Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
L’umanità in tempi bui - Hannah Arebdt Raffaello Cortina Editore a cura di Laura Boella
Un corpo a corpo intellettuale ingaggiato con un autore del passato per far capire e per capire meglio se stessa. E l’affacciarsi in prima persona di Hannah Arendt (1906-1975), con tutta la carica emotiva della propria autobiografia, pur nella rigorosa distinzione di sempre tra sfera pubblica e privata. Ecco il senso dell’intenso e bel volumetto “L’umanità in tempi bui”, ovvero la prolusione tenuta dalla filosofa “ebrea e apolide” in occasione del conferimento (nel 1959) del prestigioso premio Lessing, che esce, per le cure di Laura Boella, nell’anno del centenario della sua nascita. Arendt è una pensatrice scomoda, non accademica ma neppure “sloganista” né, tanto meno, accondiscendente. Una pensatrice allergica a fazioni e ideologie e, in definitiva, alla stessa popolarità, che conobbe quasi suo malgrado. Attraverso lo scrittore e drammaturgo settecentesco Gotthold Ephraim Lessing e la sua idea di humanitas (eredità di una lunga tradizione della civiltà europea), la studiosa si domanda come sia possibile rimanere umani nell’età dei totalitarismi, della violenza ferina e della Shoah. L’impolitica Arendt trova una risposta nelle parole dell’illuminista Lessing e nella sua visione di amicizia, fatta di dialogo, piacere dello stare insieme, condivisione dell’esperienza e, soprattutto, di irrinunciabile libertà del soggetto individuale. Nessuna utopia (tali sarebbero l’uguaglianza e la fraternità), dunque, nel mondo “tragico” arendtiano percorso dalle figure dello sradicato, del rifugiato e del perseguitato. Ma, laddove possibile, accoglienza e ospitalità che fanno emergere le contraddizioni e i conflitti esistenti. Come pure quelle emozioni e passioni intrise di realtà che, sole, possono cercare di contrastare gli aridi assoluti del potere impersonale e inumano che trovò il suo apice nei brechtiani “tempi bui”.