Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
L'Iran minaccia, Israele si prepara a difendersi analisi politiche dopo le ultime dichiarazioni di Ahmadinejad
Testata:Il Foglio - Il Giornale Autore: un giornalista - Gian Micalessin Titolo: «Ahmadinejihad - «Teheran è un pericolo»Israele in allarme studia la rappresaglia»
IL FOGLIO di sabato 10 dicembre 2005 pubblica in prima pagina un articolo sulle dichiarazioni negazioniste e antisemite del presidente iraniano Ahmadineiad, ribattezzato nel titolo "Ahmadinejihad".
Ecco il testo: Roma. Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha proiettato due giorni fa sulla scena internazionale la svolta aggressiva del regime iraniano, lo stesso che ha relazioni eccellenti con Hamas, il cui leader, Khaled Mishaal, ha annunciato ieri che la calma con Israele "è finita", "il nostro popolo si sta preparando a un nuovo round del conflitto". Ahmadinejad, alla Mecca, durante la conferenza dell’Oci, l’organizzazione che raduna i paesi musulmani, ha interrotto l’esame – anche autocritico – sul terrorismo islamico tentato da più parti, per ribadire la tesi di sempre, condivisa da gran parte dei presenti, secondo cui il vero, unico terrorista al mondo è Israele. Poi ha aggiunto: "Se gli europei fossero onesti dovrebbero dare qualcuna delle loro province in Europa, in Germania o in Austria o in qualche altro paese ai sionisti". Frase raccapricciante, condannata da molti leader europei. In realtà, nessun paese al mondo – tranne Israele – ha il diritto d’indignarsi. Da sessant’anni queste stesse identiche parole sono pronunciate dal re dell’Arabia Saudita e nessuno protesta, per evidenti ragioni petrolifere. Ahmadinejad non è colto, ma ha uomini colti che lo indirizzano. Quando parlò di "distruggere Israele" non fece altro che citare a memoria discorsi di Khomeini di trent’anni fa, contro cui nessuno al mondo, tranne Israele, ha mai protestato. Il presidente iraniano ha fatto altrettanto ora alla Mecca, citando, in omaggio agli ospiti, una posizione espressa da re Abdulaziz Ibn Saud già nel luglio del 1943, poi ribadita a Franklin Delano Roosevelt il 14 gennaio 1945, durante un loro incontro sul Mar Rosso, dopo Yalta: "Se gli ebrei sono obbligati a cercarsi una sede, vi sono territori in Europa, in America e altrove più spaziosi e più fertili della Palestina e meglio corrispondenti ai loro interessi". Il presidente americano ascoltò e tacque, non ribatté. Quella posizione si basava su due elementi condivisi da Ahmadinejad e da buona parte dei leader musulmani presenti alla Mecca, che tuttora non riconoscono Israele: l’antisemitismo islamico e la falsa idea che Israele sia nato per risarcire gli ebrei della Shoah. Quanto ad antisemitismo islamico è esauriente l’intervista del saudita re Feisal, figlio di Abdulaziz ibn Saud e fratello dell’attuale re Abdullah, il 4 agosto 1972 alla rivista egiziana al Mussawar: "Israele ha sempre avuto, fin da tempi antichi, intenzioni malvagie. Il suo obiettivo è la distruzione di tutte le altre religioni. Gli ebrei considerano le altre religioni inferiori alla loro e gli altri popoli inferiori al loro. Celebrano un certo giorno in cui mescolano il sangue di un non ebreo nel loro pane e lo mangiano. Due anni fa, mentre ero in visita a Parigi, la polizia scoprì cinque bambini assassinati. Il sangue era stato essiccato e risultò che alcuni ebrei li avevano uccisi per prendere il sangue e mescolarlo con il pane che mangiano. Questo dimostra fino a qual punto arriva la loro malvagità e il loro odio verso i non ebrei". Feisal era solito regalare a tutti gli ospiti i protocolli dei Saggi di Sion. Re Abdullah, ogni volta che un attentato islamico insanguina il suo regno, sostiene che è "di matrice sionista". Più subdola – e presente anche in Europa – l’idea che gli arabi debbano scontare in Palestina i crimini antisemiti del Vecchio continente. Idea che deriva dalla scelta di Stalin di motivare il suo "sì" in sede Onu nel 1947 alla nascita di Israele, non come conseguenza della cobelligeranza dei sionisti – Stalin odiava il sionismo – ma quale sorta di risarcimento della Shoah. Invece, il diritto degli ebrei al loro Stato in Palestina, oltre che a evidenti ragioni storiche, era legato ad altro. Essi erano stati per ben due volte cobelligeranti dei vincitori della Prima e della Seconda guerra mondiale, mentre palestinesi avevano combattuto con i perdenti, prima l’Impero ottomano, poi, seguendo il Gran Muftì di Gerusalemme, addirittura con Adolf Hitler. Quando gli chiesero perché non aveva consultato i palestinesi prima di emettere la Dichiarazione Balfour del 1917, il premier Lloyd George rispose sarcastico: "Non potevamo, erano troppo impegnati a spararci addosso". Diecimila sionisti, invece, avevano combattuto dal 1916 in poi a fianco degli inglesi nella Jewish Legion di Jabotinsky e 50 mila combatterono con gli Alleati nella Seconda guerra mondiale. Israele non è dunque un "risarcimento", ma un diritto conquistato dagli ebrei con la forza delle armi al servizio della democrazia e contro le dittature. Questa è una verità intollerabile per i fondamentalisti musulmani. Nell'articolo "«Teheran è un pericolo»Israele in allarme studia la rappresaglia " pubblicato apagina 13 dal GIORNALE Gian Micalessin spiega come Israele valuti l'opzione militare per difednersi dalla minaccia iraniana. Del tutto sbagliato, da questo punto di vista, l'uso del termine "rappresaglia".
Ecco l'articolo, sostanzialmente corretto: Questa volta Israele potrebbe non accontentarsi d’una risposta a livello diplomatico. Le parole del presidente iraniano Ahmadinejad rischiano, questa volta, d’innescare una risposta assai più concreta. A farlo capire, senza troppi giri di parole è il ministro della difesa israeliano Shaul Mofaz secondo il quale Israele deve tenersi pronto a scegliere strade anche diverse da quella diplomatica per reagire alla minaccia nucleare iraniana. La durissima dichiarazione di Mofaz arriva a 24 ore dall’intervento del presidenteAhmadinejad che - durante una conferenza tenutasi alla Mecca - ha prima ridimensionato l’entità dell’olocausto e ha poi invitato gli Stati europei che appoggiano i sionisti «aconcedere alcune loro province affinché possano traslocare il loro Stato in Europa». Intervenendo sull’argomento durante una visita ad un mercato alla periferia di Tel Aviv Mofaz ha definito Ahmadinejad come un uomo «pieno di odio per Israele». «La combinazione di questo odio estremo e le capacità nucleari del paese rappresentano una sicura minaccia per lo stato d’Israele e per i paesi occidentali» - ha detto il ministro della Difesa. Valutando una possibile reazione alle parole del presidente iraniano Mofaz ha aggiunto che - per quanto la mossa giusta sia quella di muoversi sul terreno della diplomazia - Israele «deve anche tenersi pronto ad altre soluzioni». L’idea di un blitz o di un bombardamento preventivo, simile a quello ordinato nel giugno 1981 da Menachem Begin per distruggere la centrale nucleare irachena di Osirak, incomincia insomma a venir discusso apertamente.Eil direttore dell’Agenzia Internazionale per l’Energia atomica, l’egiziano Mohammed El Baradei incomincia a preoccuparsi. «Non penso esista una soluzione militare alla questione », ha detto ieri da Oslo poco primadi venir insignito del Nobel per la pace conferitogli quest’anno. «Una soluzione militare sarebbe completamente controproducente, ma il sul riarmo nucleare dell’Iran il mondo sta perdendo la pazienza», ha aggiunto El Baradei. I suoi inviti a percorrere la via della diplomazia e della cooperazione non sembrano però convincere il ministro degli esteri israeliano Sylvan Shalom. Le sue dichiarazioni non sono prese di posizione avventate o commenti passeggeri, sono invece parte diun pensiero sistematico che punta alla «cancellazione dello stato d’Israele» - sostiene Shalom facendo riferimento anche al discorso dello scorso ottobre quando Ahmadinejad auspicò la cancellazione dalla carta geografica dello Stato d’Israele. Da questo punto di vista secondo Shalom le minacce del presidente iraniano vanno prese molto più sul serio delle sparate di Muhammar Gheddafi, il dittatore libico considerato fino a qualche anno fa il più inveterato e implacabile nemico d’Israele in medio Oriente. «Non mi sognerei maidi prenderle alla leggera - hadetto Shalomriferendosi alle provocazioni del presidente iraniano - quelle dichiarazioni rivelano un modo di pensare che dimostra chiaramente quanto quell’uomo sia pericoloso ». Le parole di Ahmadinejad sono, inoltre, solo una parte del problema. Secondo Shalom la vera preoccupazionesono gli armamentia disposizione della repubblica islamica. E non solo gli ordigni atomici che Teheran potrebbe riuscire ad assemblare in pochi anni se continuerà la propria corsa verso il nucleare. Per il ministro degli esteri una minaccia ben più immediata arriva dal continuo sviluppo dell’arsenale missilistico. «Lo sviluppo di quel settore -hadetto Shalom - liha portati a realizzare missili già in grado di raggiungere Israele le capitali europee». Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione de Il Foglio e Il Giornale. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.