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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
18.11.2005 Ayaan Hirshi Ali prepara il seguito di Submission
per affrontare il tema delle discriminazioni contro gli omosessuali nel mondo islamico

Testata: Corriere della Sera
Data: 18 novembre 2005
Pagina: 15
Autore: Alessandra Coppola
Titolo: «Gay e islam, il seguito di submission»
Il CORRIERE DELLA SERA di venerdì 18 novembre 2005 pubblica a pagina 15 un articolo di Alessandra Coppola sul film seguito di "Submission", l'opera che è costata la vita al regista olandese Theo Van Gogh, ucciso da un fondamentalista islamico.

Ecco il testo:

I titoli di coda, questa volta, saranno ridotti all'essenziale. La lezione di Submission, dice Ayaan Hirsi Ali, «l'ho imparata» e adesso per la Sottomissione parte seconda le cose andranno in maniera diversa: «Di sicuro, non ci sarà il nome del regista. E gli attori non saranno riconoscibili».
A un anno dalla morte di Theo Van Gogh, ucciso da un estremista islamico in una via di Amsterdam, la parlamentare di origine somala — coautrice di quel primo cortometraggio — annuncia il seguito della sfida, concedendo solo un'anticipazione: «Nel film i gay saranno chiamati creature di Dio».
Dopo la violenza sulle donne — con le immagini di ferite e versetti del Corano tracciati su una nuda schiena femminile — Ayaan Hirsi Ali affronta la discriminazione degli omosessuali nel mondo musulmano. Ed è pronta a ricevere nuove accuse di blasfemia. Anche questo, dice alla tv danese, è un modo per accelerare sulla via della «riforma dell'Islam».
Ex bambina costretta dalla nonna alla mutilazione genitale, ex promessa sposa fuggita prima delle nozze, ex profuga in Canada e in Europa (il padre era un oppositore del regime di Siad Barre), Ayaan — «fortunata» nella sua lingua madre — è oggi a 36 anni una leader politica riconosciuta, deputata in Olanda del Partito liberale, inserita da Time Magazine tra le 100 persone più influenti del mondo per il 2005.
Ogni tappa della vita passata si è trasformata in un punto nella sua agenda di lotta. La sua «missione», la chiama lei in un'intervista a Die Welt: «Sono probabilmente la prima donna musulmana della mia generazione che ha subìto pratiche come il taglio del clitoride e il matrimonio forzato e può articolare le sue opinioni in pubblico». Se dovesse definirsi, direbbe di essere «qualcuno che pensa ad alta voce, forse a voce troppo alta...». Del tutto consapevole del forte rischio di critiche.
Il primo Submission
è stato accusato di essere inutilmente offensivo nei confronti dell'Islam. Controverse molte posizioni da lei sostenute in Parlamento: ritiene, per esempio, che non si debba permettere ai figli degli immigrati di imparare la lingua dei genitori e di praticare la religione del Paese d'origine («Il punto è aiutare questi bambini a inserirsi in Olanda nel modo più rapido possibile» spiega alla tv danese). Ad Amsterdam c'è chi la definisce una «provocatrice».
Tutto lecito fin qui, secondo Ayaan, paladina della libertà d'espressione: «Vengo da un Paese molto povero, la Somalia, dove non ho mai saputo che cosa significasse formulare la propria opinione. Mi sembra ancora piuttosto elettrizzante poter dire che cosa penso e che cosa provo. E anche il fatto che il governo mi protegga mi dà forza». Il problema sorge quando le critiche diventano minacce. Anche di morte?, le chiede l'intervistatore di Die Welt. «Ne ricevo molte, soprattutto da ragazzi giovani. A volte anche da ragazze, spesso olandesi convertite all'Islam...». E da anni vive blindata. «Il mio privato è ridotto al minimo, ma non si può combattere costantemente: quando posso, cerco di trascorrere una serata piacevole con i miei amici, senza parlare di politica...».
È stato più difficile quando era in America e si sentiva «tagliata fuori» da tutto e da tutti: non le fu neanche permesso di partecipare al funerale del regista e amico Van Gogh. Dopo l'omicidio, il 2 novembre 2004, fu costretta per ragioni di sicurezza a rifugiarsi negli Stati Uniti. «Salman Rushdie m'aveva consigliato di rimanere lì, ma l'Olanda è il mio Paese. E ho preso un impegno in Parlamento fino al 2007». Così è tornata.
Lo choc della morte di Theo è passato. Le è rimasta la rabbia, dice. E la voglia «di andare avanti». «Come vedo il mio futuro? Vivere con la maggiore libertà possibile, e continuare a fare quel che faccio». La sceneggiatura di Submission 2 è pronta. Registi e attori l'hanno già contattata per partecipare al progetto.
Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla direzione del Corriere della Sera . Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.

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