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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
06.02.2006 La politica estera italiana rischia una svolta filo-Hamas?
un editoriale di Angelo Panebianco

Testata: Corriere della Sera
Data: 06 febbraio 2006
Pagina: 1
Autore: Angelo Panebianco
Titolo: «Il pregiudizio filo-Hamas»

Il CORRIERE della SERA di lunedì 6 febbraio 2006 pubblica un editoriale di Angelo Panebianco che riportiamo:

È una coincidenza che dice molto sulla storia dei rapporti fra i palestinesi e l'Europa. Più o meno nello stesso momento in cui una banda armata legata ad Al Fatah attaccava la sede dell'Unione Europea nei territori palestinesi per protestare contro le vignette satiriche, i dirigenti di Hamas reiteravano a Bruxelles la richiesta di non interrompere i finanziamenti alla Palestina. Senza nemmeno prendersi la briga di scusarsi per il comportamento dei loro compatrioti.
Quando si dice che Hamas ha vinto le elezioni perché Al Fatah era corrotta, si dimentica di aggiungere che per quella corruzione l'Europa porta pesanti responsabilità. La sua principale colpa è di avere indirizzato per anni giganteschi flussi di denaro verso l'Autorità palestinese senza chiedere conto di come veniva usato, senza mai minacciare la chiusura dei finanziamenti davanti alle appropriazioni personali dei capi (Arafat per primo) e dei sottocapi, la moltiplicazione delle squadracce armate, l'organizzazione delle azioni terroriste (per non parlare delle trasmissioni televisive e dei libri scolastici impregnati di antisemitismo). Chi finanziava senza preoccuparsi di cosa stava finanziando non è corresponsabile?
Questa storia di sostegno acritico dell'Europa ai palestinesi (che ha finito poi per danneggiarli) e di pregiudizio antisraeliano viene da lontano: data almeno dal blocco petrolifero del 1973, anche se in certi ambienti comincia prima, con la guerra dei Sei giorni del 1967 e la rottura delle relazioni diplomatiche fra Urss e Israele. Molte ne furono le ragioni ma la più importante fu il calcolo secondo cui conveniva assecondare i regimi arabi che controllavano il petrolio e si fingevano difensori dei palestinesi.
Questo atteggiamento, diffuso in Europa, si tradusse, nel caso dell' Italia, in una politica filoaraba (di cui a lungo Giulio Andreotti fu simbolo e, in parte, artefice), fortemente squilibrata, nel conflitto israeliano- palestinese, a favore dei palestinesi: fu il frutto di una mistura di
realpolitik, convenienze commerciali e ostilità ideologica per Israele coltivata da ambienti cattolici e dalla sinistra un tempo di osservanza sovietica. E si protrasse, inerzialmente, negli anni Novanta.
Un merito del governo Berlusconi in politica estera è di avere interrotto quella tradizione, di avere chiuso con l'epoca del sostegno acritico ai palestinesi e del pregiudizio antisraeliano. Ci si augura che questa acquisizione non vada perduta in caso di vittoria del centrosinistra, che il nuovo rapporto dell'Italia con Israele non faccia la fine della legge Biagi e di altre cose che la sinistra vuole smantellare.
Ci sono state, nei mesi scorsi, importanti dichiarazioni di Fassino e di Rutelli. Ma c'è anche qualche segnale poco incoraggiante. In una intervista seguita alla vittoria di Hamas, Massimo D'Alema (di cui si parla come possibile ministro degli Esteri) ha scaricato ogni responsabilità sugli israeliani, senza nessuna parola di censura per i palestinesi (o per l'Europa). Sembrava un'intervista del passato: le responsabilità degli israeliani, che pure ci sono, venivano ingigantite, quelle dei palestinesi o dei governi arabi minimizzate.
È lecito sperare che l'andreottismo non torni più ad essere la cifra della politica italiana in Medio Oriente?

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lettere@corriere.it

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