Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
La storia della nave Altalena e i suoi insegnamenti un intervento di Abraham B. Yehoshua
Testata:La Stampa Autore: Avraham B. Yehoshua Titolo: «La nave Altalena»
Dalla STAMPA del 30 luglio 2006:
VOLENDO sintetizzare il problema mediorientale in un'unica frase direi che esso consiste nella scarsa volontà, o nella scarsa fermezza, di determinati governi di imporre la propria autorità su gruppi ideologici armati che conducono azioni di guerriglia e minacciano chiunque tenti di disarmarli. Questa descrizione riflette il rapporto tra il governo libanese e l'Olp negli Anni Ottanta, quello odierno tra quello stesso governo e Hezbollah e infine quello esistente fino a un anno fa tra l'Autorità palestinese e Hamas. Dopo la vittoria di Hamas alle ultime elezioni politiche e la formazione di un governo da parte di questa organizzazione, la Jihad islamica ha rialzato la testa e ne sfida l'autorità, continuando a lanciare missili kassam dalla striscia di Gaza verso le città di Israele. Il problema è ben noto nella storia mondiale: gruppi ideologici armati conducono di propria iniziativa una guerra contro un nemico esterno causando problemi non solo al nemico, costretto a barcamenarsi tra un governo formale e l'organizzazione armata dei cui attacchi è fatto bersaglio, ma anche alla popolazione civile, spesso coinvolta nella guerriglia e trasformata in ostaggio delle milizie. In relazione a questo vorrei portare a conoscenza dei lettori italiani un episodio avvenuto nei primi anni di vita dello Stato di Israele per dimostrare come, volendo, la determinazione di un leader può salvare un Paese e un popolo dal pericolo dei gruppi paramilitari. Al termine della Seconda guerra mondiale gli ebrei residenti in terra di Israele iniziarono a combattere gli inglesi dopo che questi decisero di impedire l'arrivo in Palestina dei profughi della Shoah che non avevano altro luogo dove andare, minando così la possibile creazione di uno Stato ebraico. Alla lotta contro il dominio coloniale britannico parteciparono diversi movimenti clandestini. Il più grande e importante, l'Haganà, godeva del sostegno delle istituzioni ebraiche ed era affiancato da altre due formazioni minori: l'Etzel, sotto il comando di Menachem Begin (destinato a diventare primo ministro di Israele alla fine degli Anni Settanta) e il Lehi; due gruppi che compivano audaci incursioni contro l'esercito britannico e attentati terroristici contro i palestinesi. Dopo la fondazione dello Stato di Israele nel maggio del 1948 e la formazione dell'esercito israeliano (basato sulle truppe in forza all'Haganà e subito impegnato in una eroica lotta contro l'invasione degli eserciti di cinque Stati arabi), il primo capo di governo israeliano, David Ben Gurion, impose ai due movimenti clandestini minori la consegna delle armi e la sottomissione all'autorità del governo. I rappresentanti dei due movimenti opposero un netto rifiuto. Nel giugno del 1948, durante una breve tregua dei combattimenti proposta dall'Onu, una nave carica di armi destinate al movimento Etzel, l'«Altalena», gettò l'ancora al largo delle coste di Tel Aviv. Ben Gurion ordinò a Begin, capo della Etzel, di consegnare immediatamente l'intero carico all'esercito israeliano ma questi rifiutò, dando disposizione che le armi venissero scaricate e consegnate ai combattenti della sua organizzazione. Una nave piena di armi e munizioni era cosa rara, preziosa e importante a quel tempo, allorché Israele non riceveva sostanzialmente rifornimenti di materiale bellico dall'Occidente. Ben Gurion ribadì l'ordine minacciando che in caso di disobbedienza avrebbe fatto saltare in aria l'intero carico. Begin e i suoi uomini rimasero fermi nel loro rifiuto e a quel punto Ben Gurion impartì l'ordine di aprire il fuoco. L'esercito bombardò il vascello, che fu colpito e prese fuoco, alcuni passeggeri rimasero uccisi e altri si misero in salvo nuotando verso la terraferma. Scoppiò un gran putiferio, com'era possibile che il primo capo di governo israeliano avesse sparato su ebrei e distrutto una nave carica di armi destinate alla lotta contro il nemico arabo? Ben Gurion, con fermezza e risolutezza, aveva dato agli israeliani una dimostrazione di cosa fosse il principio di «sovranità» e quanto il rispetto di questo principio fosse importante per porre solide basi al giovane Stato ebraico. Il cannone che aveva sparato il colpo fatale per l«Altalena» fu da lui definito «cannone santo». È vero, una nave carica di armi andò in fumo, ma la lezione servì. Con coraggio e determinazione un leader di grande valore come Ben Gurion pose le basi di uno Stato sovrano in cui esiste un unico esercito armato e tutti i cittadini devono sottostare all'autorità del governo eletto. La distruzione di una nave carica di armi da parte delle autorità israeliane durante i giorni della lotta contro gli arabi rafforzò Israele ed evitò una guerra civile che avrebbe potuto causare enormi danni. Ben Gurion è ancora oggi un leader ammirato da tutti, sia per l'atteggiamento mantenuto in quella occasione che per altri motivi, ed è a tutt'oggi considerato il miglior primo ministro che Israele abbia mai avuto. Se Abu Mazen si fosse comportato con Hamas come Ben Gurion con la Etzel, se avesse preteso la consegna delle armi e l'obbedienza da parte di questa organizzazione, oggi sarebbe il Presidente di uno Stato palestinese pacifico e prospero, membro rispettato della comunità internazionale. Se il governo libanese avesse confiscato a Hezbollah i razzi in suo possesso e piegato i miliziani alla sua autorità, oggi Beirut sarebbe una città fiorente e non in macerie. E al posto di migliaia di profughi in fuga, nella terra dei cedri si aggirerebbero migliaia di turisti entusiasti. 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