Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Bush denuncia il pericolo iraniano intanto Ahmadinejad attacca gli studenti
Testata:La Stampa - La Repubblica Autore: Maurizio Molinari- Vanna Vannuccini Titolo: «Bush: l’Iran è come Al Qaeda - Teheran, adesso tocca agli studenti "Ripulire le università da laici e liberal"»
Da La STAMPA del 6 settembre 2006:
George W. Bush nel giorno in cui la Casa Bianca pubblica l’aggiornamento della strategia per la guerra al terrorismo iniziata cinque anni fa, paragona, come pericolosità, l’Iran ad Al Qaeda, Osama bin Laden a Hitler e Lenin. «Bin Laden ed i suoi alleati terroristi hanno chiarito le loro intenzioni come fecero Lenin e Hitler a loro tempo» ha detto il presidente americano parlando a Washington di fronte alla platea delle Associazioni degli ufficiali militari. Le «intenzioni» del leader di Al Qaeda sono globali: «Dare vita ad un califfato dall’Indonesia alla Spagna» basato sull’ideologia dell’islamofascismo. Citando a più riprese video, documenti e siti Internet di Al Qaeda, Bush ha chiesto all’America di «ascoltare ciò che dicono e scrivono i nostri nemici» al fine di non sottovalutare la minaccia, come fece l’Europa negli anni Trenta di fronte ad Hitler. «Bin Laden ha definito gli attacchi dell’11 settembre come un passo gigante verso l’unificazione di tutti i musulmani sotto un califfato - ha detto Bush - ed il suo numero due Ayman al-Zawahiri considera l’intero mondo un campo di battaglia». A conferma dei piani di Al Qaeda per insediarsi in singoli territori, come avvenne in Afghanistan fino al 2001, Bush ha svelato il ritrovamento da parte delle forze Usa in Iraq di un «manuale per la provincia di Anbar» - quella più infestata dalla guerriglia - che prevedeva la creazione di strutture governative, sociali, un dipartimento della giustizia ed un plotone di esecuzione per creare uno Stato nello Stato, come agli Hezbollah nel Libano del Sud. Per il capo della Casa Bianca il jihadismo sunnita di Bin Laden è parente stretto del jihadismo sciita degli Hezbollah «l’organizzazione che ha ucciso più americani dopo Al Qaeda» ed entrambi sono espressione di un’ideologia islamofascisma che ha le sue origini nella rivoluzione khomeinista del 1979. E l’Iran è ancora oggi la nazione più pericolosa perché guidata da un presidente come Ahmadinejad che, ha ricordato Bush, da un lato insegue il possesso dell’atomica e dall’altro «ha detto che presto al mondo non vi saranno più né gli Usa né Israele». Per avvalorare questa descrizione di Ahmadinejad ha citato quanto il presidente iraniano disse il 21 giugno scorso rivolgendosi alle «maggiori potenze»: «Aprite gli occhi e vedrete di fronte a voi il destino del Faraone, siete condannati allo sterminio ed alla sfortuna». Finito il discorso, è stata la Casa Bianca a diffondere i riferimenti esatti di ogni citazione confermando che l’intenzione del presidente Bush è di far aprire gli occhi all’America su «come è cambiata la minaccia» nei cinque anni trascorsi dall’11 settembre. «I terroristi si sono adattati alle nostre risposte - si legge nel documento "Combating Terrorism" - sono diventati una vasta rete senza più una struttura centralizzata, ci troviamo a combattere contro un movimento terrorista trasnazionale che si nutre di una ideologia di odio, oppressione e morte». L’America ha dunque di fronte a sé una «lunga guerra» che deve essere combattuta su due fronti «quello militare e quello delle idee». Da un punto di vista militare le priorità sono: prevenire gli attacchi colpendo prima di essere colpiti. Mentre la «guerra delle idee» passa attraverso la politica ovvero «il rafforzamento delle alleanze e la creazione di istituzioni interne ed internazionali».
Di seguito, un articolo di Vanna Vannuccini, pubblicato da La REPUBBLICa sul novo giro di vite repressivo deciso da Ahmadinejad:
Le ragazze sono sedute sul muretto di cinta della Facoltà di sociologia e scienze politiche. Con loro un paio di ragazzi, studenti di ingegneria. Chiacchierano e scherzano. Sembrano un qualsiasi gruppetto di studenti di qualsiasi campus universitario europeo o americano, se non fosse per i foulard che coprono, più o meno, i capelli delle ragazze. Uno degli studenti porta addirittura una cravatta, che dà nell´occhio in un paese dove le cravatte sono rigorosamente vietate come non islamiche. Lui ne tiene sempre una in tasca, racconta, e quando esce dalla sua classe viene a mettersela qui, dove (finora) nessuno lo ha arrestato. Quello della facoltà di sociologia è il campus più libero dell´università di Teheran, che è considerata la più libera università dell´Iran. O almeno lo era. Le epurazioni sono cominciate proprio quel giorno di fine luglio in cui c´imbattemmo del gruppetto di studenti. I tre professori più autorevoli della Facoltà si erano visti recapitare una lettera del Rettore. Era una lettera di congratulazioni: avete raggiunto l´età minima della pensione, diceva, e avete diritto a un meritato riposo. Da settembre le vostre cattedre passeranno ad altri insegnanti. Inutilmente cercammo di parlare ai tre esimi professori. Si erano rinchiusi nelle loro case e non davano interviste. I ragazzi mi raccontarono di casi di altri professori arbitrariamente pensionati che avevano espresso il loro disappunto e si erano visti espellere i figli dagli studi universitari, talora per un anno, talora per di più. Riuscimmo solo a parlare con un professore più giovane, Sadegh Zibakalam, che fu molto prudente. In questi giorni lo stesso Zibakalam ha pubblicato un articolo su Etemad e Melli in cui critica il regime per aver preteso dal filosofo Ramin Jahanbegloo, in cambio della libertà, una «confessione» all´agenzia Isna sulle presunte attività antiregime di cui era stato accusato. (E meno male, dice sarcasticamente Zibakalam, che almeno gli è stata risparmiata una confessione televisiva). Se durante la presidenza Khatami le università erano diventate un´oasi di relativa discussione e libertà di espressione, ora il presidente Ahmadinejad ha deciso di mettere a tacere tutti coloro che non si siano allineati al nuovo corso radicale. Ma nel timore di provocare qualche reazione, agisce in modi molto sofisticato: procede passo per passo, cercando di mantenere una parvenza di legalità. L´opinione pubblica iraniana è assente e confusa, è stata traumatizzata dal crollo delle speranze riformatrici, ma non si sa mai, potrebbe sempre risvegliarsi. Ahmadinejad sa benissimo che non c´è mai stata tanta distanza tra lo Stato islamico e i suoi giovani. Il 70 per cento dei giovani iraniani si dichiarano non religiosi, dicono le statistiche. Solo il 2 per cento va il venerdì alla moschea. E´ stato così che con il pretesto del raggiungimento della minima età pensionabile, in tutte le università iraniane sono stati mandati in pensione negli ultimi mesi decine di professori. Le ragazze della Facoltà di sociologia sorridono: uno di loro, il preside della facoltà, non aveva ancora 50 anni, altro che età della pensione. Loro hanno ormai un solo sogno, dicono. Lo dicono in coro, ragazzi e ragazze: fug-gi-re. Andarsene il più lontano possibile, via da questa Repubblica islamica che falcia tutte le loro aspirazioni. Però per poterlo fare, la prima cosa è chiudere gli occhi, tapparsi il naso e studiare studiare studiare per prendere una laurea. Solo con una laurea in tasca possono aspirare a trovare qualcosa da fare all´estero. Solo quando è in mezzo ai suoi miliziani Ahmadinejad parla chiaro. Ieri ha riunito l´associazione nazionale dei giovani islamici: « E´ ora di togliere la politica dalle università. Oggi negli atenei gli studenti criticano il presidente della Repubblica islamica perché ci sono ancora professori liberal e non religiosi che li portano su una strada sbagliata», ha detto. Le associazioni studentesche sono state private di qualsiasi influenza, a volte vietandole, a volte mettendo in prigione i loro capi. I due giornali relativamente liberi rimasti sono oggetto di fortissime pressioni. Nel giornale finanziato dall´ex presidente Rafsanjani, che aveva un´ampia diffusione, i redattori sono stati tutti personalmente minacciati. L´unico che ancora osa scrivere qualche blanda critica è Etemad e Melli, il quotidiano dell´ex presidente del Parlamento Karroubi, che ha credenziali rivoluzionarie impeccabili fino dai primi giorni della rivoluzione. Etemad e Melli viene lasciato vivere perché non vende che poche copie. Karroubi, che era stato candidato contro Ahmadinejad e si era ritirato denunciando le maniipolazioni del voto fatte dai basiji, aveva tentato anche di fare una televisione privata, ma il regime glielo ha impedito. Cliccare sul link sottostante per inviare una e-mail alla redazione della Stampa e di Repubblica