Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Da Israele mano tesa ai paesi arabi mentre si ipotizza un ingresso nel governo di Yisrael Beitenu, il partito di Avigdor Lieberman
Testata:Il Giornale - Il Foglio Autore: Gian Micalessin - la redazione Titolo: «Olmert agli arabi moderati: «E adesso parliamo di pace» - Olmert cambia agenda e forse anche governo. Ecco perché»
Dal GIORNALE del 17 ottobre 2006:
Finita l'estate di guerra, la Knesset riapre i battenti e il premier Ehud Olmert ci si infila con la furia del redivivo. È sopravvissuto alla mancata vittoria, ora deve sopravvivere, ed è molto più difficile, all'inverno della politica. Il suo programma di governo - l'ambizioso ritiro dalla Cisgiordania, che gli aveva consentito di vincere le elezioni - si è dissolto tra i fumi del Libano. La tragedia dei due soldati rapiti, della Galilea martoriata dai katyusha e dell'esercito umiliato si mescola, nello stomaco dell'opinione pubblica, con il ricordo di un troppo frettoloso ritiro dal Libano. Dunque i ritiri è meglio dimenticarli. Meglio parlar di pace. E allora Olmert non si trattiene. Pur di trovare una ricetta capace di catapultarlo nuovamente ai vertici dell'attenzione internazionale e rilanciare la sua offuscata immagine nazionale, il premier israeliano ne promette un po' a tutti. All'omologo libanese Fouad Siniora con cui auspica di potersi «incontrare faccia a faccia per dare pace ai nostri popoli». Ai Paesi arabi moderati - «dove molte voci parlano di una pace con Israele» - per costruire un asse con cui contrastare l'egemonia iraniana e la minaccia nucleare. Al disgraziato presidente palestinese Abu Mazen al quale Olmert promette, per l'ennesima volta, il tanto sospirato vertice per rilanciare i negoziati. Per non trascurar proprio nessuno Olmert si rivolge persino al presidente siriano Bashar Assad con cui, dice il premier, Israele potrebbe dialogare se Damasco rinunciasse al terrorismo. Che si tratti di politica estera a uso interno ci vuol poco a capirlo. Privo di un programma, Olmert deve dare un senso a se stesso e al neonato partito Kadima per non ritrovarsi a casa entro pochi mesi. La ricerca di convergenze «arabe» non è comunque un pretesto infondato. La ricerca di un'intesa con gli arabi moderati e più specificatamente con l'Arabia Saudita segue le linee di frattura di quel conflitto sciita-sunnita che partendo dall'Iran attraversa l'Irak, la Siria e il Libano minacciando di far deflagrare il Medio Oriente. A conti fatti l'unico nemico in grado di rappresentare una minaccia esistenziale, soprattutto se riuscirà a costruire la bomba atomica, è l'Iran. L'apertura a sauditi e moderati diventa, dunque, necessità. Il ramoscello d'ulivo offerto a Siniora è una mossa all'interno della stessa partita. Siniora, uomo del defunto Hariri e dei sauditi, è nel mirino di Hezbollah che studia, d'intesa con la Siria, la sua neutralizzazione politica. Ma le profferte di Olmert in un Paese reduce dai bombardamenti israeliani rischiano di diventare un bacio avvelenato. Rafik Hariri si ritrovò dilaniato da un'autobomba per molto meno e Siniora non l'ha scordato. Certo, se Damasco interloquisse con Israele tutto potrebbe cambiare. Ma per ora è utopia e Siniora risponde, nell'unico modo possibile: «Il Libano sarà l'ultimo Paese a far la pace con Israele». Più imbarazzato di Siniora sembra Abu Mazen: si ritrova a fare i conti con le minacce del ministro della Difesa Amir Peretz che promette un'offensiva di rare proporzioni su Gaza e con quelle dei militanti di Hamas che lo accusano di far il gioco d'Israele. Anche per lui la stretta di mano con Olmert rischia di essere fatale. Meglio, allora, lasciar passare la burrasca di quell'offensiva nella Striscia con cui Israele spera di stroncare Hamas, distruggere le nuove armi contrabbandate dall'Egitto e liberare il caporale Gilad Shalit. «Non lasceremo - ha ricordato ieri il ministro della Difesa Peretz - che Gaza si trasformi in un nuovo Libano». In fondo ci spera anche Abu Mazen.
Dal FOGLIO :
Gerusalemme. Ieri il capo dello stato israeliano, Moshe Katsav, ha scelto di non presentarsi alla Knesset, il Parlamento, dove nessuno, forse, si sarebbe alzato per rivolgere il consueto saluto al presidente. Katsav, sotto inchiesta da luglio, è considerato colpevole dalla polizia per lo scandalo che lo ha coinvolto – avrebbe molestato alcune sue collaboratrici e per questo rischia da tre a sedici anni di carcere – ma non potrà essere processato finché resta in carica. Il procuratore generale, Menachem Mazuz, deciderà entro due settimane se rinviare a giudizio il presidente. Il caso ha ricadute anche sull’escutivo di Ehud Olmert, e il ministro del Turismo, Isaac Herzog, spiega al Foglio perché: Katsav “non potrà ignorare la stampa”, che da settimane continua seguire la vicenda con un pizzico di malizia, perché in questi giorni si discute di un’ipotesi scomoda: che Yisrael Beitenu, il partito di Avigdor Lieberman, entri nell’esecutivo. Lo scandalo Katsav distoglie l’attenzione dalla questione. Herzog, reduce da una riunione di cinque ore convocata dal suo partito, Avoda, domenica, rivela al Foglio che tra i laburisti molti sono “contrari all’ingresso di questa formazione di destra perché considerano razzista la sua politica nei confronti degli arabi israeliani”. Ma Herzog è convinto che estendere la coalizione rafforzerebbe la stabilità del governo: “Appoggio l’ingresso del partito di Lieberman perché dividerebbe e indebolirebbe la destra israeliana, che in questo momento è forte nei sondaggi. Lieberman rappresenta oltre un milione di elettori russi che in questo modo entrerebbero di colpo nella vita politica del paese – elettori che i partiti tradizionali non hanno saputo attrarre”. Per quanto sia una figura controversa che la stampa internazionale ama demonizzare, Lieberman è un uomo “dai molti volti”. “E’ stato ministro in precedenti governi e quando ha fatto parte di una coalizione ne ha rispettato i termini”. Herzog parla dell’agenda del governo che “cambia a seconda delle circostanze. Gli ultimi eventi sono una tragedia; prima che si verificassero, io e molti altri membri del mio partito, nonché della coalizione di Olmert, eravamo pronti a ulteriori ritiri in cambio di pace. Purtroppo, ci siamo resi conto di avere di fronte un nemico spietato: il mondo musulmano fondamentalista. Ora dobbiamo cercare un nuovo meccanismo per il cambiamento, collaborando con nazioni moderate come l’Egitto, la Giordania, il Marocco, la Turchia e con lo stesso Abu Mazen in Palestina, allo scopo di creare una piattaforma e una soluzione comune contro un’organizzazione terroristica che va da Teheran a Damasco e da Hezbollah a Hamas”. Per quanto riguarda la Siria, Herzog sostiene che il presidente Bashar Assad deve assumere un atteggiamento diverso e mostrare più concreti segnali per la “costruzione della fiducia”. Il ministro del Turismo dice che l’occidente deve comprendere il suo ruolo. “Diciamo che domani l’Ue decide di negoziare con Assad per un pacchetto di aiuti economici, ebbene, deve dirgli: ‘Volete l’opportunità di rientrare nella famiglia delle nazioni civili? Ok, nessun problema. Noi vi aiuteremo, ma voi dovete dimostrare di essere veramente decisi a impedire il contrabbando di armi dalla Siria al Libano e a prendere seri provvedimenti contro Nasrallah e Hezbollah’. Solo allora, avremo qualcosa di concreto. Per quanto riguarda Gaza, spero che i palestinesi comprendano che Hamas, rifiutando di riconoscere Israele, di accettare i precedenti accordi e continuando a invocare il terrorismo, non ha fatto altro che causare sofferenze al popolo palestinese”.