Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Visioni acritiche del piano di Zapatero, Chirac e Prodi rassegna di quotidiani
Testata:La Repubblica - L'Unità - Europa - Il Manifesto - Liberazione Autore: MARCO MAROZZI - Umberto de Giovannangeli - Maurizio Debanne - un giornalista - Anubi D'Avossa Lussurgiu Titolo: ««"Piano a tre sul Medio Oriente"- Adesione completa dai palestinesi Gelo da Israele: "Non ci interessa" - Roma- Parigi- Madrid Piano a tre per salvare il Medio Oriente - Su Haartez necrologi israeliani per i morti di Beit Hanun - I tre big europei del Med»
Un'iniziativa equilibrata e realistica, accolta dai palestinesi ma non da Israele. Così molti quotidiani italiani vedono la proposta di Zapatero, Chirac e Prodi per la "soluzione" del conflitto mediorientale (per una critica puntuale dell'illusorietà della proposta, si veda questo link ). Passa in secondo piano l'informazione su ciò che accade sul terreno. il bombardamento di Sderot che martedì ha ucciso una donna ieri, 16 novembre 2006, non è stato riferito dai quotidiani in sciopero. Oggi non si merita una rticolo a se stante, ma solo una distratta citazione.
Di seguito, la cronaca della REPUBBLICA:
ROMA - Francia, Spagna, Italia stanno lavorando per una «soluzione congiunta» del conflitto fra israeliani e palestinesi. Jacques Chirac lancia la notizia in terra spagnola, a Girona, al vertice bilaterale con Josè Luis Rodriguez Zapatero. Lo fa con un´enfasi che da Roma mostrano subito, con tatto diplomatico, di non condividere. Romano Prodi in un comunicato parla di «azione più vasta», dice che i due leader gli hanno telefonato ieri mattina, lo hanno «voluto consultare» ed «esaminare» con lui la situazione. Palazzo Chigi, la Farnesina condividono la volontà di mettere in piedi un´azione di pace, ma non l´accelerazione del presidente francese e del primo ministro spagnolo. Chiamano - come fa Zapatero - non solo ad un rapporto con Germania, Gran Bretagna, nel quadro dell´Unione europeo. Avvisano che nulla si può davvero ottenere senza coinvolgere Israele, da sempre contrarissima ad ogni intervento esterno, e Stati Uniti. Prodi ricorda di aver insistito «sul fatto che qualsiasi iniziativa europea debba partire in un formato e con delle modalità suscettibili di ottenere subito risultati tangibili, efficaci, duraturi e condivisi». Palazzo Chigi tenta di riproporre lo scenario dell´intervento in Libano. Ricordato da Prodi: i paesi mediterranei a far da battistrada, ma «la necessità di coinvolgere tutti». Sapendo che la situazione è ben diversa. «Stiamo lavorando sui dettagli operativi e i contenuti - ha raccontato ieri - Nei prossimi giorni il progetto avrà un aspetto più definito». «Abbiamo la stessa visione sul Medio Oriente, - aveva detto a Girona Chirac - quindi dobbiamo prendere iniziative in comune». E Zapatero, che ha proposto l´accordo a tre, ha elencato i cinque punti su sui si articola il suo piano. «La richiesta di un immediato stop ad ogni violenza. La formazione di un governo di unità nazionale in Palestina. Lo scambio di prigionieri, incluso il soldato israeliano sequestrato a Gaza e le decine di ministri e deputati palestinesi. A mezzo termine una conferenza di pace per il Medio Oriente con la partecipazione di tutte le parti. E come passo definitivo, una missione di osservazione internazionale a Gaza per consolidare il cessate il fuoco». La volontà è quella di arrivare con una proposta al vertice di metà dicembre dei 25 leader Ue. Il premier spagnolo ha anche detto che i tre paesi hanno già informato l´Alto rappresentante per la politica estera della Ue, lo spagnolo Javier Solana, e di aver comunicato ai ministri degli Esteri di «mettersi al lavoro immediatamente per dispiegare un azione diplomatica internazionale». La Spagna, come ripete il suo ministro degli Esteri Moratinos, ex inviato Ue (inviso agli israeliani) in Medio Oriente, punta a una riproposizione della Conferenza di Madrid che nel 1991 aprì la strada a trattative fra Israele e i suoi vicini. L´Italia condivide le preoccupazioni per le violenze e la sorte di un milione e 700 mila palestinesi a Gaza, stretti in un dramma di lavoro impossibile, mancanza di acqua, elettricità, cibo. Prodi è però convinto che se da una parte è necessario percorrere ogni strada verso la pace, è solo controproducente scontrarsi con gli israeliani. Per questo, a chi gli chiede della possibilità di una conferenza di pace, risponde parlando di «processi ed azioni soprattutto rivolte ad ottenere risultati ed obiettivi concreti in un momento in cui le sofferenze sono diventate intollerabili». L´Italia intanto è per rafforzare il numero di osservatori Ue, ora 18 carabinieri, che monitorizzano i passaggi di persone merci verso Gaza: un modo per ampliare l´assistenza ai palestinesi. «Poi per lavorare con determinazione e pazienza».
Adesione completa dai palestinesi Gelo da Israele: "Non ci interessa" è il titolo significativo di un articolo che dovrebbe illustrare le reazioni delle parti direttamente interessate, ma che non spiega la posizione israeliana. Va poi notato che se i palestinesi avessero "completamente aderito" al piano, avrebbero cessato gli attacchi terroristici con i razzi kassam e liberato il soldato israeliano rapito.
Ecco il testo:
GAZA - L´Autorità nazionale palestinese ha accolto favorevolmente l´annuncio del primo ministro spagnolo, Jose Luis Rodriguez Zapatero, del presidente francese, Jacques Chirac, e del presidente del Consiglio Romano Prodi, di una conferenza internazionale di pace per il Medio Oriente e dell´invio di una missione internazionale di osservatori nella Striscia. «Accogliamo con favore l´idea di organizzare una conferenza internazionale di pace sul Medio Oriente, anche perchè la "Road Map" pone le premesse per tale conferenza», ha detto il portavoce dell´Anp, Nabil Abu Rudeina, «E´ certamente positivo qualsiasi sforzo internazionale teso a sbloccare il processo di pace e ad attuare la Road Map». La "Road Map" è l´itinerario del processo di pace israelo-palestinese delineato dai mediatori di Usa, Russia, Ue e Onu, il cosiddetto "Quartetto di Madrid". Era stata del resto la stessa Anp a sollecitare Onu e Ue a inviare propri osservatori nella Striscia. Di avviso diverso le autorità israeliane. In un primo ufficioso commento all´iniziativa congiunta di Spagna, Francia e Italia sul conflitto in Medio Oriente, la radio pubblica israeliana ha detto ieri sera che «è molto dubbio che Israele possa essere interessato a ciò che hanno da proporre Spagna, Francia e Italia, tra Stati i cui governi sono su posizioni abbastanza distanti nei suoi confronti». Per la contemporanea assenza del premier Ehud Olmert e del ministro degli Esteri Tipzi Livni, sulla via del ritorno dagli Stati Uniti, nessuna reazione è ancora pervenuta dai portavoce governativi. Intanto ieri a Gaza è ripartita la trattativa fra il presidente Abu Mazen e il movimento integralista Hamas per la formazione di un nuovo governo di unità nazionale, che dovrebbe fare uscire la Palestina dall´attuale grave crisi economica, politica e diplomatica, rompere l´isolamento internazionale e consentire il rilancio di trattative con Israele. Continuano gli scontri tra israeliani e palestinesi. In risposta la lancio di missili Qassam, che hanno ucciso una donna nella città israeliana di Sderot, l´aviazione israeliana ha operato 5 raid su tutta la Striscia di Gaza, colpendo gli edifici ritenuti da Israele rifugio e base operativa dei miliziani palestinesi. Nei bombardamenti è rimasto ucciso un miliziano, mentre altre 5 persone sono rimaste ferite.
Esaltazione propagandistica anche sull'UNITA'. "Roma- Parigi- Madrid Piano atre per salvare il Medio Oriente" è il titolo della cronaca di Umberto De Giovannangeli
SPAGNA, FRANCIA E ITALIA hanno la responsabilità, potrei dire il dovere (di occuparsi del Medio Oriente), come Paesi dell’Europa mediterranea e come Paesi che hanno un compromesso attivo in Libano». Cosi il premier spagnolo José Luis Rodriguez Za- patero annuncia da Girona (Catalogna) l'iniziativa congiunta per il Medio Oriente con Francia e Italia. L’occasione è data dal vertice ispano-francese. Un’occasione solenne per una impegnativa sfida diplomatica. «Chirac, con l’accordo di Prodi, con cui abbiamo parlato stamattina (ieri, ndr.) e il governo spagnolo, vogliono portare avanti una iniziativa comune rispetto al Medio Oriente», spiega Zapatero in una conferenza stampa con il presidente francese. L’iniziativa comprende, puntualizza il premier spagnolo, «la richiesta di un immediato stop ad ogni violenza in Palestina e in Israele, la formazione di un governo di unità nazionale in Palestina, lo scambio di prigionieri, incluso il soldato israeliano sequestrato a Gaza e le diverse decine di ministri e deputati palestinesi». «Questi passi - aggiunge - dovrebbero aprire un orizzonte che renda possibile il dialogo politico israelo-palestinese ed un incontro tra il primo ministro Ehud Olmert e il presidente Abu Mazen. E, come passo definitivo di questa iniziativa, ci potrebbe essere una missione di osservazione internazionale a Gaza per consolidare il cessate-il-fuoco». A medio termine, prosegue Zapatero, «sarà necessario convocare una conferenza di pace per il Medio Oriente con la partecipazione di tutte le parti». Quella ispano-franco-italiana è un’iniziativa aperta, che intende coinvolgere altri partner europei, a cominciare da Germania e Gran Bretagna. Da Palazzo Chigi, Romano Prodi conferma l’iniziativa comune. Nella telefonata con il presidente francese e con il premier spagnolo di ieri mattina - riferisce il presidente del Consiglio in una conferenza stampa congiunta con il premier neozelandese Clark - si è sottolineata la necessità di dare il via «operativamente» ad una «azione più vasta» in Medio Oriente, «prendendo spunto dalla nostra presenza in Libano, in modo da trovare da essa una forza iniziale per poter esercitare un’azione di pacificazione». «Stiamo lavorando sui dettagli operativi - aggiunge Prodi - e sul contenuto delle azioni da compiere. È una serie di processi di azione - rimarca - che sono soprattutto rivolti ad ottenere dei risultati operativi e concreti in un momento in cui la sofferenza e le tensioni sono arrivate ad un livello intollerabile». Tutti e tre i leaders hanno condiviso una forte preoccupazione per l’attuale spirale di violenza nei territori occupati, in particolare a Gaza, e per la drammatica situazione umanitaria della popolazione civile palestinese. In totale sintonia con Zapatero, il premier italiano si dice convinto che i Paesi europei presenti nella Regione «abbiano l’obbligo di ricercare delle soluzioni per uscire da questa situazione e per preparare il processo di pace». Sul senso dell’iniziativa interviene in serata Massimo D’Alema. «Abbiamo apprezzato» l’iniziativa lanciata da Chirac e Zapatero, dice il titolare della Farnesina, che deve impegnare tutta l’Ue, anche allo scopo di «creare le condizioni per andare al Consiglio di Sicurezza dell’Onu» e approvare una risoluzione «in grado di stabilire un cessate-il-fuoco e di rimettere in movimento il processo di dialogo e di negoziato tra le parti». Il ministro degli Esteri torna a insistere sul fattore-tempo. «Non si può rimanere inerti - sottolinea D’Alema - di fronte a una spirale di violenza, che ha conosciuto nuovi attacchi con i missili Qassam, l’uccisione di una donna israeliana, il ferimento di altri cittadini israeliani a Sderot e le conseguenti reazioni militari israeliane». Per quanto riguarda il possibile invio di una forza internazionale a Gaza, sul modello di quella dispiegata in Libano, il capo della diplomazia italiana spiega che «è esattamente quella risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che potrebbe aprire tale possibilità». «Non si possono mandare i soldati in giro per il mondo - conclude D’Alema -. Bisogna rimettere in moto il meccanismo della diplomazia anche per arrivare ad una presenza di numerosi osservatori internazionali a tutela di una tregua che deve però essere stabilita da una risoluzione del Consiglio di Sicurezza». Di segno opposto le reazioni che giungono da Israele e dalla Palestina. «Accogliamo con favore l’idea di organizzare una conferenza internazionale di pace sul Medio Oriente, anche perchè la Road Map pone le premesse per tale conferenza», dichiara il portavoce dell’Anp, Nabil Abu Rudeina. Ma Gerusalemme non è di questo avviso. «Zapatero parla di una cessazione delle violenze. Bella idea. È esattamente come dire che per fermare la guerra, bisogna fare la pace. Una banalità da discorso al caffé», taglia corto un alto responsabile del ministero degli Esteri israeliano. «Vogliamo davvero vedere se (Zapatero, ndr.) - aggiunge - riuscirà a convincere i palestinesi a interrompere i lanci di razzi contro Israele...Si resta scoraggiati da tanta ingenuità».
Altra buona notizia per L'UNITA' e u.d.g.: l'Europarlamento condanna Israele per Beit Hanoun ( e solo in un emendamento chiede la sospensione del lancio di razzi kassam) Ecco il testo:
«Il diritto di uno Stato all'autodifesa non puó giustificare l'uso sproporzionato e indiscriminato della forza». Anche il Parlamento europeo, con un voto per alzata di mano e con un'evidente, larghissima maggioranza, ha censurato senza giri di parole le recenti azioni militari di Israele nella Striscia di Gaza. Dopo la presa di posizione dei ministri degli Esteri, lunedí scorso a Bruxelles, il documento approvato a Strasburgo si distingue per un linguaggio molto diretto nei confronti del governo Olmert. Al quale sono dedicate molte parti sebbene non manchino rilievi e denunce sui comportamenti delle «milizie palestinesi». É un fatto che la risoluzione abbia espresso la «profonda indignazione» del Parlamento per le iniziative militari israeliane a Beit Hanun e Gaza. Forse, in questi termini, non era mai accaduto. Un giudizio netto, accompagnato dalla richiesta ai governi Ue di inviare degli osservatori militari internazionali a Gaza e dall'invito ad Israele di «cessare immediatamente qualsiasi azione militare». Gli ultimi, recenti attacchi essendo stati condotti «alla cieca» e «volontariamente diretti contro dei civili». L'invito a dispiegare una forza multinazionale a Gaza e in Cisgiordania ha trovato forza e ragion d'essere nella positiva vicenda della missione in Libano che viene citata espressamente come un «esempio da prendere a modello» al fine di «proteggere la popolazione civile di entrambe le parti». Il Parlamento ha incoraggiato il Consiglio dei ministri a lanciare un'iniziativa in questo senso. Ma per quanto riguarda gli israeliani, la risoluzione del Parlamento è andata ancora più a fondo. Infatti, ha chiesto all'attuale presidenza di turno finlandese di convocare «con urgenza» una riunione del Consiglio di Associazione Ue-Israele in modo da esprimere, proprio in quella sede e con un carattere di ufficialità completa, la «posizione dell'Ue rispetto alle operazioni militari a Gaza». In parallelo, perchè non vi fosse alcuna possibilità di equivoco, il Parlamento ha invitato il Consiglio, nel quadro dell'Accordo di Associazione tra Ue e Autorità Palestinese, a rivolgersi ai nuovi dirigenti del governo palestinese per discutere insieme il delicato e grave problema della violenza e della sicurezza. Peraltro, il Parlamento ha approvato anche un emendamento orale alle risoluzione, illustrato in aula da Pasqualina Napoletano, vice presidente del Gruppo del Pse, in cui si condanna anche il recente lancio di razzi Qassam sul villaggio israeliano di Sderot. La risoluzione individua anche un punto politico importante. nel rivolgersi agli Stati Uniti, il Parlamento ha chiesto un rilancio del ruolo del famoso Quartetto e, specificatamente, un riassetto del ruolo americano nel conflitto israelo-palestinese con l'obiettivo di adoperarsi per la fine di ogni violenza e per avviare un «nuovo e genuino dialogo tra le parti». Insomma, è considerato urgente il ripristino dei negoziati e la piena applicazione della Roadmap. Il Parlamento ha riaffermato la necessità di arrivare ad un accordo di pace che si basi sull'esistenza di «due Stati democratici e sovrani» che vivano in modo pacifico l'uno accanto all'altro. Il documento non ha mancato di ricordare la situazione umanitaria esistente nei Territori e ha invitato il Consiglio e la Commissione europea a garantire gli aiuti alla popolazione civile palestinese, la fine del blocco economico di Gaza da parte di Israele e l'immediato rilascio dei ministri e parlamentari palestinesi, da un lato, e del soldato israeliano ancora sotto sequestro.
Grande spazio dedicato anche ai necrologi delle vittime di Beit Hanoun scritti da israeliani e pubblicati su Haaretz:
LA SIGNORA Edna Kubersky di Herzliya (Tel Aviv) non poteva sapere che il suo nome sarebbe divenuto celebre tra gli «ingabbiati» di Gaza e i disperati di Beit Hanun. Famosa per un annuncio funebre. Un gesto di solidarietà toccante. La signora Kubersky ha inteso ricordare i 19 palestinesi (tra i quali otto bambini e cinque donne) uccisi una settimana fa a Beit Hanun. E lo ha fatto attraverso un annuncio funebre a pagamento (l’equivalente di 450 euro) sul quotidiano Haaretz. «Alla famiglia Atamneh di Beit Hanun: ha scritto giorni fa la signora Kubersky - chino il capo con immensa vergogna e con profondo dolore di fronte al vostro pesante disastro». «Il pubblico israeliano razionale è invitato ad esprimere le proprie condoglianze», scrive ancora, polemicamente, la signora Kubersky. Anche l’altro ieri e ieri lo stesso annuncio è ricomparso, su Haaretz, con diverse firme. Quello di ieri è firmato da Naomi Klein, Rehovot. Questi annunci funebri sono stati notati a Gaza e hanno destato emozione. Come emozione ha destato un altro gesto toccante, compiuto da un padre che da quasi cinque mesi vive in angosciosa attesa del ritorno a casa del figlio, Ghilad, rapito il 25 giugno scorso da un commando palestinese di Gaza. Noam Shalit, padre di Ghilad, ha fatto ieri visita in un ospedale di Tel Aviv alle famiglie dei palestinesi vittime del fuoco di artiglieria israeliano a Beit Hanun. Rispondendo a giornalisti israeliani Noam ha spiegato di aver voluto «esprimere la mia solidarietà alle famiglie di Beit Hanun, che hanno perso venti dei loro cari e hanno avuto un gran numero di feriti che sono ora ricoverati in questo ospedale». «Ho incontrato le famiglie - aggiunge commosso - e ho visto che gli abitanti di Beit Hanun sono persone che vogliono la pace, sono estranee al terrorismo e vogliono solo mantenere le loro famiglie». Le vittime palestinesi del bombardamento israeliano, osserva ancora Noam Shalit, sono come le famiglie israeliane che hanno perso i loro cari per mano palestinese. «Siamo tutti vittime della stessa follia, delle stesse guerre senza fine e di una violenza illogica». Membri della famiglia Atamneh, che è stata quella più duramente colpita dal bombardamento su Beit Hanun - che Israele afferma essere conseguenza di un «errore tecnico» - hanno detto di essere rimasti profondamente toccati dalla visita del padre israeliano. Rasan Galil, il cui fratello Basem ferito nel bombardamento è morto lo scorso venerdì in ospedale, ha detto: «Voglio ringraziare il padre di Ghilad per averci fatto visita. Ci spezza il cuore ancora di più sapere che anche quest’uomo ha il cuore spezzato». «Io spero - continua - che suo figlio sia liberato e dico a entrambi i governi: basta, fermatevi». Usama Atamneh, che ha perso 18 membri della sua famiglia a Beit Hanun, aggiunge: «Ringrazio di cuore il padre di Ghilad per la visita e prego che suo figlio possa presto ritornare a casa sano e salvo e che ciò ponga fine alla tragedia che abbiamo subito». Circa le prospettive di una prossima liberazione del figlio, Noam Shalit ha accusato il governo «di non fare abbastanza. È evidente che sia il nostro governo che quello palestinese possono fare di più». Edna Kubersy. Usama Atamneh. Noam Shalit. I loro gesti valgono molto più di tanti proclami politici. Perchè danno conto di una speranza vera di pace. Che parte dal cuore.
Esaltazione del piano di pace anche su EUROPA. L'articolo di Maurizio Debanne si intitola addirrittura "I tre big europei del Mediterraneo promotori di pace in Medio Oriente":
La guerra in Libano ha spazzato via tutti i piani per il Medio Oriente: la road map dalle tappe troppo incerte e senza una garanzia dell’arrivo e i piani unilaterali israeliani. Risultato: un immobilismo che rischia di affossare le poche di speranze di pace ancora esistenti. C’è chi però sembra ora accorgersi di questo silenzio assordante. Si tratta di Romano Prodi, Jacques Chirac e José Luis Rodríguez Zapatero, tutti e tre convinti che il rilancio del processo di pace in Medio Oriente debba passare inevitabilmente attraverso «iniziative concrete». «Prendendo spunto dalla nostra presenza in Libano intendiamo lavorare per un’azione più vasta in Medio Oriente che abbia soprattutto risultati operativi nell'ambito di una generale pacificazione dell'area», ha annunciato Prodi, aggiungendo di aver avuto ieri due lunghi colloqui telefonici con Chirac e Zapatero sul tema. «Stiamo lavorando sui dettagli operativi e sul contenuto delle azioni da compiere. È una serie di processi di azione – ha spiegato il presidente del consiglio – che sono soprattutto rivolti ad ottenere dei risultati operativi e concreti in un momento in cui le sofferenza e le tensioni sono arrivate ad un livello intollerabile». Da Girona, dove è in corso il vertice ispano-francese, Chirac e Zapatero confermano: «Insieme all’Italia vogliamo trovare una soluzione al problema palestinese». Sono cinque i punti basilari dell'iniziativa di pace congiunta franco-italo-spagnola: un immediato cessate il fuoco, la formazione di un governo di unità nazionale palestinese, lo scambio di prigionieri – tra cui il soldato israeliano rapito a Gaza il 25 giugno scorso e i due sequestrati dagli Hezbollah il 12 luglio – colloqui tra il premier israeliano Ehud Olmert e il presidente palestinese Abu Mazen e, infine, una missione internazionale a Gaza per monitorare il cessate il fuoco. A coronamento di questa iniziativa, ha annunciato Zapatero, potrebbe tenersi una conferenza internazionale sul Medio Oriente, sul modello di quella di Madrid del 1991 che lanciò il processo di pace tra israeliani e palestinesi e pose le basi per gli accordi di Oslo. Il piano sarà presentato al Consiglio europeo di metà dicembre con l’evidente obiettivo di estenderlo nel seno dell’Ue, soprattutto a Germania e Regno Unito. Se venisse fatto proprio dall’Europa acquisirebbe infatti la forza necessaria per ottenere un avallo da Washington. Con questa iniziativa, ha dichiarato il ministro degli esteri D’Alema, si punta a «a mettere in movimento un’iniziativa dei tre grandi paesi mediterranei dell’Unione Europea allo scopo di impegnare innanzitutto l’Ue. Sentiamo il bisogno che la comunità internazionale agisca concretamente per rimettere in cammino il processo di pace. Vogliamo che si arrivi a un'iniziativa europea, che dovrebbe fare leva innanzitutto sul Quartetto, di cui l'Ue è parte, e si dovrebbeero creare le condizioni per andare al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite». Dell’iniziativa è stato già informato l'Alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza comune Javier Solana che per il momento non ha fatto nessuna dichiarazione a riguardo. L’inviato europeo per il Medio Oriente, Marc Otte, ha invece invitato tutti alla prudenza. «Bisogna essere prudenti su una tale iniziativa, esaminarla e verificarne la legittimità nel quadro europeo », ha detto ai giornalisti prima di lasciare il Cairo, dopo aver partecipato due giorni fa ad una riunione del Quartetto. Da Ramallah l’iniziativa è stata accolta con favore. «Ogni sforzo internazionale destinato a sbloccare il processo di pace e a fare applicare la road map è ben accetto», ha dichiarato il portavoce della presidenza dell’Anp, Nabil Abu Rudeinah. In Israele invece il clima è l’opposto. «L’annuncio di Zapatero è precipitoso», ha detto un alto responsabile del ministero degli esteri israeliano che ha richiesto l’anonimato. «Notiamo anche che le dichiarazioni di Zapatero sono diverse da quelle di Chirac » perché, «mentre il presidente francese parla di un'iniziativa europea, il premier spagnolo parla di cessazione delle violenze, di scambio di prigionieri e di conferenza internazionale. Occorre prestare attenzione a queste differenze». «Bella idea la fine della violenza. È esattamente come dire che per fermare la guerra, bisogna fare la pace. Una banalità da discorso al caffè », ha proseguito. «Vogliamo davvero vedere se (Zapatero, ndr) riuscirà a convincere i palestinesi a interrompere i lanci di razzi contro Israele. Si resta scoraggiati da tanta ingenuità», ha aggiunto. Infine, parlando del progetto di conferenza internazionale, un'idea già respinta dal primo ministro israeliano Ehud Olmert durante il suo recente viaggio negli Stati Uniti, il responsabile l’ha bollato come «formula priva di senso».
Il MANIFESTO spera ovviamente in una presa di posizione antisraeliana da parte dell'Europa:
L'Europa, forse, si muove. Italia e Francia raccolgono l'invito del premier spagnolo Zapatero per guidare insieme un'iniziativa di pace per il Medio Oriente. Dopo il Libano i tre paesi, che hanno una stessa «sensibilità» rispetto al conflitto israelo-palestinese, provano ad aggredire il nodo più vecchio e spinoso della regione. Contemporaneamente a questa proposta emersa nella mattinata di ieri a Girona, nell'incontro Zapatero-Chirac, a Strasburgo il parlamento europeo votava una risoluzione comune firmata da tutti i gruppi politici, con l'esclusione degli euro-scettici, in cui si chiede l'invio di una missione di interposizione dell'Onu a Gaza ed in Cisgiordania, la convocazione di una conferenza di pace e si invitano gli Stati uniti a rivedere il loro ruolo nel conflitto. L'euro-parlamento non può mettere becco nella politica estera della Ue, ma alzando la voce sollecita almeno un'azione più incisiva dei 25. I governi europei, da parte loro, hanno condannato nel Consiglio europeo dei ministri degli esteri di lunedì l'attacco israeliano a Beit Hanoun, usando un linguaggio poco rituale rispetto agli standard solitamente imposti dalla linea filo-israeliana di Germania, Regno unito e Olanda. Ora l'euro-camera si somma al coro di condanna delle operazioni militari israeliani, «indiscriminate» e «sproporzionate», e sottolinea come gli attacchi contro civili «costituiscono una violazione flagrante dei diritti fondamentali». La condanna arriva pure per il lancio di missili palestinesi e per il recente attacco a Sderot. Facendo un passo ulteriore, Strasburgo punta il dito sulle iniziative unilaterali di Israele ed invita Tel Aviv a porre fine alle «attività provocatorie», quali la costruzione di colonie, quella del muro e la demolizione di abitazioni palestinesi. È però sul piano politico che la risoluzione fa un vero e proprio salto di qualità. Viene infatti chiesto l'invio di una forza di pace tanto nella striscia di Gaza quanto in Cisgiordania sul modello di quella presente in Libano e con il compito di «proteggere la popolazione civile di entrambe le parti». Raccomandata anche la convocazione di una conferenza di pace in cui invitare la Lega araba. Critiche nemmeno troppo velate piovono poi sugli Stati uniti, rei di impedire l'approvazione di una posizione comune della comunità internazionale. La Casa bianca viene invitata a riconsiderare il suo ruolo nel Quartetto e nell'insieme del conflitto israelo-palestinese, per riorientare la sua azione in vista della fine delle violenze e l'avvio di un autentico dialogo tra le parti. Ai 25 viene invece chiesto di impugnare l'articolo 2 dell'Accordo di associazione con Israele in cui le parti vengono impegnate al rispetto dei diritti umani (operazione mai riuscita per i veti di Londra, Berlino e l'Aja). «La risoluzione votata dal parlamento - sottolinea l'euro-deputato di Rifondazione Luisa Morgantini - è di straordinaria importanza, mi auguro ora che questi obiettivi i non restino soltanto sulla carta». Sul futuro non si sono certezze, ma intanto sembra che Spagna, Italia e Francia abbiano raccolto l'invito a un maggior impegno diplomatico dell'Europa nella regione. «Stiamo lavorando sui dettagli operativi - ha detto ieri Prodi dopo una serie di contatti telefonici con Zapatero e Chirac - e sul contenuto delle azioni da compiere». Già a fine agosto il ministro D'Alema, battezzando la missione in Libano, aveva indicato la possibilità di espandersi in futuro in Palestina. Ieri la sua prima reazione all'iniziativa franco-italo-spagnola è stata di «apprezzamento», a patto che diventi un impegno di tutta la Ue allo scopo di «creare le condizioni per andare al Consiglio di sicurezza» e far approvare una risoluzione «in grado di stabilire il cessate il fuoco e di rimettere in movimento il processo di dialogo e negoziato fra le parti».
Così LIBERAZIONE che pubblica in prima pagina l'articolo di Anubi D'Avossa Lussurgiu "L'Europa sconfessa Usa e Israele: serve una forza Onu in Palestina". Il significato antisraeliano ( antiamericano) del piano e la volontà di replicare il fallimento dell'Unifil qui, almeno, sono chiari.