Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Gli insulti antisemiti di Mel Gibson e la difesa di Vittorio Messori
Testata: Corriere della Sera Data: 31 luglio 2006 Pagina: 29 Autore: Matteo Persivale Titolo: ««Gibson antisemita pericoloso Hollywood lo deve boicottare» - Messori: insulti dettati dall'alcol non dall'odio»
Dal CORRIERE della SERA del 31 luglio 2006:
Quando Mel Gibson si presentava sul set — puntuale come gli ha insegnato papà Hutton crescendolo in Australia lontano dalla «corruzione morale» del '68 americano — con un aroma alcolico nel respiro, i famosi occhi blu iniettati di sangue, in fondo nessuno ci faceva caso. Perché recitava le sue battute senza inciampi, e da regista concludeva le riprese in tempo e senza sprecare soldi della produzione. Certo quando raccontava di quanto gli piacesse, nel suo ranch, macellare il bestiame per sentirne l'ultimo rantolo, o di come la Federal Reserve, la banca centrale, fosse responsabile degli attentati a Lincoln, Kennedy a Reagan, la perplessità tra i presenti aumentava, ma che ci vuoi fare, «it's Mel», Mel è fatto così, un mattacchione. Ecco, forse la volta che voleva uccidere un critico «e avvolgere le sue budella intorno a un bastone, e voglio ammazzare pure il suo cane», la reazione fu meno divertita. Ma in fondo «it's Mel», anche quando del padre negazionista dell'Olocausto disse «non mi ha mai mentito in tutta la sua vita». «It's Mel», perché a Hollywood come dice David Mamet «parlano i soldi, la merda vola via» e Mel di soldi ne faceva guadagnare a miliardi (di dollari) ai produttori, con la serie di Arma Letale, Braveheart, What Women Want... Ora però, dopo che si è fatto arrestare con due mezze bottiglie di whisky e tequila in auto (il resto ce l'aveva nel sangue, tasso 0,12%) urlando «fottuti ebrei», «gli ebrei sono la causa di tutte le guerre del mondo» e chiedendo minaccioso a un poliziotto «sei forse un giudeo?» per i tabloid è diventato «Mel il pazzo», «Mad Mel» parafrasando il titolo della serie Mad Max. Lo sceriffo di Malibu Lee Baca al quale Gibson faceva donazioni di beneficenza ha tenuto insabbiato per un giorno il verbale sulle ingiurie antisemite ed è finito sotto inchiesta. L'attore si è scusato e ha promesso di andare in una clinica per smettere di bere, «una malattia contro la quale lotto da quando ero giovane», e probabilmente finirà in un centro per milionari in Belize, lontano dai teleobbiettivi dei tabloid. Allibiti i gruppi anti-discriminazione come quello diretto dal rabbino Abraham Foxman, la Anti-Defamation League che già descrisse La Passione di Cristo come «un'arma letale contro gli ebrei». «Spesso l'odio e il pregiudizio esplodono in momenti di stress — ha detto il rabbino — Il liquore scioglie le lingue e lascia uscire quel che c'è nel cervello. E in Gibson c'è odio per gli ebrei, e teorie cospiratorie antisemite». Foxman ieri ha chiesto a Hollywood di pensare bene a quel che fa, se davvero vuole ancora Gibson tra le sue star o se non meriti forse un boicottaggio. Ipotesi severa ma subito supportata dall'ambasciatore israeliano in Italia Ehud Gol, che aveva già parlato di pericoli per un «antisemitismo di ritorno, alimentato anche dal film di Mel Gibson». Spiega Gol al Corriere: «Avete visto? Avevo ragione, non mi fa piacere ma è così. Gibson pensa quelle cose, e quindi ha girato quel film. E' il suo punto di vista. Ha fama e influenza a Hollywood: è un grande pericolo».
Interessante anche l'intervista a Vittorio Messori che affianca la cronaca. In essa il giornalista sostiene in pratica che un unbriaco può dire qualsiasi cosa, senza esserne ritenuto responsabile, dimenticando che Gibson è anche l'autore di un film come "La passione di Cristo", sicuro contributo al riaffermarsi di sentimenti antiebraici e indcativo del vero pensiero dell'attore e regista. Ma per quel film, del resto, Messori ha svolto opera di consulenza...
Vittorio Messori, scrittore cattolico e autore con due Papi di best seller mondiali, Rapporto sulla Fede e e Varcare la soglia della speranza, è stato consulente degli sceneggiatori di La Passione di Cristo, nel 2004 fu tra i primi a visionare una copia del film in un'atmosfera quasi carbonara. Allora il suo verdetto fu: non si tratta di un film antisemita, anzi. E oggi, sulle frasi pronunciate da Mel Gibson dopo l'arresto, dà un altro verdetto assolutorio. «Attenzione però: Non giustifico, ovviamente, quella terminologia odiosa e indifendibile, ci mancherebbe. Ma fatico a prendere sul serio le frasi sconnesse di un ubriaco, a considerarle sintomo di autentico e sentito pregiudizio». Ma perché parlare di ebrei guerrafondai? Perché proprio gli ebrei? «Vede, è esattamente l'assurdità del contesto a farmi pensare che non si tratti di un autentico antisemita. Nel cuore della notte, a Malibu, alle prese con un poliziotto: che c'entrano gli ebrei? Assolutamente nulla. Mi spiego: se qualcuno al bar parlando di economia in crisi dice che la colpa è degli avidi banchieri ebrei, be', quello sì che è un antisemita oltre a essere un cretino. Se uno dei poliziotti che l'hanno arrestato fosse stato nero e Gibson avesse usato un insulto razziale allora sì, potremmo dire che c'è un pregiudizio. Ma il contesto qui mi spinge a considerare Gibson un ubriacone, non un razzista. E francamente, un divo di Hollywood ubriaco non fa più scandalo, ormai. Il cane che morde l'uomo, eccetera. Fanno più notizia quelli sobri, se mi permette una battuta».
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