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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
22.03.2006 Difendere Abdul Rahman, ma non solo lui
un editoriale di Magdi Allam

Testata: Corriere della Sera
Data: 22 marzo 2006
Pagina: 1
Autore: Magdi Allam
Titolo: «Abdul, un simbolo dei diritti di tutti»

L'editoriale di Magdi Allam sulla condanna a morte del convertito afghano al cristianesimo Abdul Rahman.

Ecco il testo:

Se il nostro problema fosse solo quello di salvare la vita al convertito afghano Abdul Rahman, dovremmo apprezzare le iniziative diplomatiche del ministro degli Esteri Fini, del suo collega tedesco Steinmeier e del Dipartimento di Stato americano.Così come potrebbe avere senso la minaccia di ritirare «ora e subito» le forze italiane dall'Afghanistan, formulata ieri sul Corriere dall'ex presidente Cossiga.
Ma se il problema fosse invece anche quello di salvare la vita ai milioni di Abdul Rahman che si trovano non solo nei Paesi musulmani ma all'interno del nostro Occidente, allora l'atteggiamento generale delle cancellerie occidentali saprebbe tanto di pilatesco, perché sarebbe teso a mettere a tacere un caso imbarazzante per allontanare il più possibile una mina vagante.
Mentre l'Occidente, a partire dall'intervento nei Balcani, è riuscito ad accreditare la legittimità sostanziale delle guerre contro i regimi tirannici rei di crimini contro l'umanità e contro gli Stati canaglia sponsor del terrorismo internazionale, sembra ignorare o si mostra comunque indifferente a quella che è la radice del male che minaccia la sicurezza mondiale, ossia la violazione dei diritti fondamentali della persona. Di cui la libertà religiosa e di coscienza è un pilastro.
L'Italia, l'Europa, l'Occidente e gli stessi Paesi musulmani che concorrono all'opera di stabilizzazione dell'Afghanistan o comunque interessati a salvaguardare la sicurezza internazionale, dovrebbero non solo impegnarsi per salvare la vita a Abdul Rahman, ma promuovere un vasto movimento religioso, culturale e politico a difesa della libertà dei musulmani di convertirsi senza subire alcuna forma di discriminazione. Questa battaglia è fondamentale per radicare in seno all'Islam dei valori che lo rendano compatibile con una comune civiltà umana. Così come è la condizione imprescindibile non solo per la pacifica convivenza tra l'Occidente e l'Islam, ma anche per la costruttiva integrazione dei musulmani in seno all'Occidente.
Il diritto alla vita del convertito Abdul Rahman coincide con il diritto alla vita di tutti noi. Da affermare impugnando anche lo strumento della riforma religiosa. Oltretutto proprio sulla specifica questione dell'apostasia il Corano non prescrive affatto che debba essere sanzionata con la condanna a morte. I teologi radicali che affermano il contrario si basano su due hadith, detti attribuiti al profeta Mohammad (Maometto), rigettati dalla maggioranza perché sono stati trasmessi da una sola persona senza ulteriori conferme. Anche Gamal Al Banna, fratello del fondatore dei Fratelli Musulmani, ha sentenziato: «Sono apostati. Ma sono liberi di esserlo. Dio dice: "Chi vuole creda, chi non vuole respinga la fede" (Corano, XVIII, 29)». Così come ha rilevato che «il Corano non pone alcun divieto alla libertà di coscienza. Dio dice: "Non c'è costrizione nella religione" (Corano, II, 256). E ancora: "A voi la vostra religione, a me la mia" (Corano, CIX, 6). La religione non può essere imposta».
Allora innalziamo il vessillo della libertà religiosa e di coscienza. Affermiamo ad alta voce il diritto dei musulmani a convertirsi. Cominciando da casa nostra. Giorgio Paolucci e Camille Eid nel saggio I cristiani venuti dall'Islam, Storie di musulmani convertiti
(Piemme, 2005), rivelano che in Italia tanti ex musulmani sono costretti a celare la loro fede cristiana e a praticare segretamente il culto cristiano perché rischiano la vita. È del tutto evidente che se non siamo in grado di garantire un diritto fondamentale di libertà personale ai musulmani in Italia, non lo potremo mai assicurare agli afghani.
Non abbiamo alternativa alla promozione di un movimento internazionale a favore dei diritti fondamentali della persona, senza cui la democrazia diventa solo un feticcio rituale che porta al potere i fascisti e i nazisti islamici. Siamo tutti testimoni e vittime di una annosa deriva dei valori che dopo aver provocato, nell'arco di un secolo, l'esodo di dieci milioni di cristiani e di un milione di ebrei dal Medio Oriente, ha poi fatto esplodere il terrorismo islamico globalizzato che disconosce il diritto alla vita di tutti. Ecco perché dobbiamo salvare non un Abdul Rahman, ma tutti gli Abdul Rahman: solo così ci salveremo tutti.

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lettere@corriere.it

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