Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Dossier Spielberg, seconda parte negli Stati Uniti critiche a un film che non capirebbe la situazione di Israele
Testata:Il Foglio Autore: la redazione Titolo: «Monaco 1972»
Riportiamo dal FOGLIO di mercoledì 14 dicembre 2005: New York. "Munich", il nuovo film di Steven Spielberg sulla reazione israeliana alla strage dei suoi atleti compiuta da un commando palestinese alle Olimpiadi del 1972, non è ancora nelle sale americane – uscirà il 23 dicembre – ma ha già cominciato a far discutere commentatori e analisti di politica estera. Ieri il film è stato proiettato nelle sale vellutate del Council on Foreign Relations di New York a un pubblico di esperti di questioni israelo-palestinesi guidati da Dennis Ross, l’ex inviato di Bill Clinton in medio oriente nonché consulente della produzione. "Munich" racconta la storia del gruppo di agenti israeliani incaricati dal premier laburista Golda Meir di uccidere uno per uno i responsabili, anche al costo di sacrificare i valori della propria civiltà. Chi l’ha visto sostiene che sia un gran bel film d’azione, ma Spielberg si pone il problema della reale efficacia di una politica che risponde alla violenza con altra violenza. Tanto che il protagonista, ovvero il capo degli agenti israeliani, alla fine non soltanto non è più convinto della sua missione, ma neppure del sionismo e di Israele stesso. La politica giusta, ha detto Spielberg a Time, dovrebbe essere quella del dialogo. L’editorialista del New York Times David Brooks ha scritto che "Munich" è un "nuovo tipo di film anti guerra" e, in questo, innovativo, sofisticato e intelligente, "ma, quando diventa politico, Spielberg deve distorcere la realtà per farla adattare ai suoi preconcetti. In primo luogo, scegliendo una storia ambientata nel 1972, Spielberg consente a se stesso di ignorare il veleno che permea il medio oriente: il radicalismo islamico. Nel medio oriente di Spielberg non ci sono né Hamas né Jihad islamico. Non c’è alcun fervente antisemita, nessun negazionista dell’Olocausto come l’attuale presidente dell’Iran, nessun zelota che vuole sterminare gli israeliani. Soprattutto non c’è il male. E questo è il centro della favola di Spielberg. Nella sua rappresentazione della realtà non ci sono persone così dedicate a un’ideologia assassina e quindi impermeabili al tipo di compromesso e di dialogo in cui Spielberg nutre una gran fiducia. Non ammettendo l’esistenza del male, come esiste realmente, Spielberg racconta una realtà sbagliata. Comprensibilmente non vuole rappresentare i terroristi palestinesi come i cattivi dei cartoni, ma non li ritrae per niente". Secondo Brooks, l’agente israeliano che nel film si pone i dubbi sulla missione e sul sionismo è l’immagine americana di ciò che un eroe israeliano dovrebbe essere, ma i veri combattenti israeliani tendono a essere più duri perché invece sono a conoscenza dell’ideologia sterminatrice dei loro nemici. Brooks conclude sostenendo che "nel medio oriente di Spielberg l’unico modo di ottenere la pace è rinunciare alla violenza, ma nel medio oriente reale l’unico modo di ottenere la pace è attraverso una vittoria militare sui fanatici accompagnata da compromessi tra gli elementi ragionevoli delle due parti". New Republic: "Non ha a cuore Israele" Il console israeliano a Los Angeles ha accusato il film di fare "un’equazione morale" tra i terroristi e gli israeliani. Ma la critica più dura è di Leon Wieseltier, critico del settimanale liberal, ma fortemente pro Israele, e spiega il sionismo soltanto come antiantisemitismo: "La necessità dello Stato ebraico è riconosciuta, ma la necessità è una forma di legittimità molto debole". Secondo Wieselter, nel film si vede la mano dello sceneggiatore Tony Kushner, "il perfetto progressista dottrinario" (l’anno scorso disse che la creazione di Israele è stata "un errore"). Ma la cosa peggiore, secondo Wieselter, è che il film "preferisce discutere l’antiterrorismo anziché il terrorismo, o pensa sia la stessa discussione. Questa è un’opinione che può avere soltanto chi non è responsabile della sicurezza di altre persone". Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione de Il Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.