Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
I principi della democrazia liberale e il pregiudizio antislamico
Domenica 12 febbraio 2006
Sono un vostro lettore da non molto tempo, o meglio da quasi un anno cioè da quando mi sono trasferito per studio in Israele e con piacere leggo le informazioni da voi raccolte e commentate, le quali mi aiutano a far sintesi delle fin troppo "orientate" informazioni italiane. Per questo vi ringrazio del prezioso e utile servizio che svolgete. Vi scrivo per l'articolo che avete riportato di Beppe del Colle e il relativo commento da voi pubblicato. Sono pienamente d'accordo sull'ipocrisia che si cela dietro l'operazione-ricucitura operata dalle istituzioni, ma mi ritrovo con difficoltà ad appoggiare l'affermazione (isolata dal contesto) di Magdi Allam sui principi della democrazie liberale.Preciso: occorre definire cosa si intende per quei "principi". Ho visto le vignette che sono state pubblicate, alcune veramente ironiche, altre molto meno. E di quest’ultime ciò che mi ha colpito è stata la grettezza di chi le ha disegnate, perché il loro intento, mi sembra, non era tanto di offendere il simbolo religioso quanto di rappresentare una propria immagine del mussulmano. Hanno semplicemente dato sfogo ai propri pregiudizi. Questa satira non penso che rientri tra i principi della democrazia liberale. Se dietro a questa pseudoironia, si nasconde il desiderio di calunniare l'altro, non sono affatto d'accordo. Se una certa satira è confezionata semplicemente per denigrare l'altro, ovvero se nasconde neanche tanto velatamente un pregiudizio, non ci sto. D’altronde questo è solo un esempio del pregiudizio che serpeggia sempre più spesso in tanti ambienti chiusi e gelosi del proprio spazio che si incontrano in Italia e in Europa. Ne avete dato un esempio pubblicando una recensione sul sito effedieffe.com Preferisco non commentare le reazioni del mondo islamico di fronte a questa satira (fra l’altro le ritengo l’unico aspetto positivo di questa vicenda, perché mettono a nudo ciò che anima una parte non indifferente dell’Islam di oggi: l’intolleranza – ma soprattutto mettono in guardia certi governi dall’ingenua illusione di poter collaborare “economicamente”, senza pesanti condizionamenti, con il mondo islamico), e concentro la mia attenzione sull’episodio delle vignette più “intolleranti”. Considero la satira come una critica finalizzata a mettere a nudo le pecche, o meglio i limiti di una situazione affrontandola in modo ironico. Ma non uno strumento per dar sfogo al proprio pregiudizio. I commenti che offrite nel vostro sito non sono sempre da me condivisi, ed è proprio per questo che mi piacciono perché mostrano i limiti del mio sguardo sulla realtà. Altro aspetto importante e fondamentale dei vostri commenti: rispettano l’ altro, cosa che non ho ritrovato in alcune di quelle vignette. Se vogliamo insieme batterci per una democrazia liberale, forse dobbiamo chiarire quali sono questi principi, ma soprattutto i limiti entro cui muoverci nel rispetto dell’altro. Ringrazio ancora per il vostro servizio e vi auguro ogni bene per il vostro lavoro. lettera firmata.
Gentile lettore, grazie della sua lettera, dei suoi apprezzamenti e delle fondamentali questioni che pone. A noi sembra che tra i principi della democrazia liberale vi debba sicuramente essere il rifiuto di un'interferenza esterna sugli ordinamenti giuridici che tutelano la libertà di espressione. Tale interferenza può essere violenta o limitarsi al boicottaggio economico, entrambe le modalità sono state attuate nel caso delle vignette danesi. L'obiettivo era comunque costringere un governo a intervenire coercitivamante su un quotidiano contro le sue leggi. Molte legislazioni europee, come da più parti ricordato, di fatto regolamentano la libertà di espressione, con l'intento di impedire gli incitamenti all'odio. Non é questo il caso della Danimarca, dove il diritto alla libertà di espressione è in effetti assolutio, salvo i casi di autocensura ispirati dal timore dell'intoleranza fondamentalista in ambito islamico. Qualunque cosa si pensi delle leggi contro l'odio razziale e il negazionismo é certo che il caso danese configura qualcosa di decisamente diverso: i fondamentalisti islamici non si sono appellati alle leggi danesi, hanno preteso con la violenza, l'intimidazione e il boicottaggio economico un intervento autoritario e illegale. In quanto alla valutazione circa i pregiudizi espressi dalle vignette danesi ci limitiamo a ricordare il commento, riportato da Magdi Allam, di una giornalista egiziana circa la più controversa della serie, quella che rappresenta Maometto con una bomba nel turbante: "Mona Eltahawy, intervenendo sul quotidiano libanese The Daily Star, ha ricordato che proprio recentemente in Danimarca il leader del gruppo estremista islamico Hizb al-Tahrir, Fadi Abdullatif, ha incitato a uccidere i ministri del governo per la partecipazione militare danese in Iraq, nonché a massacrare gli ebrei. Quindi si è domandata: «Abdullatif ha invocato il Corano per giustificare l'incitamento alla violenza! E noi ci meravigliamo che la gente associ l'islam alla violenza?»". Oggi i maggiori nemici dell'islam sono senza dubbio i terroristi e le voci del dissenso della ragione presenti al suo interno hanno sanno bene di non essere minacciate da un'inesistente campagna "islamofoba", ma dalla volontà di dominio dei fondamantalisti. Per questo ci inviatano a distinguere accuratamente la critica religiosa, per quanto sgradevole e malformulata possa risultare, dalla diffusione dei pregiudizi e dell'odio. Ne va della nostra e della loro libertà.