giovedi` 03 luglio 2025
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



Clicca qui






Jesus Rassegna Stampa
09.11.2005 Il fondamentalismo islamico in Italia: una realtà sottovalutata
da un'inchiesta troppo ottimistica

Testata: Jesus
Data: 09 novembre 2005
Pagina: 1
Autore: Vittoria Prisciandaro
Titolo: «Tante anime, un solo Corano»
Il mensile cattolico Jesus pubblica nel numero di novembre un articolo di
Vittoria Prisciandaro intitolato "Tante anime, un solo Corano"

Si tratta di un’ ampia analisi sulla presenza dei musulmani in Italia, sul
loro modo di vivere, di pregare, sul livello di integrazione e sulla loro
capacità di rapportarsi, nella vita di tutti i giorni, con la comunità che
li circonda.
Un’analisi a nostro parere venata da un eccesso di "ottimismo" perché non
focalizza a sufficienza l’attenzione su una percentuale, tutt’altro che
irrisoria, di musulmani che approvano il terrorismo, incitano alla
violenza, considerano i kamikaze che fanno strage di civili, "martiri" o
"resistenti" e vorrebbero buttare i crocifissi dalla finestra.
Ricordiamo a beneficio dei lettori la campagna diffamatoria inscenata da
Abdel Smith contro il crocifisso.
Alcune sere fa inoltre l’imam di Bologna durante la trasmissione Matrix
affermava, sollecitato dal giornalista a rispondere in merito al terrorismo
in Israele, che in quel paese NON esistono dei civili, quindi le stragi
sono giuste.
Analogamente Hamza Roberto Piccardo (Segretario nazionale dell’Unione delle
comunità e organizzazioni islamiche in Italia) nel numero di Panorama del
22 settembre alla domanda: "Le azioni terroriste suicide sono lecite?"
risponde: "Dipende". E alla domanda Israele ha diritto di esistere?
Risponde "NO":
Ancora. Il 17 settembre il giornalista Magdi Allam, Vice Direttore del
Corriere della Sera, mentre si apprestava a presentare il suo ultimo libro
è stato vittima di una aggressione da parte di un gruppo di islamici (non
cattolici, ebrei o induisti) con l’intento di impedirgli l’incontro. In
quel contesto Safwat El Sisi ha fatto irruzione urlando: "Io sono il
presidente della comunità islamica di Como, Magdi Allam danneggia l’Islam".

A questo proposito scrive lo stesso Allam: " La verita è che questi loschi
figuri accampano un potere che poggia sul controllo di moschee trasformate
in centri di potere religioso, politico e finanziario……e continuano a
trovare sostegno e traggono una qualche forma di legittimità grazie
all’ingenuità, alla viltà e alla collusione ideologica di ambienti
politici, religiosi cristiani e accademici italiani. Ebbene mettetevi nei
panni dei musulmani perbene e capirete che non affatto facile dover
combattere sia contro gli estremisti islamici sia contro gli italiani
ideologizzati che danno loro man forte".

Riportiamo integralmente l’articolo.

I musulmani che vivono in Italia sono sempre più numerosi. Vivono
pacificamente nell’appartamento accanto al nostro; e i loro figli vanno a
scuola con i nostri. Eppure, l’immagine che ne danno i grandi media è
spesso stereotipata e distorta. Jesus ha compiuto un viaggio in questo
universo complesso, variegato e diviso. Anche sulla questione "calda"
dell’Intesa con lo Stato italiano.


Coccinelle e lupetti multietnici e multireligiosi. E un domani, chissà,
alcune guide scout in pantaloncini e altre con il velo. È l’esperimento che
si sta tentando a Roma in un centro diurno per minori gestito
dall’associazione Astalli. Dalla collaborazione con la Federazione degli
scout d’Europa è nata l’idea di dare vita a un gruppo scout multireligioso.
Il metodo scout cerca strade nuove per incontrare la società che cambia, ma
non è il solo: nelle scuole elementari, negli oratori, nel mondo del
divertimento e dell’abbigliamento si fanno i conti con una società ormai
plurale, in cui la componente musulmana è sempre più numerosa e chiede
diritto di cittadinanza.


Le statistiche dicono che oggi i musulmani in Italia sono quasi un milione,
circa il due per cento della popolazione. Percentuali ancora basse, se
confrontate con una media europea del 4 per cento. Marocco, Albania,
Senegal, Tunisia, Egitto, Bangladesh e Pakistan, Algeria e Bosnia, Nigeria
e Turchia... è l’elenco dei Paesi che ogni imam vi farà se gli chiederete
da dove vengono i fedeli che frequentano la sua moschea. Infatti, oltre a
un nucleo di convertiti italiani, sono decine i Paesi di provenienza degli
immigrati; e diversissime tra loro sono le visioni dell’islam di cui ogni
cultura è portatrice. Modi di vivere e pensare la fede che qui devono
essere reinterpretati, o quanto meno fare i conti con la cultura e la
società italiana.


È l’operazione che hanno dovuto fare coloro che vent’anni fa scelsero di
studiare nelle università italiane e quanti decisero di lavorare nel
commercio, nell’edilizia o nell’industria. È quanto oggi fanno i loro
figli: costruire un’identità complessa, che deve mediare retaggi culturali
familiari con la molteplice e contraddittoria realtà italiana.


In questi venti anni, dice Stefano Allievi, uno dei maggiori studiosi
dell’islam italiano, i cambiamenti più significativi nella comunità
musulmana sono stati la presenza delle seconde generazioni («che hanno
bisogno di maggiore integrazione e quindi coinvolgono anche i genitori») e
il processo di femminilizzazione. Se all’inizio l’immigrazione era fatta da
giovani maschi soli, oggi siamo in presenza di famiglie, che vivono
stabilmente in Italia. «E le stesse persone che sono arrivate vent’anni fa
sono cambiate: hanno un livello di consapevolezza maggiore e una capacità
di muoversi in un contesto più difficile che in passato». L’accresciuta
attenzione dell’opinione pubblica, anche se talvolta in modo deformato, «ha
sviluppato nella comunità islamica un’attitudine al dibattito e al
confronto, anche interno». I problemi aperti? «L’incapacità di comunicare
in modo chiaro con l’opinione pubblica; la difficoltà nel fare sintesi tra
i conflitti, per individuare degli obiettivi comuni; e, soprattutto, il
fatto che in questi vent’anni sono cambiate poche leadership: sia nelle
organizzazioni dei convertiti, sia nelle altre, sia tra gli imam, c’è
pochissimo turn over», conclude Allievi.


Ma qual è il volto dell’islam nel nostro Paese? Se le cronache preferiscono
raccontare quello estremo e minoritario – chi non ricorda gli show nei
salotti televisivi di Adel Smith, guida di un’organizzazione quasi
inesistente, l’Unione musulmani d’Italia –, esiste una maggioranza
pacifica, plurale al suo interno, fatta anche da associazioni culturali e
da intellettuali, più o meno integrata nei piccoli centri e nelle grandi
città, che nella prassi sta cercando una via italiana all’islam. Spesso con
il contributo degli enti locali: «In questi anni il quadro istituzionale è
cambiato pochissimo», dice Allievi, «ma a livello locale c’è una presa
d’atto della presenza islamica in cose molto concrete: scuole, mense,
mediatori culturali. In questo, anche la Chiesa e il mondo cattolico
giocano un ruolo importantissimo».


Il sociologo Renzo Guolo distingue quattro gruppi tra le diverse anime
dell’islam italiano: «I neotradizionalisti, divisi al loro interno tra
attivisti e separatisti: i primi pensano a un’identità islamica
strutturata, lavorano sulla scena pubblica e fanno riferimento all’Unione
della comunità e delle organizzazione islamiche in Italia (Ucoii), mentre i
secondi non vogliono nessuna contaminazione con la società italiana e, per
intenderci, fanno capo alle moschee milanesi di viale Jenner e via
Quaranta».


Il secondo filone è l’islam di Stato, istituzionalizzato, «che fa
riferimento alla grande moschea di Roma, di cui una componente è la Lega
musulmana». Costruita con i finanziamenti dei Paesi arabi e in particolare
dell’Arabia saudita, la moschea di Roma e il suo Centro islamico culturale
hanno scarsi legami con il mondo delle migrazioni.


La terza componente, secondo Guolo, è l’islam più spirituale, rappresentato
dalle confraternite, spesso a carattere etnico, caratterizzate da «una
privatizzazione della sfera religiosa: i singoli sono anche impegnati per
rivendicare diritti di cittadinanza, ma come gruppo non fanno politica». In
questa sfera rientrano i Mourid senegalesi; la Comunità religiosa islamica
(Coreis), espressione di un gruppo di convertiti con sede a Milano; e
numerose realtà culturali a carattere etnico-nazionale.


La quarta componente è l’islam radicale, «che ritiene legittimo lo jihad,
"lo sforzo di guerra", come combattimento per la fede. L’idea di fondo di
questa componente è la presa del potere per islamizzare una società
ritenuta secolarizzata». Un’idea che dopo il ventennio ’70-’90 e il
fallimento dell’esperienza egiziana e algerina sembrava sconfitta, ma ha
avuto una ripresa con al Qaeda, che «stabilisce una nuova ripartizione
geopolitica religiosa del mondo: lo jihad è giustificato ovunque, non c’è
più distinzione tra i Paesi».


In Italia i covi di queste cellule radicali sono stati spesso identificati
con le moschee. Una criminalizzazione di massa contro cui interviene il
professor Allievi: «Alcuni terroristi, per esempio quelli delle stragi di
Londra, sono transitati in due o tre moschee ben definite. Lo Stato ha il
diritto di difendersi e se alcuni imam hanno avuto un ruolo di aggregazione
per gruppi fondamentalisti vanno colpiti. Ma la stragrande maggioranza
delle moschee gioca un ruolo di controllo sociale, in cui si veicolano
valori opposti a quelli propagandati dal terrorismo e dove si fa un
controllo diretto sulle persone, isolando i più facinorosi». Come ben sanno
Digos e servizi segreti.





La minaccia jihadista ha interpellato la politica: e se un partito di
governo come la Lega fa campagna anti-islamica tout court, il ministro
dell’Interno il 10 settembre ha firmato un decreto (la cui pubblicazione è
però slittata) in cui dà vita a una Consulta per l’islam italiano. I membri
della Consulta, nominati con un successivo decreto, pronto secondo il
Ministero per fine anno, saranno «persone di cultura e religione islamica
di accertata affidabilità ed esperienza, a prescindere da qualsiasi
criterio di appartenenza e rappresentanza».


Anche se a oggi, 24 ottobre, non c’è ancora traccia del primo decreto,
appena il Ministero ha diffuso la notizia i commenti si sono moltiplicati.
Intellettuali ed esponenti delle comunità di fede e associazioni religiose
(dalle Acli agli induisti, dagli ebrei del Martin Buber ai valdesi e ai
comboniani) hanno scritto al ministro Pisanu perché la Consulta «sia
rappresentativa delle diverse componenti teologiche e culturali dell’islam
italiano, senza aprioristiche esclusioni». Se così non fosse, dice il
professor Allievi, «produrrebbe più conflitti di quelli che vuole sedare.
Perché, anche al di là delle intenzioni del ministro, sarà in nuce una
rappresentanza dei musulmani d’Italia. Una Consulta non serve solo per
ascoltare, ma è anche un modo per far parlare le persone: per questo
dovrebbe avere la più ampia rappresentanza, come accade in Francia».


Nel lessico del Viminale la parola d’ordine è diventato "islam moderato". È
con loro, con i musulmani considerati "moderati", che il governo italiano
vorrà fare i conti. «Una definizione politica, che non coincide con quella
religiosa», dice Renzo Guolo. «Ma è evidente che dietro il dibattito sulla
Consulta si nasconde un’altra partita, quella sull’Intesa». Se infatti la
stragrande maggioranza dei musulmani nel nostro Paese non ha interessi di
ampia rappresentanza, le organizzazioni che citavamo – Lega musulmana,
Ucoii, Coreis – già in passato si sono autocandidate a firmare con lo Stato
un’Intesa che andrebbe a regolamentare alcuni nodi irrisolti che gravano
sulla vita della comunità (i cimiteri, la costruzione di moschee, la
macellazione rituale, le scuole islamiche...). E poiché tra le varie
organizzazioni non c’è accordo, né esiste un organismo di confronto,
ciascuna corre per conto suo. Tanto che oggi c’è chi pensa sia meglio
puntare a una buona legge sulla libertà religiosa che moltiplicare le
Intese.


Come andrà a finire non si sa. Le elezioni di primavera, d’altro canto,
rischiano di essere un ostacolo al sereno svolgimento della partita, che
potrebbe essere rimandata a futura legislatura o giocata, nei prossimi
mesi, con finalità e strategie che puntano ad altri obiettivi.
Invitiamo i lettori di Informazione Corretta a scrivere alla redazione di Jesus per esprimere la propria opinione. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail pronta per essere compilata e spedita

jesus@stpauls.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT