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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
20.08.2006 Israele prova a fermare il riarmo di Hezbollah, che viola il cessate il fuoco, e forse a liberare i suoi soldati sequestrati
l'Onu lo condanna

Testata: Corriere della Sera
Data: 20 agosto 2006
Pagina: 4
Autore: Lorenzo Cremonesi - Davide Frattini
Titolo: «Blitz degli israeliani nella Bekaa Annan «preoccupato»: tregua violata - Ma nel mirino dei militari c'è il leader Nasrallah «Se esce dal bunker, morirà»»

Hezbollah, violando le risoluzioni dell'Onu, non disarma. Non libera i  soldati isrealiani che ha sequestrato. Continua a ricevere rifornimenti di armi da Siria e Iran.
Ciò nonostante, se Israele compie un raid per fermare il riarmo dell'organizzazione terroristica, e forse per avvicinare la liberazione dei sequestrati, viene condannata dall'Onu per avere "violato" la tregua

Dal CORRIERE della SERA del 20 agosto 2006:


BEIRUT — Il raid inizia poco dopo la mezzanotte. Prima una serie di voli a bassa quota dei caccia israeliani su tutta la vallata della Bekaa, sino al confine con la Siria. Entra in azione la contraerea libanese. Spari, fasci di luce nel cielo, confusione. Ne approfittano due elicotteri per atterrare, escono altrettanti automezzi e un folto commando che si dirigono verso il villaggio di Bodai, sulle colline 15 chilometri a ovest di Baalbek. Vengono fermati da una pattuglia dell'Hezbollah. «Siamo soldati libanesi», grida in arabo un israeliano. Gli altri non ci credono. Ne segue un lungo scontro a fuoco. Gli uomini del «Partito di Dio» sono a casa loro. Baalbek è la loro roccaforte, il vero quartier generale per tutto il Libano. I rinforzi arrivano subito. Gli Humwee israeliani fuggono per la campagna, sostenuti dai caccia che sparano dal cielo. Si infilano per i viottoli in salita. Tentano comunque di arrivare a Bodai.
Cosa cercano? Cos'è successo in questa notte tra venerdì e sabato? A Beirut i giornalisti locali suggeriscono che gli israeliani mirassero a uccidere o catturare Mohammed Yazbek, lo sceicco del villaggio noto per essere tra i massimi quadri dirigenti dell'Hezbollah. È possibile che intendessero anche distruggere alcune delle numerose grotte che si trovano nella zona e gli alti comandi israeliani considerano i principali depositi di missili e razzi katiuscia che tanti danni hanno causato in Israele.
I portavoce a Gerusalemme, il mattino seguente, offrono comunque la spiegazione di sempre: «Le nostre forze speciali hanno condotto un'operazione volta a bloccare gli attacchi terroristici contro Israele e impedire l'arrivo di armi e munizioni da Siria e Iran». Non sembra sia andata bene per gli israeliani. Ancora prima dell'alba il commando si ritira: sugli elicotteri assieme ai due Humwee si carica anche il corpo di un ufficiale morto e due feriti.
L'Hezbollah conferma la morte di tre dei suoi uomini. Più o meno pareggio dunque. Ma a farne le spese davvero è il già fragilissimo accordo per il cessate il fuoco mediato dalle Nazioni Unite e sanzionato dalla risoluzione 1701 votata dal Consiglio di Sicurezza dopo settimane di stallo. Ieri era il sesto giorno dalla sua entrata in vigore. Ma con il passare del tempo si mostra sempre più fragile. Gerusalemme aveva già fatto capire che un raid simile sarebbe stato possibile in ogni momento: «L'Hezbollah non disarma, come invece prevede la risoluzione Onu. Al contrario, usa la tregua per rafforzare i suoi arsenali».
A Beirut regnano rabbia e risentimento. Ma tra i ranghi del governo di Fouad Siniora impera anche la sensazione di sempre: quella cioè di essere spettatori impotenti di un duello che non possono assolutamente controllare, solo subire a spese del loro Paese. Il premier in un impeto di ottimismo già una settimana fa si era detto fiducioso che il cessate il fuoco potesse condurre «all'ampliamento della sovranità dello Stato libanese», compreso il disarmo dell'Hezbollah e la sua fine come milizia indipendente. Ora è ovvio che non accadrà nulla di tutto questo. E Israele continuerà a sparare dovunque lo ritenga necessario.
«Il raid israeliano rappresenta una palese violazione del cessate il fuoco dichiarato dall'Onu», dice Siniora incontrando i due inviati di Kofi Annan, Vijav Nambiar e Terje Roed- Larsen. Sono a Beirut per preparare la visita del segretario generale dell'Onu, che nella notte in un comunicato diffuso dal suo portavoce si definisce «profondamente preoccupato per la violazione da parte israeliana del cessate il fuoco». L'appello di Annan alle parti è a «esercitare la massima moderazione possibile e a dare prova di responsabilità». Già in serata il segretario generale dell'Onu aveva telefonato personalmente a Ehud Olmert per segnalare le proteste libanesi. Un colloquio difficile: il premier israeliano ha difeso il blitz, «mirato a bloccare l'arrivo di armi all'Hezbollah da Siria e Iran». Muro contro muro. «Se il Libano avesse lanciato un simile raid in Israele, non sarebbe stato duramente sanzionato dall'Onu?», chiede polemico il presidente del parlamento libanese, lo sciita Nabih Berri. Il passo più grave arriva però dal ministro della Difesa, Elias Murr, che minaccia di bloccare l'invio dei 15.000 soldati dell'esercito regolare nel Libano meridionale. Sino ad ora ne sono arrivati oltre 5 mila a sud del fiume Litani, gli altri dovrebbero giungere entro domani. Il loro ritorno al nord rappresenterebbe una mossa piena di conseguenze perniciose. Che ne sarebbe, oltretutto, dell'invio dei rinforzi Onu? L'intero meccanismo del cessate il fuoco rischia di sciogliersi come neve al sole.

Di seguito, un articolo di Davide Frattini sull'intenzione israeliana di uccidere il leader terrorista di Hezbollah, Hassan Nasrallah: 

GERUSALEMME — «Hassan Nasrallah? Quest'uomo deve morire». L'ufficiale israeliano risponde senza esitazioni al New York Times. Che ha raccolto i dettagli e le tattiche di quella che si sta delineando come la strategia dello Stato Maggiore durante il cessate il fuoco. La fonte è anonima, ma dalla descrizione del quotidiano americano si capisce che è un comandante di alto rango («ha una conoscenza approfondita delle operazioni militari e della loro pianificazione, una lunga esperienza in Libano»).
Incontrato venerdì, poche ore prima del raid nell'area di Baalbek, dà subito un giudizio sulla missione Onu, che potrebbe spiegare l'attacco. «L'impegno della comunità internazionale a tenere lontane le milizie Hezbollah dal sud del Paese e a disarmarle sembra già svuotato». Per questa ragione — dice — Israele continuerà a cercare di fermare i convogli di armi che potrebbero arrivare dalla Siria e dall'Iran.
Assicura che Nasrallah, il leader dell'organizzazione sciita, resta un obiettivo: «C'è una sola soluzione per lui». Il quotidiano Maariv scrive che il capo fondamentalista dovrà passare il resto dei suoi giorni in un bunker: «Se fa un passo fuori, è morto», commenta un altro ufficiale. Anche il premier Ehud Olmert ha minacciato lo sceicco sciita, nel discorso davanti al parlamento dopo l'inizio della tregua: «Non verrà assolto. Un terrorista che attacca la sovranità dello Stato d'Israele è un uomo segnato. E questo non ha niente a che vedere con il cessate il fuoco. Verrà trattato esattamente come Ahmed Yassin (il leader di Hamas eliminato nella primavera del 2004,
ndr) e tutti gli altri».
Il militare sentito dal New York Times
sembra in ogni caso soddisfatto che uno degli esiti della guerra sia stato il dispiegamento di un forza multinazionale. «Noi consideriamo l'Hezbollah come il fronte occidentale dell'Iran. Non mi importa quanto bene le truppe internazionali faranno il loro lavoro: abbiamo ottenuto che il governo libanese prenda la responsabilità del Sud, adesso c'è una nazione con cui parlare non un gruppo. E' un grande cambiamento che l'offensiva ha creato. Il Partito di Dio non è più solo un problema di Israele, il mondo capisce che stiamo aiutando a fermare l'influenza di Teheran». Avverte: «Ma se nel lungo periodo ci accorgeremo che l'Hezbollah si sta riarmando, il prossimo scontro si sta solo preparando. Dopotutto questo è il Medio Oriente: una guerra finisce e la prossima è già alle porte».
Ron Ben-Yishai, analista militare di Yedioth Ahronoth
e tenente colonnello riservista delle forze speciali, è convinto che la missione a Baalbek sia stata decisa perché i soldati occidentali stanno arrivando troppo lentamente. «Iraniani e siriani capiscono che quando i Caschi blu saranno posizionati, i confini verranno controllati. Devono riarmare i miliziani nel poco tempo che gli resta. L'obiettivo è rifornirli soprattutto di razzi anti- carro emissili per la contraerea». L'«operazione rifornimento » si sarebbe concentrata proprio nella zona della valle della Bekaa, sotto il controllo degli sciiti. «Gli israeliani hanno una lunga esperienza — ricorda Ben-Yishai — di nemici che si riorganizzano nei periodi di cessate il fuoco. L'Egitto sfruttò la guerra d'attrito che seguì quella dei Sei Giorni per piazzare batterie sovietiche anti-aeree lungo il canale di Suez, in violazione della risoluzione Onu». E prevede: «Il raid a Baalbek non sarà l'ultimo».
Debka, sito vicino all'intelligence israeliana, offre un'altra spiegazione per la missione del commando. I due blindati scaricati dagli elicotteri hanno puntato sul villaggio di Bodai, dove si trova il quartier generale dello sceicco Mohammed Yazbek, un comandante Hezbollah. Gli uomini delle forze speciali cercavano informazioni su Eldad Regev ed Ehud Goldwasser, i due soldati rapiti il 12 luglio. Israele potrebbe tentare un'operazione per la liberazione, prima dell'arrivo della forza multinazionale.

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