Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Israele non c'entra con la strage sulla spiaggia di Gaza ma in pochi danno alla notizia il giusto rilievo
Testata:La Stampa - Il Riformista Autore: Fiamma Nirenstein - Oscar Giannino Titolo: «In cerca dell'icona per la terza intifada - Israele, giudizi e pregiudizi»
Da La STAMPA di mercoledì 14 giugno 2006, l'analisi di Fiamma Nirenstein sulle strategie della propaganda palestinese, dopo la conferma dell'estraneità di Israele dalla strage della spiaggia di Gaza. Ecco il testo:
Dunque, non è stato un proiettile israeliano, ma una mina palestinese, secondo un’accorata conferenza stampa del ministro della difesa Amir Peretz e del capo di stato maggiore Dan Halutz accompagnati di fronte ai giornalisti da tecnici con cartine e foto.La bambina che, superstite disperata della famiglia Rhalia, grida «papà» sulla spiaggia di Gaza, sangue e distruzione intorno alla sua immagine piena di tragica grazia, mentre i capelli neri volano nel vento caldo, era già divenuta un’icona, ancora una volta, della crudeltà di Israele. Con la musica e il rallentatore, le televisioni arabe l’hanno mandata in onda da venerdì quando un’esplosione uccise sette persone della stessa famiglia in vacanza al mare, e subito Israele venne ritenuta responsabile. Le reazioni di tutto il mondo sono state durissime. Ma sembra che si sia corsi a conclusioni troppo veloci. Anche le immagini di Mohammed Al Dura all’inizio dell’Intifada delle Moschee, nel settembre del 2000 furono usate come una bandiera, ed ebbero la stessa sorte. L’immagine del bambino di 12 anni riverso nelle braccia del padre divenne il simbolo del periodo più sanguinoso della guerra fra Israele e i Palestinesi. Allora gli israeliani si scusarono subito,per poi, nei giorni successivi, scoprire molti dati balistici che misero in evidenza che quella morte era con tutta probabilità frutto del fuoco palestinese ed era anzi del tutto possibile che molti elementi della scena ripresa da un cameraman arabo al servizio delle tv francesi, fossero adulterati. I palestinesi non lasciarono mai esaminare le pallottole, e il bambino è rimasto l’immagine guida dell’ideologia del martirio. Venerdì Ehud Olmert, di fronte al grido di biasimo del mondo intero per la strage di Gaza, è stato cauto: ci dispiace molto, ha detto, ma l’esercito israeliano non avrebbe mai sparato su civili volontariamente: «E’ l’esercito più morale del mondo, e quando spara difende il suo popolo dalla pioggia di Kassam». Anche ieri Peretz ha detto: «Il dolore per la morte dei civili resta anche nostro; la responsabilità, invece, non è nostra!».Da allora una commissione di esperti ha lavorato su foto e residui di esplosivo, e adesso il racconto è tutto nuovo: la strage è stata causata da una mina palestinese nascosta nella sabbia in funzione antisraeliana. Le prove: l’esercito aveva già sospeso il fuoco da dieci minuti quando la spiaggia è stata colpita; i proiettili della marina di 76 millimetri, dell’esercito di 155 millimetri e i missili dell’aviazione forniscono l’informazione esatta sul luogo colpito, e non ha a che fare con la spiaggia della tragedia; gli uomini di Hamas hanno pulito velocissimi la spiaggia da tutti i residui dell’esplosione senza aspettare la polizia, ma piccole schegge sono state reperite nel corpo di una dei tre feriti curati all’ospedale Hadassa a Gerusalemme; si sa da informazioni di intelligence che nelle ultime settimane la spiaggia era stata minata; in base a foto il cratere sembra creato da un’esplosione sotto la sabbia e non piovuta dall’alto. L’attacco di ieri nella via Salah ha Din di Gaza è stato di nuovo considerato da Hamas una dichiarazione di guerra che grida vendetta. Ma la realtà è che una guerra, forse una Terza Intifada, è già in atto. Purtroppo con il coinvolgimento di civili, anche ieri tuttavia il gruppo della Jihad Islamica colpito da Israele portava con sè, diretto al luogo di lancio passando per affollate vie cittadine, alcuni Kassam e una Katiusha Grad, un razzo di maggiore gittata capace di arrivare oltre Sderot, fino alla città di Ashkelon, sede di raffinerie; dalle immagini che mostrano gli uomini intorno all’auto colpita portare via, nel sangue eppure con estrema cura, la grande Katiusha, si capisce quanto stia a cuore la preziosa arma. Cercare di fare della famiglia Rhalia un’icona della lotta è stato un segno di svolta, di un consolidamento strategico deciso da Hamas proprio alla vigilia delle decisioni sul referendum di Abu Mazen. Il referendum, lo dice continuamente il primo ministro Ysmail Hanje, e l’ha ripetuto da Damasco Abu Marzuk, uno dei capi all’estero, Hamas non lo vuole e ieri Aziz Dwek presidente del Parlamento ha accusato Abu Mazen di essersi trasformato in portavoce degli israeliani e di voler affossare il governo; per evitarlo, Hamas vuole una rapida escalation della battaglia; fino ad ora restava un passo indietro lasciando fare a organizzazioni collaterali. Adesso, è proprio Hamas secondo i servizi israeliani, ad aver approntato un centinaio di rampe di lancio per missili Kassam nel tempo della tregua. Se ne vedono i primi risultati in un attacco senza precedenti: solo dall’inizio del week end sono stati lanciati sulla città di Sderot un’ottantina di missili Kassam. Ma il governo seguita con la sua strategia: eliminazioni mirate sulle cellule in movimento, niente azioni di massa. Amir Peretz, ministro della difesa e capo del partito laburista, dopo l’incidente della spiaggia di Gaza ha fermato il fuoco di sbarramento, e ha dato due giorni a Hamas per ripensarci. Israele non vuole rientrare a Gaza, vuole che smettano gli spari, dice Peretz. E vuole che Abu Mazen si faccia avanti col referendum. Ma tutti, destra e sinistra, si preparano ad affrontare una situazione inusitata, esercito compreso. Hamas, di fatto, il referendum di Abu Mazen e dei prigionieri palestinesi che riceve circa l’80 per cento dei consensi, lo vuole vincere sul campo di battaglia con Israele, prima che avvenga. E così lancia la sua campagna attaccando Israele, la stessa strada che gli ha consentito di vincere le elezioni.
Dal RIFORMISTA , un editoriale di Oscar Giannino sulla fretta con la quale i media italiani hanno attribuito a Israele la responsabilità della tragedia di Gaza. Ecco il testo:
Come la mettiamo? Tutta la stampa mondiale per giorni interi ha pubblicato articoli e foto raccapriccianti della strage dei sette civili palestinesi sulla spiaggia di Gaza, attribuita alle artiglierie dell’esercito israeliano. Per reazione, Hamas ha rilasciato comunicati incendiari sulla ripresa degli attentati contro obiettivi civili israeliani inermi. La vicenda ha risvegliato potentemente i riflessi condizionati verso le violenze compiute da Israele verso i palestinesi. Per effetto di tutto ciò, è calata drasticamente l’attenzione sul duro confronto armato che ormai spacca la rappresentanza palestinese, con i responsabili di Hamas e quelli delle diverse fazioni di Al Fatah che ormai si affrontano armi alla mano senza neanche risparmiare i luoghi deputati delle istituzioni palestinesi. Eppure, la notizia è che Israele non c’entra con i palestinesi uccisi sulla spiaggia di Gaza. Ieri il governo d’Israele ha preannunciato formalmente l’esito dell’indagine militare compiuta per accertare se le esplosioni che hanno condotto alla morte dei civili palestinesi fossero realmente da attribuire alla reazione delle artiglierie di Tsahal dopo che altri razzi Kassam erano caduti nell’area di Sderot. L’indagine attesta che le salve israeliane non sono cadute sulla spiaggia, ma su aree già battute in precedenza, dalle quali le rampe mobili dei Kassam vengono puntare verso il territorio israeliano. Gli ispettori militari israeliani non sono naturalmente in grado di dire che cosa davvero sia esploso sulla spiaggia di Gaza, provocando la morte dei sette palestinesi. Ritengono probabile che possa trattarsi di esplosivi che erano stati occultati sotto la sabbia, in attesa di essere utilizzati nell’ambito delle campagne dinamitarde contro Israele, poiché la striscia di Gaza è notoriamente una della aree di “permeabilità” attraverso le quali armi e ordigni vengono inoltrate alle fazioni palestinesi. Ma fatto sta che le schegge che due feriti palestinesi avevano in corpo non sono compatibili con i proiettili usati da Israele, che sulla spiaggia di Gaza non sono presenti crateri compatibili col calibro delle artiglierie terrestri israeliane che avevano aperto il fuoco, e che in ogni caso l’esplosione a Gaza è avvenuta prima che i tiri di reazione israeliana venissero eseguiti.
Stragisti.
Direte voi che in ogni caso si tratta di particolari tecnici che lasciano il tempo che trovano, perché anche ieri le forze di difesa israeliane hanno eliminato tre militanti della Jihad islamica provocando la morte di civili inermi e di due bambini. Verissimo. Ma la strategia da sempre dichiarata da Israele è di reagire ai tiri dei missili Kassam con l’eliminazione fisica diretta dei responsabili, al costo anche di coinvolgere civili fino a che i tiri proseguiranno. Altra cosa è sparare coi cannoni su una spiaggia facendo strage di famiglie inermi. Cosa che Israele non fa, a costo di mettere sotto processo chi mai lo facesse. La strada della trattativa tra il governo Olmert e la rappresentanza palestinese è irta di difficoltà, e bisogna sostenere il referendum fortemente voluto da Abu Mazen e da gran parte della leadership palestinese detenuta in Israele. E’ Hamas, a non volere la trattativa e a puntare tutto sul puro scontro terroristico. Senza mai pensare che tutto il bene stia da una parte e tutto il male dall’altra, perché le sfumature sono infinite e tutto sommato ad Al Fatah ha fatto un gran bene perdere le elezioni per liquidare finalmente tutta la vecchia guardia corrotta ex arafattiana, a noi tutti osservatori spetta quanto meno evitare di presentare Israele come fosse un Paese stragista di poveri inermi.
Alla fretta di attribuire a Israele colpe non sue corrisponde lo scarso rilievo dato alle smentite. Nella vicenda di Gaza è esemplare il caso del CORRIERE della SERA. Domenica 11 titolava scorrettamente "Gaza brucia,razzi su Israele". Martedì 13, ricamando sulla tragedia di Huda Ghaliya, l'orfana adottata da Abu Mazen e da Ismail Haniyeh, tirava in ballo, con tanto di fotografia anche il "precedente" della figlia adottiva di Togliatti, Marisa Malagoli, sorella di uno dei sei operai uccisi nel 1950 a Modena nel corso di uno sciopero. Oggi le conclusioni dell'inchiesta di Tzahal sono relegate al testo della corretta cronaca di Davide Frattini e a un sottotitolo che riporta anche il commento di Kofi Annan. Il quale, senza minimamente prendere in considerazione gli elementi di prova forniti da Israele, si permette di sentenziare: "tesi bizzarra".
Analoga la sottovalutazione dei risultati dell'inchiesta israeliana nella titolazione o negli articol di molti altri quotidiani. Citiamo: Il MESSAGGERO, Il SECOLO XIX, Il SOLE 24 ORE (che titola addirittura "Gaza, nuova strage di civili", implicando un collegamento tra l'azione antiterroristica israeliana di martedì 13 giugno, rivolta contro membri della Jihad islamica che trasportavano razzi katiuscia, e l'episodio di Gaza) La REPUBBLICA , L'UNITA' , che come il SOLE 24 ORE istituisce nel titolo ( "Israele non ferma i raid") un collegamento impicitoc con la strage della spiaggia , mentre relega la smentita israeliana a un trafiletto, Il MANIFESTO che, apertamente polemico, titola "Strage di Gaza, Israele si assolve",AVVENIRE, La PADANIA e LIBERAZIONE che titola in prima pagina "Israele bombarda ancora Gaza".
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