Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
Il gay pride a Gerusalemme l'opinione di Meir Shalev
Testata: Corriere della Sera Data: 10 novembre 2006 Pagina: 52 Autore: Meir Shalev Titolo: «Gay Pride: le tre religioni hanno un nemico comune»
Dal CORRIERE della SERA del 10 novembre 2006:
I l Gay Pride a Gerusalemme e gli scambi di colpi d'arma da fuoco — razzi lanciati dalla Striscia di Gaza su Israele e cannonate mortali sparate da Israele verso la Striscia di Gaza — sono gli argomenti che tengono banco in questi giorni nei media e tra l'opinione pubblica israeliana. All'apparenza argomenti estranei l'uno all' altro, antitetici persino, ma occorre capire che in Israele sono decisamente correlati. Entrambi infatti hanno a che fare con la santità della regione e con il dominio delle religioni in essa. Il Cristianesimo, l'Islam e l'Ebraismo si combattono in questa terra da più di mille anni. I rappresentanti delle tre religioni hanno versato sangue, distrutto, oppresso ed esiliato. Le loro antiche controversie sono responsabili anche dell'attuale ostilità omicida fra israeliani e palestinesi. Ma ecco che quest'anno è successa una cosa particolare: ebrei, cristiani e musulmani combattono finalmente uniti. Esponenti del clero che in giorni normali si sgozzerebbero a vicenda, estremisti pronti a lanciare razzi e a prendere a cannonate i figli del prossimo, coloni ebrei militanti e terroristi palestinesi si sono dati la mano, hanno stretto un patto e si sono schierati uniti contro un nemico comune: gli omosessuali e le lesbiche che vogliono organizzare il Gay Pride a Gerusalemme. Come al loro solito anche questa volta i rappresentanti del clero hanno imprecato e insultato, minacciato di morte e di violenze. E all'improvviso le loro facce paonazze, i copricapi dalle fogge diverse, i pugni alzati e le tuniche al vento sono sembrati tutti uguali. Ormai è impossibile distinguere chi ci sta davanti: un colono? Un esponente di Hamas? Un prete? Un rabbino? Un imam? E chissà, magari da tutto questo potrebbe venire fuori qualcosa di buono. Magari l'unica possibilità di dialogo e di riconciliazione è mandare qualche omosessuale nella chiesa del Santo Sepolcro o sulla spianata delle Moschee. Peccato. Le tre religioni avrebbero potuto procedere mano nella mano su una base comune, positiva. Non su un fondamento di odio. Avrebbero potuto sottolineare i loro principi etici, il fervore spirituale che Gerusalemme può infondere nei fedeli se loro non l'avessero trasformata in un campo di battaglia. Ma la bruttezza genera bruttezza e l'estremismo genera estremismo. E la bruttezza e l'estremismo che stanno dietro il lancio di razzi, le cannonate, l'occupazione, l'oppressione e il terrore sono gli stessi che si oppongono alle tendenze omosessuali, alla libertà e all'eguaglianza delle donne, ai metodi contraccettivi, all'aborto. Tutto germoglia dalle stesse profondità. Non dall'intelligenza della mente o dai sentimenti del cuore ma dalla paura e dall'odio, che sgorgano da molto più in basso.
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