Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Rabin e la sua eredità intervento di Ehud Gol, ambasciatore di Israele in Italia
Testata:Il Foglio Autore: Ehud Gol Titolo: «Lo spirito di Ytzhak»
IL FOGLIO di martedì 15 novembre 2005 pubblica a pagina 4 un articolo di Ehud Gol, amabasciatore d'Israele in Italia, che commemora Ytzhak Rabin.
Ecco il testo: Al direttore - Lo scorso sabato sera, a Tel Aviv, si sono raccolte oltre duecentomila persone, per commemorare Yitzhak Rabin nel decimo anniversario del suo assassinio. Ieri, che secondo il calendario ebraico, il 12 di Cheshvan, era la data esatta della sua morte, oltre ai suoi familiari e ai suoi amici più stretti, anche molti leader internazionali, con in testa Bill Clinton, suo partner nel processo di pace in medio oriente, si sono recati a visitare la sua tomba a Gerusalemme. Sia durante il raduno in piazza, sia sulla sua tomba, sia nella sessione speciale della Knesset, il Parlamento israeliano, si è parlato ampliamente dell’eredità di quest’uomo e della visione che ha lasciato ai posteri. Yitzhak Rabin era un uomo d’armi, che per ventisette anni ha combattuto tutte le guerre d’Israele, per garantire la pace e la sicurezza del suo paese. Con la stessa devozione, la stessa fervente fede e lo stesso spirito di sacrificio che lo caratterizzarono quale uomo d’armi, Rabin decise di dedicarsi da politico alla risoluzione del conflitto israelo-palestinese e al conseguimento di una pace vera per i due popoli. A dieci anni dalla sua scomparsa è molto difficile stimare l’enorme danno causato al processo di pace dalla sua tragica morte, tuttavia, anche al di là della dimensione temporale, è chiaro a tutti noi israeliani che l’assassinio di Rabin, ad opera di un folle estremista, ha scosso i pilastri fondamentali della società israeliana. Il dibattito politico in Israele è sempre stato carico di elementi ideologici, ma nessuno si aspettava che questo confronto oltrepassasse i limiti della violenza. Vi erano stati, sì, dei segnali e delle avvisaglie, ma l’assassinio ha comunque lasciato un vuoto e provocato uno shock tale che, per lenirne il dolore, se sarà affatto possibile, saranno necessarie decine di anni. Abbiamo un’altra occasione, non buttiamola Rabin era disposto ad assumere dei rischi per la pace. Questo è in effetti il cuore stesso del confronto politico in Israele: fino a che punto lo Stato d’Israele può permettersi il lusso di sacrificare delle vite e di fare concessioni. Il desiderio di pace è il comune denominatore della stragrande maggioranza degli israeliani, ma l’origine della discordia era ed è tuttora esistente e attuale: qual è il prezzo che dobbiamo pagare in cambio dell’agognata pace? I dieci anni trascorsi dalla morte di Rabin sono stati caratterizzati da alti e bassi. In particolare penso alla campagna di terrore e di violenza condotta da Arafat, per raggiungere i propri obiettivi. Con la sua scomparsa si sono create molte opportunità, e solo tre mesi fa Israele ha portato a termine un processo ardito e coraggioso, colmo di rischi, ma anche di nuove prospettive. Il ritiro da Gaza può essere la chiave per il successo del processo di pace, basta che si trovino dei partner degni anche dall’altra parte. Rabin, al pari dei leader israeliani che l’hanno preceduto e seguito, credeva che la chiave per ogni soluzione sta nella solidità della sicurezza dello Stato d’Israele. Al contempo egli credeva nel dialogo con i nostri vicini e in una soluzione basata su due stati per due popoli. La sensazione provata dalle centinaia di migliaia di persone, sabato scorso in piazza, e dal resto dei partecipanti alle varie commemorazioni, compresa quella di ieri presso la tomba di Rabin, è che davvero Israele stia agendo con questo spirito, che ci troviamo di fronte a una rara occasione per mettere fine allo spargimento di sangue, e che non possiamo sprecarla. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione de Il Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.