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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Avvenire - Europa - Il Manifesto Rassegna Stampa
28.02.2006 "Mano tesa" al popolo palestinese, "segno di vita" dell'Ue, risposta all'"aggressione" israeliana
i finanziamenti europei all'Anp di Hamas in tre cronache dall'altro mondo

Testata:Avvenire - Europa - Il Manifesto
Autore: Barbara Uglietti - Ivana Arnaldi - la redazione - Stefano Chiarini
Titolo: «La Ue sblocca i fondi ai palestinesi - L'Anp rischia il collasso economico - La Ue scongela i fondi per i palestinesi - Palestina, buio e fame»

"L'Unione europea porge la mano al popolo palestinese in gravi difficoltà economiche" così sintetizza  la vicenda dei finaz iamenti europei all'Anp di Hamas Barbara Uglietti, aprendo il suo articolo pubblicato da AVVENIRE  di martedì 28 febbraio 2006. Segue un articolo  che sistematicamente minimizza il terrorismo e il progetto di distruzione di Israele di Hamas. Ecco il testo: 

L'Unione europea porge la mano al popolo palestinese in gravi difficoltà economiche. Da giorni la Francia spingeva affinché la Ue sbloccasse gli aiuti in favore dell'Autorità nazionale mettendo da parte, almeno temporaneamente, i dubbi su Hamas, il gruppo fondamentalista vincitore delle elezioni del 25 gennaio.
Una mossa non unanimemente condivisa nella Ue (in passato molte volte rimproverata di aver finanziato il governo palestinese senza chiedere in cambio riforme e passi concreti) ma che secondo Parigi potrebbe anche incoraggiare la svolta moderata di Hamas. Alla fine hanno comunque prevalso le ragioni umanitarie e Bruxelles ha dunque stanziato 120 milioni di euro: un «sostanzioso pacchetto di aiuti», ha spiegato il commissario alle Relazioni esterne Benita Ferrero-Waldner che servirà per coprire alcune «esigenze primarie». Quaranta milioni verranno utilizzati per pagare la bolletta energetica, altri 64 saranno versati attraverso l'Unrwa, l'agenzia dell'Onu per i profughi. La somma restante dovrebbe arrivare con lo sblocco dei fondi europei congelati nel fondo fiduciario della Banca mondiale a causa della passata cattiva gestione dei finanziamenti da parte dell'Anp.
Da Bruxelles, il ministro degli Esteri britannico Jack Straw ha comunque precisato che si tratta di un aiuto all'«attuale» governo a interim dell'Anp e non a quello, ancora da formare, di Hamas. Perché sul sostegno finanziario "dopo" l'insediamento del gruppo fondamentalista, l'Europa deve ancora decidere: «Vedremo», ha detto il commissario Ferrero-Waldner, aggiungendo che «c'è possibilità che Hamas faccia qualche mossa. Diamogli tempo».
L'avvertimento è sempre lo stesso: niente più aiuti se il gruppo non rinuncerà alla violenza e non riconoscerà Israele. Ma le prime reazioni di Hamas da questo punto di vista non sono incoraggianti: il portavoce Khalil Abu Leila, pur definendo lo sblocco dei fondi «un passo nella direzione giusta», ha sottolineato che «la Ue comincia ad abituarsi alla v ittoria di Hamas» e preannunciato che, comunque, il gruppo «non accetterà che gli aiuti siano legati a condizioni che vanno contro i nostri principi».
A portare la nuova dirigenza palestinese a più miti consigli potrebbe provarci la Russia, che, su invito del presidente Vladimir Putin, accoglierà venerdì a Mosca una delegazione di Hamas. Mentre, a sorpresa, il premier israeliano ad interim Ehud Olmert ieri, contestando le affermazioni di alti dirigenti israeliani secondo i quali il movimento estremista costituirebbe una «minaccia strategica» per lo Stato ebraico, ha detto che «se è proprio necessario, siamo in grado di trattare con Hamas». Intanto, sette giudici della Corte suprema israeliana hanno denunciato la politica governativa nei confronti della minoranza araba, sostenendo che essa ha conseguenze discriminatorie sulla riduzione delle imposte e in vari settori come l'educazione, l'occupazione e l'edilizia.

Su questa vicenda, é bene fare alcune precisazioni. Ciò che al corte suprema israeliana ha giudicato discriminatorio é il modo in cui il governo israeliano ha assegnato nel 2002 a 553 centri abitati israeliani lo status di "zone di prferenza" (per la riduzione delle imposte, gli aiuti alla pubblica istruzione e altri vantaggi). Il fatto che soltanto quattro fossero a maggioranza araba ha fatto ritenere prima al gruppo arabo per i diritti civili Adala, poi alla Corte suprema che vi fosse effettivamente una discriminazione. Non ci si trova di fronte, dunque a una positiva politica discriminatoria, ma eventualmente a  mancanza di equità nella distribuzione di benefici sociali. Mancanza di equità che la Corte suprema di Israele ha comunque imposto di correggere.

Completa l'opera della Uglietti Ivana Arnaldi, che intervista l'ex presidente della Banca Mondiale e inviato in Medio Oriente del quartetto James Wolfensohn, il quale si profonde in allarmi sull'imminente tracollo dell'economia palestinese, ma nulla dice sulla corruzione e sull'uso dei finanziamenti per il terrorismo e per la propaganda d'odio.

Eccentrica, come minimo, é anche  la visione della vicenda proposta dal quotidiano della Margehrita EUROPA per il quale i finanziamenti ad Hamas provano che "L'Unione Europea ha ricominciato a dare segnali di vita autonoma". E' quella particolare forma di "europeismo" per il quale l'indipendenza politica dell'Ue si misura in base agli attriti con gli Stati Uniti e alla condiscendenza verso stati canaglia e organizzazioni terroristiche. Ecco l'articolo:

  L’Unione Europea ha ricominciato a dare segnali di vita autonoma. E di decisioni autonome. Anche su questioni scottanti come quella della vittoria di Hamas in Palestina. Ieri mattina il commissario alle relazioni esterne, l’austriaca Benita Ferrero- Waldner, ha annunciato lo sblocco di 120 milioni di euro a favore del popolo palestinese e ha fatto appello agli altri donatori a sostenere i palestinesi. Secondo la Ferrero-Waldner, 40 milioni di euro dovrebbero servire a pagare le fatture energetiche dell’Anp, 64 milioni consisterebbero in aiuti diretti attraverso l’Onu e 17,5 milioni dovrebbero essere sbloccati dal fondo della Banca Mondiale per aiutare a pagare i salari.
Che non si tratti di una decisione da poco o di routine, ma che, anzi, essa risponda a una precisa strategia è risultato chiaro dalla dichiarazione di Ferrero- Waldner: «Riteniamo politicamente necessario – ha detto – sostenere Mahmoud Abbas, il presidente dell’Autorità palestinese».
La decisione europea è arrivata alla fine di settimane complicate nelle quali gli Stati Uniti e Israele in primis e, in ambito europeo, Italia e Germania, avevano assunto un atteggiamento intransigente. Condoleezza Rice già un mese fa aveva annunciato che Washington non avrebbe dato finanziamenti a un governo guidato da Hamas. Israele si era rifiutata di consegnare ai palestinesi i 200 milioni di shekel, circa 40 milioni di euro, che raccoglie per conto dell’Anp   tra dazi doganali e prelievi fiscali.
Quella di ieri è una vittoria della Francia e dell’attuale presidenza austriaca dell’Unione, peraltro già annunciata da indiscrezioni di stampa nei giorni scorsi e ieri dal quotidiano britannico Daily Telegraph. Tutta la faccenda potrebbe ingarbugliare le relazioni tra Ue e Usa, ma anche tra Usa, Onu e Russia. È di ieri la notizia di una lettera datata 25 febbraio, in cui James Wolfensohn, inviato speciale in Medio Oriente del Quartetto – Onu, Usa, Ue e Russia – ha lanciato l’allarme: l’Autorità palestinese rischia il collasso finanziario entro due settimane, con conseguenze imprevedibili anche sul piano della sicurezza e dell’ordine pubblico. Secondo Wolfenshon, il Quartetto dovrebbe sviluppare un piano di finanziamento a lungo termine per aiutare il prossimo governo palestinese che rischia di trovarsi   con un buco da 100 milioni di dollari questo mese e con un debito fino a 70 milioni di dollari il prossimo. «So che non ho bisogno di dirvi – ha scritto l’inviato – che l’incapacità di pagare i salari potrebbe avere conseguenze ad ampio raggio, non solo per l’economia palestinese ma anche per la sicurezza e la stabilità sia dei palestinesi sia degli israeliani ». Wolfensohn ha proposto un vertice dell’Onu con i donatori principali nella seconda settimana di marzo. E la commissario Ferrero-Waldner ieri è stata esplicita: «Sarebbe politicamente importante che Israele riprendesse i pagamenti all’Autorità nazionale palestinese dei proventi doganali delle merci in transito nei Territori».
«La decisione dell’Unione Europea a favore dell’Anp è ragionevole e penso costituisca un’evoluzione molto positiva» è stato il commento di un alto dirigente di Hamas. Una delegazione del partito si recherà in Russia il 3 marzo prossimo, su invito di Putin.
Israele e Stati Uniti hanno interpretato l’annuncio come una sfida al loro tentativo di isolare Hamas.
Da Israele è arrivata una doccia fredda anche ieri. Nessuna intenzione di condurre negoziati di pace con il presidente dell’Anp Abu Mazen, ha ribadito il ministro degli esteri israeliano, Lipzi Livni, perché non lo ritiene in grado di concludere un accordo.

Ovvio che la ragionevole constatazione della mancanza di potere reale di Abu Mazen venisse presentata come l'ennesima "doccia fredda israeliana".

Al MANIFESTO il compito di trattare la vicenda é affidato a Stefano Chiarini che , fedele alla sua concezione di giornalismo "militante" (recentemente espressa nella polemica su come dovesse essere raccontata la manifestazione antisraeliana organizzata dal Pdci) stila un comunicato propagandistico dal quale si evince che Israele vuole affamare i palestinesi, che Hamas é un "movimento di resistenza" pronto, tuttavia, al dialogo, mentre Israele teme sopra ogni cosa la pace e mira all'annessione del "50%" della Cisgiordania. Roba che neanche la Pravda dei tempi d'oro ...  Ecco il testo:

Apartire da ieri la compagnia israeliana Dor-Allon, che ha il monopolio delle forniture di gas e di benzina nei territori occupati, ha sospeso tutte le forniture alla West Bank e Gaza dal momento che l'Autorità Nazionale Palestinese non ha più i fondi per poter pagare il servizio. Le scorte in Cisgiordania - secondo il quotidiano Al Quds - basteranno ancora per dieci giorni e a Gaza per non più di una settimana. Poi resteranno il freddo, il caos, l'occupazione e la guerra strisciante e di sicuro l'associazione agli occhi dei palestinesi di questo tracollo delle condizioni di vita con le elezioni non deporrà molto bene per la «diffusione della democrazia» in Medioriente. Il rifiuto di Israele di versare all'Anp i 50 milioni di dollari al mese di tasse e dazi raccolti per conto dell'Autorità Palestinese, insieme al taglio e al minacciato blocco degli aiuti internazionali, già avviatosi con Abu Mazen - che ieri è stato definito dal ministro degli esteri israeliano Tzipi Livni «irrilevante e foglia di fico per una Autorità terroristica» - e poi acceleratosi con la vittoria di Hamas, rischia ora di gettare nel caos l'intera società palestinese. La decisione del governo israeliano - con la scusa della vittoria di Hamas, mentre in realtà Tel Aviv ha dichiarato di rifiutare qualsiasi trattativa con i palestinesi e di voler procedere all'annessione con il muro dell'apartheid di oltre il 50% della Cisgiordania - è stata criticata ieri dal commissario europeo alle Relazioni esterne, Benita Ferrero-Waldner secondo la quale quei soldi «sono in realtà palestinesi». Israele così sta condannando alla fame gli abitanti dei territori occupati perché questi hanno votato il partito «sbagliato», come sbagliati erano il coraggioso Arafat e il mite Abu Mazen. L'unico partito giusto per Tel Aviv sarebbe quello pronto ad accettare il progetto israeliano di annettere i «territori» senza le città palestinesi e le «zone ad alta densità abitativa araba» che diverrebbero tanti piccoli bantustan, isole in un mare israeliano, corrispondenti al 9% della Palestina. Il «piano di pace di Sharon e di Kadima che tanto piace a Gianfranco Fini e Francesco Rutelli. La comunità internazionale, da parte sua, di fronte all'intransigenza israeliana, ha cominciato a premere sulle vittime palestinesi e non sugli occupanti, riducendo i finanziamenti all'Anp, nella prospettiva di un loro taglio definitivo, fino a quando i palestinesi non firmeranno una resa incondizionata ad Israele. Il doppio boicottaggio delle casse dell'Anp - quello israeliano e quello internazionale - rischia ora di far esplodere la situazione. L'inviato del Quartetto (Usa-Ue-Onu-Russia) per il Medioriente, John Wolfensohn, ha avvertito ieri che se non verrà trovata una soluzione urgente al buco crescente nelle finanze palestinesi, il rischio è di un «collasso finanziario dell'Anp nel giro di due settimane». «Il ministro palestinese delle finanze - ha scritto ieri il diplomatico ai membri del Quartetto - mi ha avvertito che ha bisogno di una cifra tra i 60 e gli 80 milioni di dollari dalla settimana prossima per incominciare a pagare gli stipendi» dei dipendenti pubblici. Si tratta di oltre 140.000 persone che con i loro stipendi di 300 - 400 dollari al mese tengono praticamente in vita la popolazione dei territori occupati. Per evitare un collasso immediato, l'Unione Europea ha deciso ieri lo stanziamento di circa 120 milioni di Euro al governo di transizione guidato dal premier uscente Abu Ala (Al Fatah) ma si tratta di una goccia nel mare. Infatti solo 17,5 dei 120 milioni di Euro promessi ieri dovrebbero andare all'assistenza diretta all'Autorità Palestinese. Il resto servirà a pagare i fornitori israeliani di energia (40 milioni) e a finanziare (con 64 milioni) i servizi dell'agenzia Onu per i profughi palestinesi (Unrwa). Non solo, oltre al danno anche la beffa: gli Stati Uniti hanno chiesto all'Anp di restituire 50 milioni di dollari già versati in aiuti in modo che «non cadano nelle mani di Hamas». Intanto il movimento di resistenza islamica palestinese Hamas, in vista della formazione del nuovo governo, sarà in visita ufficiale a Mosca il prossimo 3 febbraio su invito del presidente russo Vladimir Putin. La decisione russa di invitare la leadership del movimento di resistenza islamica ha suscitato le dure reazioni di Stati Uniti e Israele contrari a qualsiasi barlume di una pace che potrebbe costringere Tel Aviv a lasciare i territori occupati di Palestina.

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