Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Chi si stupisce delle bandiere bruciate studi il Rizzo-pensiero una chiara giustificazione dell'intolleranza
Testata: Corriere della Sera Data: 08 maggio 2006 Pagina: 6 Autore: Francesco Battistini Titolo: «Rizzo: via dai due Paesi entro l'estate»
Un' intervista di Francesco Battistini a Marco Rizzo del Pdci, dal CORRIERE della SERA del 5 maggio 2006. Segnaliamo l'allucinante passaggio, sottolineato nel testo, in cui Rizzo sostiene che negli ultimi anni ogni decisione di politica estera italiana , compreso l'invio di contingenti militari in Bosnia o a Timor Est, é stata preventivamente discussa a "Washington e Tel Aviv" (quest'ultima, secondo l'eurodeputato comunista, sarebbe la capitale di Israele). Ecco il testo:
ROMA — «Subito, non può esserci che il cordoglio per l'enorme tragedia che colpisce ancora l'Italia». Subito. E poi? «Credo che sull'Afghanistan, nel centrosinistra, ci siano posizioni diverse rispetto all'Iraq. E bisogna avere attenzione all'unità, su queste cose non possiamo permetterci di essere divisi». Attenzione, d'accordo. Ma voi del Pdci? «Diciamo che bisogna ripensare tutte queste missioni. Noi eravamo contrari all'invio di soldati anche in Afghanistan. Sono missioni sbagliate che dovevano servire — così ci dicevano — a combattere il terrorismo. Per questo, bisogna fare germogliare la nostra posizione di contrarietà». «Dobbiamo uscire subito dal pantano iracheno. E poi ritirarci anche dall'Afghanistan». Per Marco Rizzo, 46 anni, eurodeputato dei Comunisti italiani, vicepresidente della commissione Esteri di Strasburgo, fra Kabul e Nassiriya cambia poco: «La differenza è che in Afghanistan ci siamo con l'Onu. E allora, prima bisogna far funzionare l'Onu, un dominio dove si paga in millesimi ma la loggia più grande, gli Stati Uniti, non paga da dieci anni. Pretendono d'infliggere sanzioni senza pagare. È come se uno non versasse le spese condominiali e pretendesse di decidere la tinteggiatura del palazzo. Di queste cose, bisogna ridiscutere». An dice: niente sermoni da chi grida «10, 100, 1.000 Nassiriya!» o ride ai funerali delle vittime... «Strumentalizzazioni. Chi urla quelle cose, o è imbecille o è pagato per screditarci. Le risate? Io non le ho viste». Emma Bonino ricorda che ci sono impegni internazionali da rispettare, prima di smantellare tutto. «L'Iraq è stato un impegno basato sulla menzogna. In Afghanistan, la situazione è simile a quando c'erano i talebani. E c'è pure il commercio della droga. Gli americani fecero la lista degli Stati-canaglia e ci misero Afghanistan e Pakistan. Poi Musharraf diede le basi per bombardare l'Afghanistan e il Pakistan, di colpo, sparì dall'elenco: è con questi qui che dobbiamo rispettare gl'impegni?». Kosovo, Bosnia, Timor Est: abbiamo soldati in tutto il mondo... «Bisogna ridiscutere tutta la nostra politica estera. Rivedere, anche nel centrosinistra, l'idea che ogni decisione debba passare prima da Washington e da Tel Aviv. Questi governi stranieri fanno i padroni a casa nostra». Ha ragione Minà a non voler stringere la mano di Bush? «Quelle mani grondano sangue. Diliberto non s'è inventato nulla, quando l'ha detto: è un dato di fatto». Quindi? E poi ritirarsi. Con quali tempi? «I tempi spagnoli. Loro hanno lasciato l'Iraq in 32 giorni. Noi abbiamo contingenti un po' più grandi: basta un mese e mezzo. Ci sarà una discussione. Ma entro l'estate, i soldati se ne devono andare via da Iraq e Afghanistan». A giugno si discute il rifinanziamento di Nassiriya... «Siamo per rifinanziare una cosa sola: la benzina per tornare a casa». Queste bombe sono un segnale al nuovo governo Prodi? «Non saprei. Però ci dicevano: ah, se ritirate le truppe ci sarà la guerra civile... La guerra civile c'è già».
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