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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Metro Rassegna Stampa
09.11.2005 Le false aperture di Ahmadinejad convincono Paola Caridi
che attribuisce ogni colpa all'America

Testata: Metro
Data: 09 novembre 2005
Pagina: 25
Autore: Paola Caridi - un giornalista
Titolo: «Bastone e carota nel caso iraniano - Dona organi per la pace»
A pagina 25 di METRO di martedì 8 novembre 2005 Paola Caridi firma l'opinione dal titolo: "Bastone e carota nel caso iraniano"


L'antica tecnica del bastone e della carota è sempre in auge, persino nella delicata partita in corso tra l'Iran e il resto del mondo. Non si sono - certo - ancora spenti gli echi dello scandalo sucistato dalle parole del presidente Mahmoud Ahmadinejad, che chiedeva di "cancellare Israele dalle mappe geografiche". Eppure nel frattempo i toni più concilianti, tipici del lavorio diplomatico, hanno cominciato a riaffacciarsi.
A destreggiarsi nella difficile arte del braccio di ferro, in questo caso, sembra essere soprattutto l'Iran, sempre più isolato da quando la guerra americana all'Iraq ha scompaginato anche i delicati equilibri della regione. E ha contrivuito all'indevolimento dell'area riformatrice iraniana e alla vittoria, all'interno del fronte conservatore, addirittura di un falco come Ahmadinejad.
Non si capisce come la guerra in Iraq possa aver influito sull'ascesa di Ahmadinejad che, ricordiamo,non è molto più "conservatore" dei suoi predecessori. La Caridi parla di vittoria del fronte, come se fossero avvenute elezioni democratiche, senzatener conto dei giochetti, degli equilibri e delle corruzioni interne allo stesso Iran. Come se ogni volta che sale un "conservatore" la colpa fosse sempre degli Stati Uniti e/o di quello che fanno.
Dopo mesi di tira e molla sulla questione del nucleare iraniano, Ahmadinejad ha deciso di passare al contrattacco. Sia sul fronte interno, con la sostituzione nei posti chiave della diplomazia e della burocrazia di uomini considerati non affidabili con elementi fedeli alla sua linea.

Cosa che fanno tutti i dittatori. Quindi non si capisce perché aspettarsi che lui non lo facesse e perchè definire una tale politica un "contrattacco".


Sia sul fronte internazionale, con un attacco frontale alla sua linea. Sia sul fronte internazionale, con un attacco frontale a quelli che Teheran considera i protagonisti del suo isolamento: Israele e Stati Uniti. Di qui l'uso dei più retrivi slogan antisionisti, con la famosa e infelice frase del colpo di spugna sulla cartina geografica. Di qui la linea dura sul nucleare, ribadendo che l'Iran continuerà a sviluppare le centrali ma solo per usi civili: una linea confermata dalla notizia che il regime degli ayatollah ha deciso di arricchire un'altra partita di uranio nella centrale di Isfahan.
Forse qui la giornalista si è espressa male: l'arricchimento di uranio conferma la linea dura, non certo le parole propagandistiche del satrapo secondo le quali l'arricchimento sarebbe per usi civili


Non c'è, però, solo la parte del bastone, in questa storia. La parte della carota è rappresentata dai due segnali arrivati ieri da Teheran. Gli iraniani hanno inviato una lettera ai Paesi dell'Unione Europea protagonisti della mediazione sul nucleare, per riprendere i negoziati interrotti ad agosto. Una richiesta a sorpresa che rischia di mettere la Ue in imbarazzo, visto che le posizioni al suo interno sono tutt'altro che omogenee. In più, il regime di Ahmadinejad ha anche fatto sapere di aver aperto le porte di uno dei suoi siti militari ai tecnici dell'Agenzia internazionale per l'Energia atomica. Tentando, in questo modo, di non inimicarsi del tutto l'AIEA, alla cui testa c'è ora non solo un arabo, ma anche un premio Nobel per la pace come Mohammed el Baradei. I segnali arrivati ieri da Teheran mostrano che la situazione è molto più complessa di com'è arrivata nelle case della gente. Per il mondo arabo, ad esempio non c'è solo una questione nucleare iraniana, ma c'è anche una questione nucleare mediorientale. Lo testimonia la visita che, per la prima volta, Baradei ha compiuto in Israele qualche mese fa. Per gli americani, poi, non c'è solo una questione politica iraniana, bensì una questione mediorientale che, dall'Iraq, si è ormai allargata a Libano, Siria e Iran. Come accadde, più di trent'anni fa, quando - per gli americani - la questione vietnamita divenne una questione indocinese.
Sostanzialmente corretto, a parte l'uso della parola estremista al posto di terrorista, l'articolo e il relativo titolo a pag. 4: "Dona organi per la pace"


Un gesto di pace in una regione dove ogni giorno continua la guerra: la famiglia del dodicenne palestinese ucciso dai soldati israeliani a Jenin, in Cisgiordania, ha deciso di donare gli organi del ragazzino "per favorire la pace tra i popoli". A darne notizia sono stati i media israeliani, ricordando che Ahmed Ismail Jatib, scambiato per un estremista palestinese, è morto sabato dopo essere stato raggiunto giovedì dai colpi d'arma da fuoco sparati dall'esercito israeliano, colpito per errore mentre maneggiava un fucile giocattolo scambiato per vero. Ricoverato in un ospedale palestinese, è stato poi trasferito in una struttura israeliana.
"Vogliamo donare gli organi per tutti i figli di Israele che consideriamo nostri figli - ha detto al sito israeliano Ynet uno zio di Ahmed, Mustafa Majamid - E' già stato versato sangue abbastanza, speriamo di iniziare una nuova fase in cui si metta fine allo spargimento di sangue."
Gli organi sono già stati impiantati in diversi pazienti di varie età.
Oggi i ministri della Ue discutono dell'invio di osservatori a Rafah.
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