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Luce nel buio del tunnel. Come gli ostaggi a Gaza celebravano Hanukkah 13/12/2025

Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.



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La protesta dei gay in Israele. Una lettera al Manifesto 09/11/2006
Leggendo l'articolo di Michele Giorgio sul Gay Pride in Israele, noto la preoccupazione espressa per i diritti civili degli omosessuali in Israele. Se non fosse che l'ostilità del Manifesto contro Israele trova ogni occasione per esprimersi, direi quasi che l'attenzione verso il livello di democrazia e la tutela delle minoranze in Israele vi fa onore! Comunque, se posso permettermi, suggerirei alla redazione del quotidiano di non crucciarsi per la condizione degli omosessuali israeliani, in grado di intervenire e di esprimersi, in quanto cittadini di una democrazia - imperfetta per definizione - nel dibattito politico-sociale, ma di dedicare le proprie preoccupazioni a quei paesi dove le minoranze sono perseguitate e tormentate, dove le "adultere" sono lapidate o stuprate pubblicamente (vedi Pakistan) e  gli omosessuali non possono fare altro che nascondersi, magari in Israele (vedi territori palestinesi), e dove non c'è società civile cui rimproverare l'"indifferenza".Quanto ai "fondamentalisti ebrei che fanno il bello e il cattivo tempo a Gerusalemme", forse ci si è confusi con l'Iran o con qualche altro paese islamico.  E forse, ma dico forse, il presunto disinteresse della "maggioranza della popolazione israeliana" e il silenzio degli intellettuali, osservati con evidente accento polemico, sono dovuti non all'apatia o al menefreghismo ma a circostanze particolari, quali la preoccupazione per le sorti del proprio paese in un momento - uno dei tanti, per la verità - di indubbia difficoltà politica. Osservare e criticare i malesseri e le manchevolezze della società di Israele non solo è lecito ma anche auspicabile: lo è molto meno quando lo scopo non è la conoscenza, ma la strumentalizzazione di questi aspetti nella solita (e stomachevole) prospettiva antisraeliana.
 
Elisabetta Noè

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