Il ministro degli Esteri italiano D'Alema parla di "violenza che colpisce in modo indiscriminato i civili " (in realtà un incidente non può essere definto una violenza indiscriminata, che presuppone intenzionalità) e auspica l'invio di una forza di interposizione a Gaza
Dall'UNITA' del 9 novembre:
«CREDO CHE QUESTA VIOLENZA che colpisce in modo indiscriminato i civili serva soltanto a seminare odio e creare nuovi pericoli». Massimo D’Alema non
nasconde inquietudine e dolore per la strage di Beit Hanun. Il titolare della Farnesina auspica una immediata cessazione dei raid israeliani nella Striscia di Gaza.
«Abbiamo avuto negli ultimi mesi 350 morti - rileva D’Alema- negli ultimi giorni 60-70 morti. Bisogna trovare una via d'uscita, tanto più che c'è stato l'annuncio di un accordo per un nuovo governo palestinese e speriamo che questo nuovo governo possa consentire una svolta». In questo momento così drammatico, insiste il ministro degli Esteri, «è fondamentale un'iniziativa internazionale per sbloccare la situazione palestinese». Il pensiero corre all'ipotesi, più volte ventilata dallo stesso D'Alema, di una forza internazionale a Gaza. Un tasto su cui tornano a battere esponenti della maggioranza, dal Pdci a Rifondazione Comunista ai Verdi. Dal Cile, è il segretario dei Ds, Piero Fassino, a premere per una immediata iniziativa europea che arresti la nuova spirale di violenza in Terra Santa; una sollecitazione condivisa dal Presidente della Camera Fausto Bertinotti. L'ipotesi di una forza internazionale a Gaza è «fattibile», ribadisce il vice premier, ma «l'esempio del Libano ci dice che una tale forza può dispiegarsi solo se c'è un accordo tra le parti». «Non lo si fa contro le parti - spiega D'Alema - in Libano ad esempio lo si è fatto con l'accordo del governo libanese e del governo israeliano». Il responsabile della Farnesina nega che l'Italia stia mediando per favorire un incontro tra il premier israeliano Ehud Olmert e quello libanese Fuad Siniora, anche se auspica che tale incontro possa avere luogo. «Gli israeliani tuttavia - insiste D'Alema - devono comprendere che la chiave del loro rapporto con il mondo arabo è la pace con i palestinesi. In fondo - osserva - questo è chiaro. Spero che gli israeliani si rendano conto che uscire da questa spirale di violenza con i palestinesi è la condizione anche per rafforzare la sicurezza di Israele».
Ma i segnali che giungono da Gerusalemme sono alquanto contraddittori. E per ciò stesso preoccupanti. «In queste ore - avverte il ministro degli Esteri italiano - si parla di un nuovo governo palestinese per fermare la spirale della violenza. Speriamo che il governo israeliano voglia agire in questo senso. In queste ore abbiamo visto dichiarazioni contraddittorie: il ministro della Difesa Amir Peretz aveva annunciato la cessazione delle operazioni a Gaza dopo il massacro di stamani Ieri, ndr.); il ministro degli Esteri Tzipi Livni ha espresso il suo rammarico, altre fonti governative israeliane hanno annunciato che invece le operazioni continueranno».
L'auspicio, conclude D'Alema, è che «le operazioni militari cessino di fronte alla tragedia accaduta a Beit Hanun e che si possa riprendere la via del rapporto negoziale tra le parti». Ma occorre rapidità e volontà politica perché, riflette D'Alema «il tempo non lavora per la pace» in Palestina.
A sostegno di questa ipotesi il quotidiano pubblica un'intervista a Sari Nusseibeh, che chiede all'Europa di fermare il "massacro di civili" di cui accusa Israele.
Il ruolo dell'intevistatore, Umberto De Giovannangeli, è quello di incitare l'intervistato ad attaccare con crescente durezza Israele.
Inesistente il problema del terrorismo palestinese.
«All'Europa chiedo: fermate questo massacro. Agite subito per dispiegare nella Striscia di Gaza una forza di interposizione che sia garante della sicurezza della mia gente. Ciò che è avvenuto a Beit Hanun è un crimine contro l'umanità. Il mondo non può chiudere gli occhi di fronte a questa carneficina di civili». Un appello accorato è quello che dalle colonne dell'Unità lancia all'Europa Sari Nusseibeh, il più autorevole intellettuale palestinese, da sempre sostenitore del dialogo. «Ma la speranza di una pace giusta, tra pari - avverte Nusseibeh - rischia di essere sepolta definitivamente sotto le macerie di Beit Hanun».
Come definire ciò che è accaduto a Beit Hanun?
«Nei termini più gravi possibili. Un orrendo massacro, un crimine contro l'umanità, una strage annunciata. Nessuna di queste definizioni pecca in eccesso. Israele si è macchiato di un delitto che non può, non deve trovare alcuna giustificazione nella coscienza del mondo civile».
Anche le autorità israeliane parlano di tragedia.
«Questa ammissione non sminuisce le responsabilità di chi ha ordinato il pugno di ferro a Beit Hanun e nella Striscia di Gaza. Una politica folle, perseguita da una leadership che si è illusa di poter mascherare l'impotenza politica con l'esercizio della forza delle armi».
Hamas e Al-Fatah hanno giurato vendetta e annunciato la ripresa degli attentati suicidi in Israele.
«Lei sa che mi sono sempre battuto e continuerò a farlo contro la militarizzazione dell'Intifada, condannando ogni azione che abbia come obiettivo dei civili. Per ragioni etiche e non solo politiche. Ma oggi più che mai occorre battersi contro tutti i terrorismi, non solo quello degli "shahid" (i kamikaze palestinesi, ndr.) ma anche contro il terrorismo di Stato di cui le autorità israeliane si sono macchiate. Non basta indossare una divisa militare per considerarsi un combattente e non un terrorista. Parlo delle autorità israeliane perché so bene che in Israele esistono donne e uomini che credono nella giustizia e nel dialogo. È l'Israele che si è ritrovata sabato scorso a Tel Aviv per ricordare Yitzhak Rabin, è l'Israele che si riconosce nelle parole di David Grossman. A questa Israele mi rivolgo oggi per chiedere uno scatto di orgoglio, una rivolta morale per fermare la mano di chi in nome della sicurezza si è macchiato di un crimine efferato, che può innescare una nuova, devastante ondata di violenze».
Cosa si sente di chiedere in questo momento all'Europa?
«Di non limitarsi agli appelli alla moderazione ma di agire per evitare che altre Beit Hanun possano ripetersi. Ciò significa dare corpo all'idea, più volte ribadita dal ministro degli Esteri italiano Massimo D'Alema, di una forza di interposizione internazionale a Gaza a protezione della popolazione civile palestinese. Sarebbe un primo, importante atto di una assunzione di responsabilità da parte dell'Europa che dovrebbe portare ad una "Madrid 2", una Conferenza di pace copromossa da Ue e Stati Uniti. Ciò che sta avvenendo da mesi nella Striscia non è meno grave di ciò che è avvenuto in Libano. Da mesi un milione e 400mila palestinesi sono "ingabbiati", isolati dal mondo, oggetto di continui raid da parte delle forze armate israeliane, costretti a vivere in una enorme prigione a cielo aperto, in condizioni inumane. Cos'altro deve accadere perché si agisca con la stessa determinazione? O si considerano i palestinesi un non problema, un popolo senza diritti, carne da macello?».
Israele ha sempre rigettato la possibilità di una forza di interposizione.
«Ma Israele non può considerarsi al di sopra della legalità internazionale e la Comunità internazionale non può continuare a concedere a Israele licenza di uccidere. Vede, molto si discute sull' "scontro di civiltà" tra l'Occidente e l'Islam. Una cosa è certa: in Medio Oriente niente è stato più deleterio per l'Occidente e per la stabilità della regione di aver perseguito una politica dei due pesi e due misure. Questo "doppio binario", che ha portato alla guerra in Iraq e al silenzio verso Israele, ha prodotto nel mondo arabo un rigetto verso l'Occidente su cui hanno agito le forze radicali, jihadiste. Porre fine a questa politica, riconoscere il diritto dei palestinesi a vivere in pace in uno Stato indipendente a fianco di Israele, è l'unico modo per sconfiggere i propugnatori di ogni Guerra di civiltà».
Con la strage di Beit Hanun Israele ha distrutto qualsiasi possibilità di pace, ha affermato il presidente dell'Anp.
«Abu Mazen non è un estremista, ma un politico disposto al negoziato e alla ricerca di un equo compromesso. Ed è per questo che il mondo non deve lasciare cadere nel vuoto il suo appello. Lasciare impunita la strage di Beit Hanun è anche un colpo mortale inferto alla dirigenza palestinese moderata. Ciò che chiediamo è una reazione del mondo adeguata alla gravità dell'accaduto. Chiediamo giustizia, non vendetta. In nome delle donne e dei bambini uccisi a Beit Hanun».
Analoghe considerazioni possono essere fatte per l'intervista a Nemer Hammad pubblicata da REPUBBLICa, che riportiamo di seguito:
ROMA - «Solo un intervento internazionale può salvare la popolazione palestinese. La domanda che continuiamo a ripeterci e a ripetere ai nostri interlocutori europei è: perché l´Onu può andare in Libano, e a Gaza no? La presidenza dell´Anp chiede che le Nazioni Unite mandino immediatamente una forza di osservatori che prenda posizione lungo il confine fra Gaza e Israele». Per Nemer Hammad, consigliere politico del presidente Abu Mazen, la strage di Beit Hanun è un «massacro orribile e barbaro» che dimostra ancora una volta come il ritiro israeliano da Gaza nell´agosto 2005 è un falso: «La Striscia da allora è in costante stato d´assedio, cos´è cambiato per gente di Gaza? Nulla, anzi le brutali azioni dell´esercito continuano».
Come uscire da questa crisi?
«L´unica strada è l´internazionalizzazione, con un impegno vero di tutte le parti in causa. Questa crisi è l´unica negli ultimi 50 anni che non si risolve, decine e decine le risoluzioni dell´Onu, gli impegni presi: mai applicato niente. Dobbiamo rompere con l´aiuto di tutti questo tabù».
Ora la proposta viene rilanciata, come già aveva fatto quest´estate, dal ministro degli Esteri D´Alema ...
«L´Europa mi auguro che faccia propria questa richiesta che facciamo al Consiglio di Sicurezza dell´Onu e che l´Italia sostenga questa iniziativa. Gaza è piccola, non c´è bisogno di grandi mezzi, aerei, tank o elicotteri: noi chiediamo osservatori internazionali in un numero adeguato per esercitare un controllo sul territorio e sulla linea di confine fra la Striscia e Israele».
E i lanci dei missili Kassam contro Israele?
«Il popolo palestinese vuole prima di tutto sentirsi protetto, sono convinto che con la presenza degli osservatori internazionali, in un numero adeguato per gestire la situazione, impedirà già da sola questi lanci. Questi missili, insignificanti militarmente, sono diventati l´alibi per l´esercito israeliano. Dal 2000, e cioè in sei anni, sono morte sei civili israeliani e una dozzina feriti - a cui va tutta la nostra solidarietà per ciò che è accaduto - e modesti danni a qualche struttura ma nello stesso periodo i palestinesi uccisi nei raid israeliani a Gaza sono stati più di 1.500, 460 solo dalla fine di giugno».
Il governo Olmert ha promesso un´inchiesta ...
«Ma per carità. Basta ascoltare le parole della loro ministra degli Esteri che ha parlato "di uno spiacevole incidente"... E´ la mancanza di sensibilità umana che colpisce, loro si giustificano sempre. Nessuna inchiesta israeliana su fatti del genere si è mai conclusa con una condanna di qualcuno. E chi è poi il responsabile? Chi spara o chi ordina di sparare?».
Gli esponenti di alcuni gruppi armati, in particolare di Hamas, hanno gridato alla vendetta contro Israele nelle strade di Gaza. Il suo leader Meshal da Damasco annuncia ritorsioni ...
«Gli attentati fanno il gioco degli israeliani non il nostro. Non è la nostra linea e non è quella dell´Anp, sono reazioni di rabbia a caldo, che dobbiamo cercare di contenere. Per questo ripeto ancora una volta: la comunità internazionale ci aiuti, mandi i suoi osservatori».
Questa strage ha cancellato qualunque possibilità di negoziato?
«In questo massacro non è stata uccisa soltanto un´intera famiglia palestinese, sono stati uccisi gli enormi sforzi fatti da Abu Mazen per una tregua, per la fine delle violenze. Questa strategia israeliana basata sull´unilateralismo che ignora la presenza di un altro popolo, con un disprezzo della vita umana che lascia sgomenti, crea una chiusura totale per qualunque soluzione, scatena un odio incontrollabile. Guardi cosa accade nelle strade della Palestina. I palestinesi sono vittime di una politica criminale messa in atto dall´esercito israeliano. Si vedono in Italia le immagini di Gaza? Negli ultimi sei giorni sono stati uccise 60 persone, quasi tutti civili. Cos´altro dobbiamo dire ancora? Le vittime non sono solo quelle piangiamo accompagnandole al cimitero, vittime sono anche quelli che restano in vita, condannati a vivere nella paura, con le operazioni militari che devastano le loro case, strette in uno stato d´assedio soffocante fatto anche di privazioni materiali che ha degradato la loro vita alla mera sopravvivenza».
E´ saltato anche il possibile accordo per un governo di unità nazionale che chiedeva il presidente Abu Mazen?
«Questo è il momento del lutto per l´ennesima tragedia che ci ha colpito, la politica può aspettare 48 ore. I colloqui con Hamas sono stati congelati per il lutto nazionale non cancellati, io credo che il governo di unità nazionale è la migliore risposta alla politica aggressiva degli israeliani e non il contrario».
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