Un articolo decisamente critico verso il governo italiano, accusato di "silenzi equidistanti", esce sul CORRIERE della SERA di oggi,24/09/2006 in prima pagina, a firma di Franco Venturini. Senza giri di parole, la minaccia contenuta nella parole che Nasrallah ha pronunciato l'altro giorno di fronte alla manifestazione "oceanica" di Beirut, hanno lasciato totalmente muti sia Prodi che D'Alema, come se la cosa non riguardasse l'Italia. Una ennesima prova di quanto questo governo sia sbilanciato in favore dei terroristi (chiamiamo le cose con il loro nome).
Ecco l'articolo:
Lo sceicco Nasrallah non ha atteso la fine dell'Assemblea generale dell'Onu, nella quale molto si è parlato di Medio Oriente e di ricadute della guerra in Libano, per celebrare davanti a mezzo milione di sostenitori la «vittoria» di Hezbollah su Israele.
Che a conti fatti il conflitto del Libano abbia arrecato più vantaggi a Hezbollah che a Israele è cosa più volte detta, e del resto un dibattito non privo di accenti autocritici scuote tanto la società quanto i militari israeliani.
Ugualmente esplicite, malgrado la diversità delle passioni politico- religiose in gioco, sono state le critiche rivolte a Gerusalemme per la mano pesante nei confronti dei civili e per l'utilizzo di bombe a grappolo.
Ma è proprio per questo che colpisce, oggi, il silenzio di gran parte della comunità internazionale davanti alle affermazioni gravi e preoccupanti (anche per noi italiani, che nella zona calda del sud-Libano siamo ormai presenti in forze) fatte da Sayyed Hassan Nasrallah durante la sua «festa della vittoria».
Il capo del Partito di Dio ha detto con chiarezza due cose: Hezbollah dispone ancora di 20 mila razzi o missili, e non si lascerà disarmare perché questo farebbe «il gioco dei sionisti». Sul primo punto c'è da essere inquieti, perché non bisogna dimenticare che simili armi sono state lanciate contro la popolazione civile israeliana. Sul secondo punto c'è da temere ancor di peggio, perché un Hezbollah che conserva intatto il suo arsenale, oltre a violare le risoluzioni dell'Onu, crea la premessa strategica di un nuovo e ancor più distruttivo conflitto.
La questione del disarmo di Hezbollah è non da oggi la chiave di volta della crisi libanese. La risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza stabilisce che a sud del fiume Litani le uniche formazioni armate ammesse sono quelle appartenenti alla Unifil II (nel cui ambito agiscono i militari italiani) oppure all'esercito regolare di Beirut. E sono le autorità e i soldati libanesi, non i contingenti dell'Onu, a dover disarmare Hezbollah disinnescando preventivamente il rischio di un ritorno di guerra con Israele. Ma nel momento stesso in cui questa formula di compromesso veniva sottoscritta al Palazzo di Vetro, tutti sapevano che l'esercito libanese non ha, come non ha avuto in passato, la forza e la determinazione necessarie per svuotare gli arsenali delle milizie di Hezbollah.
Il fuoco cova dunque sotto la cenere. Ma una cosa è esserne consapevoli e cercare una via d'uscita (l'inserimento condizionato di Hezbollah nell'esercito libanese, l'accentuazione del carattere politico del movimento?) mentre altra ben diversa è creare le premesse, come hanno fatto le parole di Nasrallah, per un nuovo incendio.
Soprattutto se la riaccensione della miccia avviene quando gli israeliani si sono ritirati da quasi tutto il territorio libanese occupato, il governo di Beirut ha deciso di dotarsi di nuovi armamenti per impedire che Hezbollah si proclami unico baluardo della difesa nazionale, i pattugliamenti dell'Unifil sono diventati operativi e si tenta faticosamente di aprire uno spiraglio anche sul versante israelo-palestinese.
Rispolverare la retorica delle armi in queste circostanze (anche se è chiaro l'intento di Nasrallah di intimorire il governo libanese di Siniora) equivale a fare del sabotaggio politico. E ci sarebbe piaciuto poter constatare l'esistenza, anziché di un solido silenzio, di una opportuna
equiseverità di giudizi. Anche in Italia, visto che tra l'altro abbiamo i nostri soldati in zona. E anche nei confronti di quell'Iran che su Hezbollah non è certo privo di influenza, e che invece di alimentare il suo «deterrente per procura» in Libano dovrebbe mostrare, mentre invoca negoziati sui suoi programmi nucleari, un comportamento più responsabile e dunque credibile.
Suggeriamo ai nostri lettori, oltre ad inviare un plauso a Franco Venturini, di usare le sue argometazioni per scrivere al proprio quotidiano di riferimento per denunciare il silenzio di Prodi e D'Alema di fronte alle minacce di Nasrallah, così ben documentate nel pezzo del Corriere della Sera. Le e-mail dei quotidiani nella sezione "stampa" in Home Page.