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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
05.05.2006 Olmert: spartiremo la terra con i palestinesi
il governo ottiene la fiducia alla Knesset

Testata: Corriere della Sera
Data: 05 maggio 2006
Pagina: 16
Autore: Davide Frattini
Titolo: «Israele, fiducia alla Knesset per il governo Olmert»

Dal CORRIERE della SERA di venerdì 5 maggio 2006:

GERUSALEMME — Ehud Olmert aspira a entrare nei libri di Storia come il leader che ha disegnato i confini definitivi di Israele. Per adesso è finito tra le materie di studio. Yuli Tamir, laburista e neo-ministro dell'Educazione, ha già annunciato che il piano di separazione promesso dal premier «dovrà essere insegnato nelle scuole, i giovani devono capire perché abbandoniamo le colonie in Cisgiordania, non si può ripetere la frattura nazionale causata dal ritiro da Gaza».
Davanti alla Knesset per presentare il suo progetto e il suo governo, Olmert ha proclamato «porterò sempre nel cuore il sogno della Grande Israele, tuttavia i desideri non costituiscono un programma politico. Con gli occhi pieni di lacrime, dobbiamo lasciare quegli insediamenti dispersi nei territori che mettono in pericolo una maggioranza ebraica nel nostro Stato. Conserveremo le aree principali».
Sogni infranti e compromessi. Gli stessi che l'erede di Ariel Sharon — secondo gli analisti — ha dovuto accettare per formare la coalizione: venticinque ministri tra Kadima, il Labour, i religiosi dello Shas e i pensionati, che ieri hanno ottenuto la fiducia (65 voti su 120). «Olmert ha creato un governo che porta stampata la data di scadenza — ha scritto Ben Caspit su Yedioth Ahronoth —. La maggior parte dei ministri non è all'altezza del ruolo e il piano di separazione si trasformerà in un mini-ritiro, qualcosa di simbolico per far vedere al mondo che ha mantenuto gli impegni».
Tra le nomine più criticate, quella di Amir Peretz a ministro della Difesa e di Avraham Hirschon alle Finanze. Il leader laburista è stato attaccato anche dai generali (in pensione) nel suo partito, perché un civile senza esperienza rischia di mettere in pericolo la sicurezza di Israele. Hirschon è invece considerato troppo vicino alle élites economiche del Paese per attuare le riforme che Olmert ha vagheggiato nel discorso di ieri: «Lavoreremo per ridurre la frattura sociale e per aiutare le fasce più deboli». Nessun accenno alla possibilità di innalzare il reddito minimo garantito, che pure era uno dei punti fermi per Peretz durante la campagna elettorale.
Con quattro vice-primi ministri (tra i quali Shimon Peres e Shaul Mofaz, che doveva essere ripagato per la confisca della Difesa), Olmert ha voluto Tzipi Livni come numero due: l'ex avvocato con un passato nella destra nazionalista, è anche ministro degli Esteri ed è gia stata battezzata «la donna più potente di Israele». Sarà lei a definire con Olmert la strategia diplomatica da tenere con i palestinesi: ieri il premier ha offerto ancora al presidente Abu Mazen di trasformare il ritiro unilaterale dalla Cisgiordania in una scelta concordata, ma il premier israeliano ha ripetuto di non essere pronto ad aspettare troppo a lungo finché il dialogo si riapra, escludendo di poter negoziare «con un governo guidato da un'organizzazione terroristica come Hamas». Anche perché considera l'Iran come la vera minaccia da affrontare nei prossimi anni: «Non dobbiamo ignorare quello che Ahmadinejad dice. Lo Stato ebraico, che i malvagi dirigenti di Teheran hanno fatto diventare un obiettivo da annientare, non è inerme e ha la capacità di difendersi da qualsiasi attacco».

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