valenza e impedisce che l’idea di pace diventi di tutto il popolo e di tutti i lavoratori italiani». Fotografia di una marcia che non suscita il calore dei milanesi e che perMariastellaGelminirappresenta «la solita ipocrisia della sinistra»: «Si manifestanon per la pacemacontro Israele. Film già visto, con i dimostranti che distinguono lemissioni di pace all’estero tra quelle di serie A e quelle di serie B.Comequella in Irak che, pur autorizzata dalle Nazioni Unite, non era politicamente corretta come quella del governo Prodi in Libano». Della serie, due pesi e due misure, osserva il coordinatore lombardo di Forza Italia, mentre le immagini della diretta televisiva mostranounapattugliadigiovanicomunisticheabbattonoacalci epugniun murosimbolico costruito dietro l’abside del Duomo e la polizia suggerisce ad un passante che indossa la bandiera israeliana di allontanarsi. Già, è lamanifestazione per la pace dove la comunità ebraica non è stata invitata, «strano per un corteo chesi proclamaamicodei palestinesi e degli israeliani» annota Yasha Reibman, vicepresidente della comunità milanese. Come dire: «Lo spirito del corteo è pericoloso nei suoi contenuti, la proposta portata in piazza non va certo nella direzione della pace auspicata da tutti». Sì, un «Israele day al contrario» con l’ambiguitàdellaMargheritache, dice l’europarlamentare Patrizia Toia, «èamareggiataper l’assenza della comunità ebraica». Ah, tanto per lacronaca, laMargheritahamarciato per tutto il corteo ma con la bandiera palestinese.
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