Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Un legittimo sospetto che servizi di sicurezza siriani non siano del tutto estranei all'attentato che hanno sventato
Testata:Libero - La Stampa Autore: Glauco Maggi - Lorenzo Trombetta Titolo: «I siriani sventano l'attacco terrorista all'ambasciata Usa - "Una vettura dei kamikaze era simile a quelle usate dalla sicurezza siriana"»
Da LIBERO, un articolo di Glauco Maggi:
L'ambasciata americana a Damasco, in Siria, è stata attaccata da un gruppo di quattro terroristi, al grido «Allah è grande». Tre sono morti nello scambio a fuoco con le guardie siriane, e un quarto è stato ferito e catturato. Anche due agenti della sicurezza locale hanno perso la vita, mentre un paio di loro colleghi e 11 civili, di cui due iracheni e un diplomatico cinese, sono stati feriti. Il commando, con due macchine cariche di esplosivo, è arrivato a metà mattinata fin sotto la cancellata della sede diplomatica, un miracolo se si pensa che il quartiere è il più strettamente sorvegliato anche perché vi vive il leaderdittatore Assad. Nessun americano è rimasto coinvolto nell'assalto, ma il segretario di Stato Condi Rice, che si trova in Canada, ha immediatamente ringraziato la Siria ed espresso le condoglianze alla famiglia dell'agente della sicurezza ucciso: «Penso davvero che i siriani abbiano reagito all'attacco alla nostra ambasciata in un modo che ha aiutato la nostra gente che era dentro. E noi lo apprezziamo molto». I DUBBI Detto questo, resta irrisolto il rebus di un attentato ad una sede d'ambasciata Usa senza ambasciatore, perché era stato ritirato nel febbraio del 2005 dopo l'assassinio dell'ex premier libanese Rafik Hariri in un complotto di cui è accusato, persino dall'Onu, il governo di Damasco. I primi sospetti su chi siano gli esecutori materiali, almeno secondo Imad Moustapha, ambasciatore siriano negli Stati Uniti, portano ad un grupposcheggia di Al Qaeda, i cosiddetti Jund al-Sham, o Soldati del Levante. «È troppo presto per dire chi potrebbe essere il responsabile dell'attacco», ha detto invece la Rice. «Ovviamente, ci sarà un'inchiesta sul fatto e cercheremo di dare un senso all'accaduto», ha aggiunto. Il quarto uomo, che è nelle mani della polizia di Damasco, darà una sua versione dei fatti. Ma sarà vera luce? La Siria, che ha incassato il diplomatico grazie di Washington, è quella stessa Siria che gli Usa (con la Francia) hanno costretto a sgombrare dal Libano dopo decenni di occupazione militare poco più di un anno fa. E che solo poche settimane fa ha stretto un accordo militare con l'Iran mentre ha smaccatamente appoggiato Hezbollah nei suoi attacchi a Israele. Quando gli scappò la parolaccia al summit dei G8 in Russia, Bush stava dicendo a Blair: «Annan deve chiamare Assad e dirgli di finire questa merda (cioè l'aiuto agli Hezbollah che bombardavano Israele)». TRA REPRESSIONI E COMPLICITÀ Nel 2004 e ancora l'anno scorso, gli Usa accusarono questa stessa Siria di far passare in Iraq terroristi arabi ed armi per rafforzare le bande sunnite e/o le cellule di Al Zarqawi. Ma la Siria di Assad, che oggi coccola i fondamentalisti sciiti in Libano e fa asse comune con il presidente antisemita iraniano Ahmadinejad in funzione anti Israele, è la diretta discendente della Siria di Hafez Assad che nel 1982 fece una strage di 20mila Fratelli Musulmani ad Hama, per reprimere un tentativo di rovesciamento del regime siriano giudicato secolare dai rivoltosi fondamentalisti. Gli islamo-nazisti radicali della corrente sciita, che disprezzano l'America e l'Occidente, non dimenticano infatti mai che anche i sunniti, o i secolaristi quali proclamano d'essere i governanti siriani, sono loro nemici mortali. Ecco perché l'attentato di oggi è tutto da interpretare. Siccome nulla può capitare in uno Stato che è dotato di 4 diversi apparati di sicurezza svincolati dalla legge formale e al puro servizio del dittatore, le voci sul fatto che l'attentato sia stato "montato" si infittiscono: l'obiettivo sarebbe di guadagnare punti sul terreno diplomatico globale, e presso l'America stessa , iscrivendosi alla lista dei "Paesi vittime del terrorismo", e che lottano contro il "nemico invisibile". Se l'assalto è stato "vero", mentre il ferito sotto interrogatorio sogna di essere a Guantanamo, Assad può cominciare a riflettere sul fatto che la campana del terrore sta suonando anche per lui. Così è del resto capitato al leader-dittatore del Pakistan Musharraf, che dopo essere scampato a vari e verissimi tentativi di ammazzarlo da parte di Al Qaeda è diventato un (quasi) fidato alleato di Bush. Se il suo regime poliziesco non controlla cellule impazzite che scorrazzano per il centro di Damasco, Assad perde l'immagine di uomo-forte presso i suoi stessi sudditi.
Da la STAMPA, un'intervista a un negoziante che ha assistito all'attentato. Inquietante la sua dichiarazione finale:
DAMASCO «Ho sentito un’esplosione e poi altri colpi. Sono uscito dal negozio e ho visto una macchina in fiamme e degli uomini che sparavano contro una pattuglia della polizia. Poi il caos di macchine e sirene». Così, Anas R., 53 anni, racconta l’assalto di ieri mattina all’ambasciata americana di Damasco. Dove si trovava al momento degli spari? «Ero nel mio negozio, da dove posso vedere la piazza su cui s’affaccia il palazzo degli americani. Ho sentito delle macchine andare ad alta velocità e poi frenare. Ma solo dopo la prima esplosione sono uscito a vedere». Cosa ha pensato che stesse succedendo? «Ho avuto paura, perché scontri di questo genere tra mille ambasciate e con tanti uomini della sicurezza non erano mai capitati qui da decenni». Dopo quanto sono intervenuti i reparti speciali? «Dopo circa 5 minuti, ma sono arrivati da tutte le parti, in civile e in divisa. Come le ho detto era il caos e non sapevamo dove guardare e cosa pensare. E’ accaduto tutto molto in fretta». Domani avrà più paura di tornare al negozio? «No, perché sono sicuro che eventi simili non capitano tanto spesso. Specialmente in questa zona mi sento sicuro e chi ha pensato di poter organizzare un attacco simile poteva solo cercare il suicidio». A mente fredda, si ricorda qualche particolare importante di quel che ha visto? «Non sono abituato ad assistere ad eventi simili ed è tutto ancora confuso. Ricordo di aver notato che una delle due macchine usate dagli uomini armati fosse simile a quelle che alcuni uomini della sicurezza usano quando pattugliano le strade».