Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Le difficoltà e le strategia di Abu Mazen dopo l'azione israeliana a Gerico cronache e analisi
Testata:La Stampa - Il Foglio Autore: Aldo Baquis - la redazione Titolo: «Nei Territori in sciopero Abu Mazen è sott’accusa. Ma il rais rafforza l’Olp - Abu Mazen: l'attacco al carcere é stato un crimine imperdonabile»
Da LA STAMPA di giovedì 16 marzo 2006, la cronaca di Aldo Baquis:
Accolto dai singhiozzi di agenti palestinesi - disarmati martedì da soldati israeliani nel carcere di Gerico e poi lasciati in mutande, mentre al-Jazeera riprendeva la scena - il presidente Abu Mazen ha ieri ispezionato quanto resta di quel penitenziario. Il volto era severo, le espressioni molto più dure del solito. «Un crimine imperdonabile», ha esclamato, commentando la cattura da parte di Israele del segretario generale del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, Ahmed Saadat. Ieri Saadat è stato interrogato da agenti dello Shin Bet (il servizio di sicurezza interno) assieme con i quattro membri del commando del Fplp che nel 2001 uccisero il ministro israeliano Rehavam Zeevi. Era una ritorsione per l’uccisione due mesi prima del leader del loro partito Abu Ali Mustafa, centrato nel suo ufficio di Ramallah da un razzo israeliano. Secondo l'intelligence di Israele, anche dalla sua cella di Gerico (dotata di fax, telefono e di libero accesso a chiunque volesse incontrarlo) Saadat ha continuato ad organizzare attentati, fra cui una strage a Tel Aviv. Abu Mazen ha seguito con sguardo cupo i guardiani del carcere mentre erano intenti a scavare fra le rovine lasciate dalle ruspe di Israele, nella speranza di ritrovare i loro documenti di identità, i loro soldi, le loro armi. Sotto le macerie, a quanto pare, sono rimasti anche i cadaveri di due loro compagni uccisi in un lungo scontro a fuoco con i militari israeliani. Una giornata in cui i soldati israeliani hanno catturato Saadat per impedirgli in extremis di riacquistare la libertà in virtù degli accordi di coalizione fra Hamas e il Fplp. I tabloid di Tel Aviv erano ieri in tripudio: «Il conto è chiuso» esclamava Yediot Ahronot. «Il giorno del giudizio» faceva eco Maariv, che mostrava con una foto a colori di 20 centimetri gli agenti palestinesi rimasti in mutande. «Un’operazione veloce ed elegante» si leggeva in un commento. Una giornata segnata dall’umiliazione. Il presidente palestinese è stato accusato anche in casa di non aver saputo anticipare le mosse di Stati Uniti e Gran Bretagna, che già dall'8 marzo gli avevano fatto intuire che l'accordo sulla detenzione di Saadat stava per crollare e che i guardiani di quei due Paesi si accingevano a partire. «Alle 9.20 di martedì i guardiani inglesi se ne sono andati, alle 9.25 i soldati israeliani sono arrivati» ha esclamato Abu Mazen secondo cui la collusione ai danni dei palestinesi è lampante. Israele ha repinto ieri questa lettura. L'intelligence israeliano seguiva da vicino il carcere di Gerico, è stato confermato, ma non conosceva i progetti esatti dei guardiani. Da giorni dunque un’importante forza militare israeliana era appostata presso il Mar Morto, pronta a scattare nel giro di minuti. Un’alta fonte dell'Anp ieri ha detto che l'episodio di Gerico va visto come un tentativo di Israele di indebolire Abu Mazen, fino a costringerlo alle dimissioni. Quel giorno, l'Anp probabilmente crollerebbe. Sempre ieri Hamas ha constatato di nuovo quanto sia difficile formare il prossimo governo. Un incontro con al-Fatah si è rivelato inconcludente, perché Hamas ancora non vuole impegnarsi a rispettare gli accordi sottoscritti dall'Anp che implicano il riconoscimento dello Stato di Israele. Hamas - che con le elezioni del 25 gennaio ha conquistato la maggioranza assoluta nel parlamento di Ramallah - ha invece ottenuto il sostegno politico del minuscolo Fplp (appena 3 deputati, su 132) secondo cui «la migliore risposta alla cattura del compagno Saadat è la costituzione di un governo unitario». Il premier incaricato Ismail Haniye (Hamas) ha reagito con ponderatezza ai drammatici eventi di Gerico: «L'importante è garantire che la vita di Saadat e dei suoi compagni sia protetta». Molto meno ponderato invece il braccio armato di Hamas, Ezzedin al-Qassam, secondo cui Israele «dovrà pagare un prezzo per i suoi crimini». In particolare Hamas minaccia adesso di rapire soldati israeliani nell'intento di liberare i palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. In Israele lo stato di allerta è stato elevato, e la chiusura dei valichi verso i Territori è stata prolungata. Ieri la popolazione palestinese ha reagito alla cattura di Saadat con uno sciopero generale e con una serie di manifestazioni di protesta. I miliziani del Fplp hanno intanto rimesso in libertà tutti gli stranieri rapiti martedì nelle ore caotiche che hanno accompagnato il raid di Gerico. Nessuno degli ostaggi ha denunciato maltrattamenti.
Dalla prima pagina del Foglio, un'analisi sulla situazione politica nell'Anp. Ecco il testo:
Gerusalemme. “Tutti e due, Abu Mazen e lo stato ebraico, avevano qualche interesse nell’assalto dell’esercito alla prigione di Gerico – dice al Foglio Mohammed Khalaile, membro di Hamas con base a Hebron – In un colpo solo si sono sbarazzati di un mucchio di problemi. Quelli hanno messo le mani su Saadat, e Abu Mazen ha subìto tutto quanto senza reagire”. Il giorno dopo l’assedio di dieci ore alla muqata di Gerico c’è il sospetto di uno stesso spartito, tacitamente condiviso da Israele e dal presidente dell’Autorità nazionale palestinese. Martedì alcuni passaggi sono stati accidentati, l’esecuzione delle forze israeliane è stata fragorosa – la prigione è ridotta a un cumulo di macerie – e i tempi sono stati sbagliati. Ma in un colpo solo parecchi nodi – invisibili, ma che minacciavano di trasformarsi in motivi di scontro – sono stati eliminati. Nei Territori il sentimento della maggioranza dei palestinesi è lontano dai sospetti di Khalaile. Tutto è sospeso da uno sciopero generale. “Abu Mazen è stato soltanto molto stupido” è la dichiarazione ricorrente anche tra i membri di Hamas. Lui, ieri atteso all’Europarlamento, si è precipitato da Bruxelles a Gerico per un comizio sul posto. “Ciò che è accaduto – ha detto Abu Mazen – è un crimine imperdonabile, un’umiliazione per tutti i palestinesi e una violazione degli accordi”. La popolazione appare lo stesso sfiduciata. Ora però il presidente dell’Anp è di nuovo libero da quell’angolo in cui era stato cacciato da Hamas. Il gruppo armato, dopo la vittoria alle elezioni legislative, aveva annunciato che avrebbe rimesso in libertà i prigionieri palestinesi, compresi quelli rinchiusi a Gerico. Le prime scarcerazioni di militanti del Jihad islamico erano già iniziate. Mentre il presidente dell’Anp era provvidenzialmente con la testa girata nel suo viaggio europeo, il governo israeliano ha risolto la questione da sé. Ha annullato il potenziale, duro confronto con la sola controparte palestinese ritenuta in una qualche misura – soprattutto se a confronto con i nuovi arrivati di Hamas – affidabile. Non è un caso che il presidente dell’Anp si sia scagliato a caldo soltanto contro il contingente angloamericano, colpevole per i palestinesi di aver abbandonato al suo destino il carcere. Ieri il premier britannico, Tony Blair, ha difeso a Westminster l’operato degli osservatori, dicendo di “riconoscere Hamas”, ma di voler agire soltanto “sulla base degli accordi”. Nel gioco dei vantaggi reciproci, Israele guadagna la consegna alla giustizia degli assassini di un suo ministro – Revahin Ze’evi, ucciso nel 2001 – del loro mandante Ahmed Saadat, e del “segretario al Tesoro” di Arafat, Fuad Shubeiki, che controllava l’opera di contrabbando d’armi nei Territori. Il premier israeliano, Ehud Olmert, dal canto suo scongiura a due settimane dal voto che i terroristi guadagnino la libertà e compaiano in televisione a rilasciare interviste. E si accredita come erede di Ariel Sharon anche nella determinazione a usare la forza, e non più soltanto come fedele esecutore del disimpegno unilaterale.
L’incontro a Tunisi con Qaddoumi La scossa d’assestamento di Gerico ha aiutato Abu Mazen, anche se per vie indirette e brutali, nel confronto con la nuova classe dirigente di Hamas che si prepara a governare. Ma il presidente dell’Anp ha un piano molto più ampio, a prescindere dalle urgenze come quella di martedì, per destabilizzare i rivali estremisti. Il giorno dell’apertura a Ramallah del nuovo Parlamento, ha annunciato che intende “rafforzare l’Olp come unica rappresentante del nostro popolo”. Sono sembrate parole strane pronunciate proprio da lui, nonostante sia presidente in carica dell’Olp. Dopo gli accordi di Oslo la politica della leadership di Fatah nei Territori era stata quella di indebolire l’organizzazione. Era il simbolo della vecchia guardia rimasta a Tunisi, che si era opposta ai negoziati con Israele e che non riconosceva l’Anp come rappresentante dei palestinesi. Ma il rais chiede ora aiuto al capo dell’ufficio politico dell’Olp, Farouq Qaddoumi (anche se spera di potersene liberare al più presto). Sa di aver bisogno di lui per riattivare l’organizzazione. Non soltanto perché ne è l’uomo-simbolo, ma anche per il potere gerarchico di anzianità che vige al suo interno. Una delegazione del presidente è già andata a Tunisi per discutere la nuova strategia. E Qaddoumi è stato a Damasco per incontrarsi con varie fazioni palestinesi rivali di Hamas. L’Olp è tornata in scena, evocata da Abu Mazen, come unica chiave per la sopravvivenza dell’opposizione.
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