Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Di fatto, Hamas ha ribadito che non riconoscerà mai il diritto all'esistenza di Israele e che non rinuncerà mai al terrorismo, sia pure riservandosi di farne o meno uso a seconda delle circostanze e della convenienza. A quale specie di dialogo avrebbe dunque acconsentito? Dall'articolo sembra comunque che il dialogo cui si riferisce il titolo sia con Europa e Stati Uniti. Ma leggendo "Hamas apre al dialogo" si pensa inevitabilmente a Israele, perché è con Israele che i palestinesi dovrebbero trattare. A meno che il dialogo ipotizzato da Hamas non consista nel trattare con una comunità internazionale complice i tempi e i modi della cancellazione di Israele. Ecco il testo:
PALESTINA: HAMAS APRE AL DIALOGO, FATAH CONTESTATO
Ancora prima della nascita dello Stato palestinese, i Territori rischiano di trasformarsi in una Somalia del Medio Oriente. Mentre Hamas si dichiara disponibile al dialogo con la comunita' internazionale, esplode con violenza la protesta degli elettori delusi di Fatah nei confronti della dirigenza che ha perso le elezioni, accusata di voler entrare in un governo di coalizione con il gruppo radicale uscito trionfante dalle urne. Nelle strade di Gaza City e di Ramallah si sono riversati centinaia di manifestanti che hanno preso d'assalto le sedi del Parlamento, per chiedere le dimissioni della dirigenza di Fatah. Le manifestazioni hanno messo in luce il problema del controllo delle forze di sicurezza, oggi messo in discussione da scontri interni al mondo palestinese. I ruoli sembrano rovesciarsi. Da Damasco, il leader di Hamas, Khaled Meshaal ha annunciato: "Siamo pronti a formare un esercito", trasformando in un corpo militare ufficiale le milizie di cui dispone il movimento. Al contrario, tra i militanti di Fatah la tentazione e' questa, rilanciata da un manifestante: "Trasformeremo l'esercito palestinese in milizia armata. Hamas non deve insegnarci il credo islamico. Abbiamo il Corano nel cuore". E' toccato al capo della polizia di Gaza, Ala Hosni, lanciare un messaggio preciso ai vincitori delle elezioni per dire loro che il controllo dell'esercito ricade sotto il potere di Abu Mazen, il presidente dell'Autorita' Palestinese. Hamas, intanto, lancia appelli all'Europa e agli Stati Uniti e fornisce all'Occidente il suo volto piu' pragmatico. "Siamo desiderosi di avviare un dialogo", ha sottolineato Meshaal, "ma devono rispettare la nostra volonta' e le nostre posizioni". E su Israele: "Non riconosceremo l'occupazione israeliana ma siamo realistici e sappiamo che le cose avvengono gradualmente".
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