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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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L'Unità - Europa Rassegna Stampa
13.10.2006 In Israele la destra è per definizione pericolosa e oltranzista
nelle cronache di u.d.g. e Maurizio Debanne

Testata:L'Unità - Europa
Autore: Umnberto De Giovannangeli - Maurizio Debanne
Titolo: «Israele: rimonta la destra, crolla il partito di Olmert - Crolla Kadima, avanzano Likud e destra estrema»

La destra israeliana è per definizione "oltranzista" ed estremista. Così nella cronaca di Umberto De Giovannangeli pubblicata dall'UNITA' del 13 ottobre 2006:

 ISRAELE VIRA A DESTRA Crollano i centristi di Kadima, sfiorisce il «nuovo» Labour di Amir Peretz, mentre volano gli oltranzisti e risorge il Likud di Benjamin
Netanyahu. E questo mentre sul Paese aleggia lo spettro di un nuovo conflitto armato con l'Iran e la Siria. La «sindrome libanese» continua a indebolire il premier israeliano Ehud Olmert e il suo partito, Kadima, che un sondaggio pubblicato ieri dà in caduta libera nelle intenzioni di voto degli elettori dello Stato ebraico, passando dal primo al terzo posto. Secondo il sondaggio di Yedioth Ahronot, il più diffuso quotidiano israeliano, in caso di elezioni anticipate, sull'onda del diffuso malcontento nel Paese verso i vertici politici e militari per come la guerra in Libano è stata condotta, Kadima scenderebbe dagli attuali 29 seggi (su 120 alla Knesset) a 15. Il Likud dell'ex-premier Benamin Netanyahu, in clamorosa rimonta, ridiventerebbe il primo partito israeliano con 22 seggi, contro i 12 attuali. Il sondaggio di Yediot Ahronot conferma un forte spostamento verso destra dell'elettorato nel dopo guerra in Libano. Nelle intenzioni di voto degli israeliani Kadima, il partito fondato un anno fa da Ariel Sharon, verrebbe superato anche dall'estrema destra di Avigdor Lieberman: Israel Beitenu, i cui elettori sono in prevalenza di origine russa, dagli attuali 11 seggi salirebbe a 20. Il partito laburista del ministro della Difesa Amir Peretz perderebbe quattro seggi, scendendo da 19 a 15.
Un precedente sondaggio a fine settembre aveva indicato che nei consensi degli israeliani il premier Olmert è precipitato dal 48%, nei primi giorni della guerra, a un misero 22%. Per tamponare le falle nella tenuta del governo, Olmert da alcuni giorni ha lanciato segnali di apertura verso il partito di Lieberman, che secondo la stampa israeliana potrebbe entrare in maggioranza entro la fine del mese. I negoziati sembrano in fase avanzata, malgrado le resistenze che vengono dal partito laburista. Peretz si è dichiarato contrario all'ingresso in maggioranza di Lieberman, sottolineando le «divergenze profonde» esistenti fra i laburisti e Israel Beiteinu. La direzione del Labour deve riunirsi domenica per definire formalmente la propria posizione. Alcuni «baroni» del partito sarebbero favorevoli ad una apertura a Lieberman per evitare elezioni anticipate, ma la sinistra del partito avverte: un sì a Lieberman aprirebbe la strada ad una scissione. «Il primo ministro prosegue nei suoi sforzi per includere Israel Beiteinu nella coalizione di governo per rafforzarne la stabilità», ha confermato ieri la portavoce di Olmert, Miri Eisin.
Lieberman punterebbe a ottenere nel governo un portafoglio creato su misura per lui, quello degli «affari strategici». Secondo la stampa il premier non escluderebbe di aprire l'esecutivo anche al piccolo partito ortodosso della Torah Unita (sei deputati). La maggioranza di governo attuale ha l'appoggio in teoria di 67 deputati su 120 alla Knesset (29 Kadima, 19 Labour, 12 ortodossi dello Shas e 7 dei pensionati). Ma la rivolta interna nel Labour, portata avanti dalle «colombe» del partito, potrebbe porre a rischio la tenuta del governo in parlamento durante la sessione d'inverno che inizia la settimana prossima. Le manovre politiche s'intrecciano con la «guerra dimenticata»: quella combattuta nei Territori. Ieri in un raid di Tzahal nella Striscia di Gaza sono stati uccisi sei palestinesi, tra i quali Suheib Iqdah, un adolescente di 13 anni, colpito, assieme a un altro civile, mentre si trovava vicino a un gruppo di miliziani armati che, sottolinea un portavoce militare israeliano, erano l'obiettivo dell'attacco.

(Si noti il modo scorretto nel quale viene fornita questa notizia "in un raid di Tzahal nella Striscia di Gaza sono stati uccisi sei palestinesi, tra i quali Suheib Iqdah, un adolescente di 13 anni, colpito, assieme a un altro civile": ma in realtà Israele ha compiuto un raid contro i terroristi, i quali come usano fare si erano circondati di adolescenti e civili)

E in quello di Maurizio Debanne pubblicato da EUROPA:

La “sindrome libanese” continua a indebolire il governo di Ehud Olmert ma sopratutto il suo partito centrista Kadima. Un sondaggio pubblicato ieri sul quotidiano Yedioth Aharonoth lo dà in caduta libera nelle intenzioni di voto, passando addirittura dal primo al terzo posto. In sintesi il sondaggio (il campione ha incluso 501 israeliani) conferma lo spostamento verso destra dell’elettorato.
Infatti dai risultati si evince che , in caso di elezioni anticipate, Kadima scenderebbe dagli attuali 29 seggi (sui 120 totali della Knesset) a 15. Il Likud dell’ex-premier Benjamin Netanyahu, in clamorosa rimonta, ridiventerebbe il primo partito israeliano con 22 seggi, contro i 12 attuali. E non è tutto. Il partito fondato da Ariel Sharon verrebbe superato anche dall’estrema destra di Lieberman: dagli attuali 11 seggi salirebbe a 20. Anche nel Labour si guarda con angoscia a questa indagine che assegna al partito del ministro della difesa Amir Peretz solo 15 seggi, contro i 19 attuali.
Nulla di nuovo comunque per Olmert, consapevole da tempo della situazione di crisi.
Per riguadagnare la fiducia degli israeliani, il premier sta correndo ai ripari cercando di consolidare la maggioranza di governo aprendo verso il capo dell’estrema destra russofona Avigdor Lieberman. Secondo la stampa il premier non escluderebbe di aprire il governo anche al piccolo partito ortodosso della Torah Unita (sei deputati). La fi- nestra a destra gli consentirebbe di far rientrare buona parte delle critiche che gli vengono mosse dai conservatori. I negoziati sembrano in fase avanzata e, secondo la stampa israeliana, Lieberman potrebbe entrare nella maggioranza entro la fine del mese.
«Il premier prosegue nei suoi sforzi per includere Israel Beiteinu nella coalizione di governo per rafforzarne la stabilità», ha confermato ieri la portavoce di Olmert Miri Eisin. Lieberman punterebbe a ottenere nel governo un portafoglio creato su misura per lui, quello degli «affari strategici».
Ma Olmert deve comunque fare i conti con il suo principale partner nella maggioranza, il leader laburista Amir Peretz, che ieri si è dichiarato contrario a una alleanza con il leader di Israel Beiteinu, sottolineando le «divergenze profonde» esistenti fra i laburisti e Israel Beiteinu. La direzione del Labour si riunirà domenica prossima per definire formalmente la propria posizione.
Alcuni baroni del partito sarebbero favorevoli a una apertura a Lieberman per evitare elezioni anticipate.
Intanto la striscia di Gaza ha registrato una nuova impennata di violenza. Sei palestinesi, fra cui tre civili, sono stati uccisi in un raid israeliano contro un gruppo di miliziani di Hamas, durante un’incursione di Tsahal vicino a Khan Yunis. Fra i morti anche un adolescente di 13 anni, Suahib Kadiah, che si trovava vicino ai miliziani colpiti da un missile israeliano, con il padre Adal, 40 anni, anche lui ucciso. Altri tre membri della stessa famiglia, miliziani di Hamas, sono stati uccisi nell’attacco.
Rimane infine alta la tensione fra Hamas e il presidente Abu Mazen, impegnati in un duro braccio di ferro politico dopo il fallimento dei negoziati per la formazione di un governo di unità nazionale.
Se un compromesso non sarà possibile entro la conclusione del Ramadan, verso a fine del mese, Abu Mazen potrebbe decidere di sciogliere il governo islamico ed il parlamento e di convocare elezioni anticipate.
Una mossa che però potrebbe spingere i Territori verso la guerra civile.
Nelle ultime due settimane scontri fra armati di Hamas e del Fatah hanno fatto a Gaza 12 morti. Uno stretto consigliere del premier islamico Ismail Haniyeh, Ahmad Yussef, ha proposto un vertice al Cairo fra le due parti per cercare di delineare un compromesso dell’ultima ora.

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