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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera-La Repubblica Rassegna Stampa
11.06.2006 Gaza e Referendum
due quotidiani a confronto

Testata:Corriere della Sera-La Repubblica
Autore: Antonio Ferrari-Enrico Franceschini
Titolo: «Alle urne per piegare gli oltranzisti-Olmert liquida il voto,non servirà a nulla»

Del tutto inappropriato il titolo in prima pagina del CORRIERE della SERA di ogi 11/06/2006: " Gaza brucia,razzi su Israele". Gaza non brucia, è soltanto il teatro dove si organizza a cielo aperto e con la benedizione del governo di Hamas il terrorismo contro lo Stato ebraico. L'editoriale, sempre sul Corriere, di Antonio Ferrari titolato " Alle urne per piegare gli oltranzisti " riflette la dabbenaggine della stampa europea a bersi come oro colato qualunque proposta che arrivi da parte palestinese. Lo sanno tutti, ma non sta bene scriverlo, che il referendum proposto da Abu Mazen non avrà nessun valore, non servirà a portare avanti alcun progetto risolutivo della questione israelo-palestinese. E' un atto di forza di facciata, lanciato unicamente in funzione anti Hamas, al cui governo Abu Mazen vuole sottrarre una parte di potere. Una faida interna dunque, che non affronta i problemi con capacità di risolverli.

Sulla morte della famiglia sulla spiaggia a Gaza, sono in corso indagini da parte delle autorità israeliane per stabilire la dinamica dell'accaduto. Aspettiamo i risultati.

Publichiamo l'editoriale di Antonio Ferrari dal CORRIERE della SERA,  le dichiarazioni di Ehud Olmert nella cronaca di Enrico Franceschini da Londra  su REPUBBLICA.

"Alle urne per piegare gli oltranzisti" di Antonio Ferrari:

Mentre cresce il rischio di aperto conflitto, che potrebbe persino sfociare in una terza nefasta Intifada, il presidente dell'Anp, Mahmoud Abbas (Abu Mazen), scoprendosi grinta e unghie da decisionista, sfida il governo di Hamas, chiamando gli elettori alle urne il 26 luglio per dire sì o no alla trattativa con Israele per gettare le basi dello Stato palestinese.Passo clamoroso e quasi ultimativo, perché se il referendum avrà un esito affermativo (come indicano tutti i sondaggi) i poteri del presidente cresceranno notevolmente e quelli di Hamas si assottiglieranno, rendendo forse necessario un voto politico anticipato per stabilire chi abbia davvero la maggioranza dei consensi: se l'anziano leader, che ha calcolato vantaggi e rischi della sua disperata scommessa; oppure se prevarrà, come accadde nel gennaio scorso, il massimalismo degli estremisti, che rifiutano ostinatamente il riconoscimento dello Stato ebraico, costringendo il popolo palestinese alla fame. Da ormai tre mesi, a causa del boicottaggio internazionale, non ci sono i soldi per pagare gli stipendi a 165 mila dipendenti dell'Anp.
Però sbaglierebbe chi pensasse che a correre i rischi più gravi sia il presidente Abu Mazen, l'unico a godere della credibilità necessaria per guidare l'Anp.
Stavolta i rischi maggiori li corre proprio Hamas, quantomeno la sua componente più ragionevole, che intravede il tramonto di quello spazio politico e istituzionale che il voto di gennaio aveva chiaramente disegnato. La reazione degli islamici è stata dura, quasi isterica. Gli oltranzisti accusano apertamente Abu Mazen di aver fatto un «colpo di Stato»; il primo ministro Ismail Haniyeh ha convocato domani il parlamento proprio per discutere la «legalità» del referendum.
Il rischio di una bruciante sconfessione popolare della linea dell'esecutivo è altissimo, e già s'è aperto il conflitto tra gli esponenti di Gaza e l'ala dura della leadership che vive all'estero, e che a Damasco è guidata da Khaled Meshal.
E' pur vero che gli uomini di Hamas hanno già annunciato la fine della tregua, che durava da 16 mesi, minacciando di riaprire la stagione degli attentati suicidi. Ma una ripresa del terrorismo, in questo momento, rischierebbe di alienare agli integralisti anche quel sostegno politico (di protesta) che avevano raccolto durante la battaglia contro la corruzione di Al Fatah e degli altri partiti laici. Non solo. I palestinesi stanno pagando un prezzo esorbitante all'intransigenza dei loro rappresentanti, che li hanno privati del diritto di soddisfare i bisogni primari e di poter vivere con dignità.
Tutto, quindi, fa supporre che la sfida di Abu Mazen, più che una scommessa sia in realtà un azzardo calcolato. Lo conforta sapere che il settantasette per cento dei palestinesi vuole riprendere il negoziato e in pratica si riconosce nel documento, firmato da detenuti eccellenti, sulla necessità di lavorare alla costruzione dello Stato, con l'implicito riconoscimento della controparte. Lo turba l'escalation di rappresaglie israeliane nella striscia di Gaza: il massacro di una famiglia, che trascorreva sulla spiaggia il giorno di festa, lo ha spinto a parlare di «crimine contro l'umanità».
Ieri il premier Ehud Olmert, dopo aver ribadito che completerà il «ritiro unilaterale» dalla Cisgiordania, tendendo la mano ad Abu Mazen ha detto che, dopo il ritiro, sarà pronto a «dolorose concessioni» da discutere con i palestinesi, lasciando quindi intendere che un'affermazione dei sì al referendum (che verrebbe abolito solo se Hamas rivedesse le proprie posizioni) potrebbe aprire la strada alla ripresa dei negoziati.
Svolta importante, perché un chiaro rafforzamento di Abu Mazen renderebbe più difficile, per Israele, ribadire che un partner palestinese non esiste.

"Olmert liquida il voto, non servirà a nulla" di Enrico Franceschini

LONDRA - Il referendum che il presidente palestinese Abu Mazen vuole indire sul riconoscimento di Israele? «Privo di significato». La possibilità che un suo incontro con lo stesso Abu Mazen riapra un negoziato diretto tra israeliani e palestinesi? «Scarse, perché Abu Mazen è troppo debole per combattere il governo estremista di Hamas». L´unica soluzione temporaneamente possibile? «Un ritiro unilaterale israeliano dalla Cisgiordania, negoziato non con i palestinesi, che non sono pronti a negoziare, ma con la comunità internazionale».
Ehud Olmert, primo ministro dello Stato ebraico, riassume così i suoi piani e le sue idee in un´intervista al Financial Times alla vigilia del viaggio che effettuerà la settimana prossima in tre capitali europee, Londra, Parigi e Berlino. L´intervista è stata concessa prima dell´incidente nella striscia di Gaza, in cui un missile israeliano ha massacrato per errore un´intera famiglia palestinese che stava facendo un pic-nic sulla spiaggia: una strage che ha provocato la ripresa delle violenze da parte di Hamas e che probabilmente complicherà la missione diplomatica di Olmert in Europa.
Sul referendum, il premier israeliano dice: «È un gioco interno tra una fazione palestinese e l´altra. E´ privo di significato nei termini di sollecitare qualche forma di dialogo tra noi e i palestinesi». Secondo Olmert il documento che Abu Mazen intende proporre nella consultazione popolare ai palestinesi comprende «un programma che rimane molto indietro rispetto ai principi definiti dalla comunità internazionale». Stilato da detenuti palestinesi di Fatah e di Hamas in un carcere israeliano, il documento punta alla creazione di uno stato palestinese "nei Territori del 1967", con un riconoscimento implicito dunque del diritto ad esistere di Israele che rappresenterebbe una svolta per Hamas. Ma esso sostiene anche il "diritto al ritorno" dei profughi palestinesi in Israele e la liceità di attacchi contro forze israeliane nei territori catturati dallo Stato ebraico con la guerra del ´67, cioè in Cisgiordania e a Gerusalemme est.
Su Abu Mazen, Olmert afferma che lo incontrerà verso fine giugno e che vorrebbe aiutarlo a rafforzarsi politicamente, ma non ha grandi aspettative sul loro colloquio: il presidente palestinese dovrebbe «disarmare Hamas», anche se ciò rischiasse di provocare una guerra civile palestinese, «mettere sul tavolo il referendum da lui indetto non basterà a far riprendere la trattativa». Sulla quale il premier israeliano fa questa previsione: «Se, come sembra, non ci saranno negoziati allora noi proveremo a discutere il da farsi con la comunità internazionale».

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