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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Repubblica - L'Unità Rassegna Stampa
14.11.2006 D'Alema ha sempre ragione
e criticarlo è antidemocratico

Testata:La Repubblica - L'Unità
Autore: Vincenzo Nigro - Carmelo Lopapa - Umberto De Giovannangeli - Gabriel Beritnetto
Titolo: «Israele, D'Alema si difende: su di me caccia alle streghe - C'è impegno per la pace, ma non vera equidistanza - L'Europa condanna la strage di Beit Hanun: Israele si fermi - Non è vero che noi ebrei non appoggiamo chi chiede pace»

"Israele, D'Alema si difende: su di me caccia alle streghe", titola la REPUBBLICA del 14 novembre 2006.

"Si difende"? A noi sembrava fosse lui ad aver attaccato ( verbalmente) Israele e gli ebrei, promuovendo una piccola  "caccia alle streghe".

A noi sembra davvero che D'Alema stia sulla parte alta, non su quella bassa della riva del ruscello. Stia dove stava (ricordate?) il lupo, e usi gli stessi trucchi retorici del lupo.

Segue un articolo di Vincenzo Nigro, esclusivamente incentrato sulle dichiarazioni di D'Alema, senza repliche.

Tulia Zevi, intervistata da Carmelo Lopapa all domanda:

Il richiamo del ministro degli Esteri agli ebrei democratici è risultato particolarmente sgradito alle Comunità. Una distinzione tra ebrei buoni e cattivi, è stata la contestazione.

risponde cambiando argomento, e consigliando di lasciar perdere: 

«Ripeto, trovo tutte queste polemiche sterili, inutili al raggiungimento dell´unico scopo al quale tutti dovrebbero tendere che è la pace tra due popolazioni condannate, come dice qualcuno, io preferisco dire destinate, a convivere nell´interesse comune».

Con questa risposta Tulia Zevi sembra dimenticare che se la democrazia (liberale) funziona meglio degli altri regimi politici è perché in essa si può discutere su quali obiettivi perseguire o, quando sugli obiettivi si è d'accordo, sui mezzi più adeguati per conseguirli.
Se invece chi non pensa che trattare con Hamas ed Hezbollah, condannare Israele, proibirle l'autodifesa e dimenticare il terrorismo sia un buon modo per ottenere la pace viene delegittimato come "non democratico"   e ostile alla pace da un ministro della Repubblica, e se questa delegittimazione viene accettata in silenzio o accolta, significa, quanto meno, che a qualcuno la democrazia da fastidio.
Se poi questo fastidio è acuito dal fatto che a pretendere di partecipare al dibattito democratico con le proprie idee ( e non con quelle del ministro degli Esteri) sono citatdini ebrei, la situazione è ancora più grave.

L'UNITA' in prima pagina titola "Dopo  D'Alema anche l'Europa"  . All'interno oltre alla cronaca di Umberto De Giovannangeli grondante livore verso Israele c'è l'articolo di Gabriel Bertinetto, grondante approvazione verso il D'Alema pensiero, sintetizzato dal giornalista, forse persino con un eccesso di zelo, con questa agghiacciante frase:

troppi ebrei italiani in questa fase non manifestano un atteggiamento critico verso il governo Olmert

Mentre con la stampa rivendica il  suo "diritto-dovere di condannare le uccisioni  di civili" e sostiene che le sue prese di posizione sono in realtà "nell'interesse di Israele",vedonoD'Alema si trova in Cina, dove elogia il regime cinese per i "passi avanti" compiuti nel campo dei diritti umani, "giustifica" i politici italiani che hanno incontrato il Dalai Lama ("lo vedono come  leader spirituale di un intero popolo" e lui comunque non ha l'obiettivo dell'indipendenza del Tibet, ma solo di una "maggiore autonomia").
Lui , dal canto suo, il Dalai Lama non l'ha mai incontraro, a diffrenza dei deputati di Hezbollah. E il dovere di spendere qualche parola sui cinesi detenuti nei laogai (cioè i gulag), che non potranno giovarsi dei "diritti  sindacali" recentemente introdotti dal partito, essendo schiavi, non l'ha sentito.
In compenso ha auspicato (come già aveva fatto Prodi: non sono dunque prese di posizione estemporanee)  che presto possa essere cancellato l'embargo delle armi deciso dall'Unione europea verso il regime di Pechino.
Nell'interesse di Taiwan, naturalmente.


A pagina 12 c'è anche la foglia di fico della campagna propagandistica dell'UNITA': un'intervista  al direttore dell'American Jewish Comitee, David Harris, critico verso D'Alema.
L'intervista non è richiamata in prima, ed ha una titolazione fuorviante :"Non è vero che noi ebrei non appogiamo chi chiede pace", "Il direttore dell'American Jewish Comitee contesta l'affermazione di D'Alema secondo cui personalità come Grossman vengono lasciate sole".
Sembrerebbe che Harris si limiti a rivendicare l'esistenza di ebrei "pacifisti" e "democratici", cioè che la pensano come D'Alema.
In realtà le sue critiche alla posizione politica del nostro ministro degli Esteri sono esplicite.

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